La Rivista del Sindaco


DOPO IL REFERENDUM: QUALI MISSIONI PER PROVINCE DA REINVENTARE?

Studi e Ricerche
di La Posta del Sindaco
13 Febbraio 2017

Circa un mese prima che il referendum del 4 dicembre 2016 bocciasse la riforma costituzionale implicante, tra l’altro, la cancellazione della tutela costituzionale per le Province, ricevetti un invito a tenere, insieme ad altri relatori, un breve intervento in occasione di un corso di formazione su “Le funzioni di governo del territorio nella riforma delle Autonomie”, organizzato alla Fondazione Giandomenico Romagnosi – Scuola di Governo locale (Ente promosso dall’Università di Pavia) per Amministratori, Dirigenti e personale tecnico di Regioni, Province, Città metropolitane, Unioni di Comuni e Comuni capoluogo. 
L’invito conteneva la precisazione che il corso si sarebbe comunque tenuto il 19 e il 20 gennaio, come poi è effettivamente accaduto, a prescindere dal risultato del referendum:

  • se avesse prevalso il SI’, il corso si sarebbe dovuto concentrare su come e dove - in quali contenitori istituzionali - ricollocare le residuali ma non insignificanti funzioni comunque previste dalla Del Rio per le periclitanti Province o per delle nuove entità istituzionali di rango ridotto;
  • se avesse vinto il NO – come poi è avvenuto - il corso si sarebbe dovuto concentrare su una ridefinizione possibile e sostenibile delle Province a partire dalle direttrici indicate dalla legge 56/2014.

I temi distillati da tali direttrici sono stati quelli del governo della cosiddetta “area vasta”, della distinzione tra “sovracomunalità” e “intercomunalità” e, dunque, a conti fatti, del ruolo delle Province nei processi di ridefinizione del governo del territorio a partire dalla propria funzione di coordinamento della pianificazione territoriale a livello provinciale.

Ma passo la parola al testo dell’invito: 
Il corso si propone di affrontare in modo sistematico le questioni inerenti la riorganizzazione delle funzioni di governo del territorio, anche proponendo idonei metodi e strumenti attuativi. La riforma dell’ente intermedio avviata con le novità introdotte dalla Legge 56/2014 ha lasciato aperta la definizione attuativa delle modalità di governo dei temi di area vasta, consentendo una parziale differenziazione per tenere conto delle diverse caratteristiche delle regioni. Si analizzeranno le novità introdotte dalla Legge 56/2014, e quanto previsto nelle principali norme attuative regionali approvate in questi due anni e delle proposte normative in discussione in questi mesi. Verranno sviluppati scenari di presumibile evoluzione delle autonomie locali tenendo conto degli esiti della consultazione referendaria fissata per il 4 dicembre 2016.

Il corso si è regolarmente tenuto, come da programma, il 19 e 20 gennaio. Il tema è stato quello della pianificazione territoriale. Allo scrivente è stato chiesto di trattare il “come” e “per cosa” le Province possono (devono) mettersi al servizio dei Comuni.
Una nota non secondaria a margine: la partecipazione al corso è stata non solo numerosa, ma qualificata, attenta e partecipe, senza defezioni per tutta la durata dell’evento. E’ stata un’occasione, per chi scrive, di entrare in contatto con una espressione del governo locale non sempre adeguatamente conosciuta e ri-conosciuta, fatta di professionalità, dedizione, motivazione, competenza e senso di appartenenza ad una comunità consapevole di svolgere adeguatamente una funzione ritenuta (legittimamente) importante.

*         *       *

Le considerazioni svolte a partire dai temi di cui La Posta del Sindaco si occupa con sistematicità da alcuni anni, riportate in modo più esaustivo nelle slides introdotte da questa nota, possono essere così riassunte:

