Il "considerando” 36 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 prevede: “Lavoro e occupazione contribuiscono all’integrazione nella società e sono elementi chiave per garantire pari opportunità a tutti. In questo contesto, i laboratori protetti possono svolgere un ruolo significativo. Lo stesso vale per altre imprese sociali il cui scopo principale è l’integrazione o reintegrazione sociale e professionale delle persone con disabilità e delle persone svantaggiate, quali i disoccupati, le persone appartenenti a minoranze svantaggiate o comunque a categorie socialmente emarginate. Tuttavia, detti laboratori o imprese potrebbero non essere in grado di ottenere degli appalti in condizioni di concorrenza normali. Appare pertanto opportuno prevedere che gli Stati membri possano avere la facoltà di riservare la partecipazione alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici o di determinati lotti di appalti a tali laboratori o imprese o riservarne l’esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti”.
La normativa europea, quindi, come si nota, apre alla possibilità: di favorire l’inclusione lavorativa in particolare delle categorie di lavoratori svantaggiati e di estendere la concorrenza ad operatori economici particolarmente attenti e specializzati proprio in misure di politica sociale abbinate all’inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati, siano disposte norme speciali, volte anche a riservare a tali soggetti la realizzazione di appalti di particolare rilevanza sociale.
Le disposizioni del Nuovo Codice dei contratti
È in questo contesto che va inquadrato l’articolo 129 del nuovo Codice dei contratti, avente ad oggetto appunto gli “appalti riservati”.
Al comma 1 detta norma dispone che le stazioni appaltanti hanno facoltà, con bando predisposto a norma delle disposizioni che seguono, di riservare agli enti di cui al comma 2 il diritto di partecipare alle procedure per l’affidamento dei servizi sanitari, sociali e culturali individuati nell’allegato XIV alla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014.
Si tratta, in particolare dei seguenti servizi:
Il comma 2 dell’articolo 129 ci ricorda che si tratta di una norma di specifica attuazione del principio previsto dall’articolo 6 del codice, che viene espressamente richiamato e lasciato fermo.
Detto articolo 6 stabilisce che in attuazione dei principi di solidarietà sociale e di sussidiarietà orizzontale, la pubblica amministrazione può apprestare, in relazione ad attività a spiccata valenza sociale, modelli organizzativi di amministrazione condivisa, privi di rapporti sinallagmatici, fondati sulla condivisione della funzione amministrativa con gli enti del Terzo settore di cui al codice del Terzo settore (decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117), sempre che gli stessi contribuiscano al perseguimento delle finalità sociali in condizioni di pari trattamento, in modo effettivo e trasparente e in base al principio del risultato.
Non rientrano nel campo di applicazione del codice gli istituti disciplinati dal Titolo VII del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo n. 117 del 2017.
Condizioni
Perché si possano attivare gli strumenti di condivisione della funzione amministrativa con quella di rilevanza sociale degli enti del Terzo Settore, l’articolo 129, comma 2, prevede che debbano essere soddisfatte le seguenti condizioni:
L’obiettivi e contenuti degli appalti riservati
Il rapporto che si instaura tra la PA e gli enti del Terzo Settore, nel caso degli appalti riservati, non è semplicemente sinallagmatico. Le due parti, infatti, condividono l’intento di perseguire un fine comune, di carattere sociale: l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, oppure la realizzazione di servizi ed attività specificamente rivolti a persone svantaggiate, in modo da assicurare l’universalità del servizio, la libertà di scelta degli utenti dei servizi specificamente dedicati loro, il tutoraggio, il sostegno anche economico.
I contratti con cui si regolano gli appalti riservati, quindi. hanno un contenuto convenzionale: nel perseguimento di un obiettivo di carattere sociale, che va oltre l’interesse egoistico che solitamente induce le parti di un contratto a stipulare l’accordo. Con la convenzione, due o più parti, invece, concordano tra loro modalità condivise, sia pure nella diversità dei ruoli operativi, per perseguire la composizione di interessi contrapposti, bensì fini comuni.
Dunque, i contratti di servizi che si stipulano a valle delle procedure di appalto riservato sono veri e propri contratti per prestazione di servizi o compravendita di beni, caratterizzati dalla cosiddetta “causa mista”: la giustificazione che rende lecito l’incontro di volontà delle parti, cioè, non è solo l’interesse pubblico al libero scambio patrimoniale delle parti; accanto a questo, c’è l’interesse al perseguimento di un fine che non è contrapposto, ma comune alle parti stesse, consistente nell’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate.
Il rispetto del principio di “rotazione”
Il comma 3 dell’articolo 129, allo scopo di salvaguardare pur sempre la concorrenza, introduce una sorta di specifica “rotazione” per gli enti del Terzo Settore destinatari di appalti riservati. Infatti, esclude la riserva a favore di enti che nei tre anni precedenti all’affidamento siano stati già aggiudicatari di un appalto o di una concessione per i servizi di cui al comma 1.
Sempre allo scopo di assicurare che la PA non si rivolga sempre ed esclusivamente ai medesimi soggetti, il comma 4 limita la durata massima del contratto frutto degli appalti riservati a tre anni.
Articolo di Luigi Oliveri
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