  • l’esito del referendum costituzionale del 4 dicembre costringe a riprogettare in tempi rapidi ed in modo definitivo un ruolo per le Province che tenga comunque conto della necessità di risolvere le passate criticità (tra le quali, è stato ricordato, la profonda frattura tra l’operatività delle Province del Centro Nord e delle Province del Sud e delle Isole);
  • la legge 56/2014 affidava alle Province (sia pure per una fase transitoria, in vista di nuovi organismi chiamati ad assicurare il governo di area vasta) una serie di funzioni che costituiscono un riferimento obbligato per la ri-progettazione delle Province: va posto un argine, dunque, al processo di smobilitazione istituzionale, professionale, strumentale da tempo in atto nelle istituzioni provinciali;
  • sono del tutto impraticabili un ritorno al passato e una reviviscenza della pretesa, da parte delle nuove Province, di sovra-ordinazione o di pari peso istituzionale rispetto ai Comuni;
  • per le Province si configura necessariamente un futuro di “compatibilità funzionale” a condizione che esse operino come ente intermedio al servizio degli interessi dei Comuni, distinguendo funzioni e servizi a sostegno dei processi di intercomunalità e le prerogative connesse al governo di area vasta in quanto caratterizzata da una domanda specifica di competenze e servizi (sovracomunalità);
  • tale esigenza è rafforzata dal permanere in vita della competenza concorrente tra Stato e Regioni per quanto riguarda l’ordinamento di Comuni e Città metropolitane e le forme associative intercomunali, e dalla possibilità che le Province divengano snodo istituzionale-strumentale per la corretta modulazione, nei vari contesti regionali e sub-regionali, di servizi di area vasta e supporto ai processi di associazionismo intercomunale.
*         *         *

“Intercomunalità” e “sovracomunalità”: quali le differenze? Con la prima le Province non c’entrano, se non, per così dire, come “fattori di contesto facilitanti”. L’intercomunalità riguarda per lo più la progettazione e la gestione di servizi e strutture condivisi che esauriscono i propri benefici nel perimetro definito dai Comuni coinvolti: condividere il servizio di ragioneria, i servizi informatici, la gestione del personale e financo l’ufficio tecnico costituiscono un modello di gestione associata (intercomunale) tra Comuni che non crea né richiede necessariamente politiche di sviluppo condivise. 
La “sovracomunalità” presuppone l’assunzione di un punto di vista che va oltre la somma degli interessi dei singoli Comuni, che considera l’insieme dei territori comunali coinvolti come una unità omogenea, con proprie, autonome esigenze di servizi, investimenti, politiche di sviluppo. Nel caso della “sovracomunalità” c’è una reale, anche se costantemente vigilata, “cessione di sovranità” da parte dei Comuni.

*         *         *

E’ seguito, attingendo ad analisi precedenti (disponibili nella sezione Studi e Ricerche di questo portale) un breve profilo sulle gestioni associate intercomunali esistenti per individuare se vi sia uno spazio – e di quale natura – per servizi erogabili dalle Province.
Si è mostrato quanto arduo sia il cammino delle attuali Unioni di Comuni, come sia stata fallimentare la politica dell’associazionismo forzoso, quanto poche siano, a fronte del totale delle Unioni anagraficamente “vive”, quelle in grado di sostenersi. Come sia necessario, dunque, rivedere politiche, strumenti e incentivi per un associazionismo ragionevole, utile e condivisibile dai Comuni.
Si è inoltre argomentato su come con adeguate politiche sia possibile promuovere tra i piccoli Comuni iniziative di riqualificazione della spesa, ottenendo una riduzione della spesa improduttiva (amministrazione generale, oneri burocratici) a favore di un incremento della spesa per servizi a cittadini e territorio, e come questo non sia possibile senza un soggetto che abbia il profilo delle nuove Province.

*         *         *

La missione che può essere affidata alle nuove Province ed il modello organizzativo che ne dovrà consentire l’attuazione hanno costituito le parti conclusive dell’intervento.
La tabella che segue sintetizza le quattro linee di servizio che le Province potrebbero erogare, distinte in funzioni proprie tipicamente “sovracomunali” (tipologia A); servizi di supporto alla progettazione e alla erogazione di gestioni associate (tipologia B e C), definibili anche di “promozione della intercomunalità”; servizi di area vasta (tipologia D), con elevato gradiente di “sovracomunalità”. 

(Nota: ATA sta per Assistenza Tecica e Amministrativa ai Comuni)

Tipologia di Funzione Rilevanza istituzionale Competenze richieste Compet. Dispon. e trad_ammin.ve
  • A. Pianificazione - PTCP e piani “verticali” (trasporti, rete scol.)
Elevata, in quanto funzione propria delle Prov, ma costretta tra Comuni e Regioni Tecnico-specialisti-che + politico strat.+ capacità di mediaz. Medio-alte al Centro-Nord
Basse nel Sud e Isole
  • B. ATA - Supporto ai Comuni:
  • progettazione di servizi associati
  • Assistenza nella redazione di PGT in coerenza con PTCT e PTR
Inferiore e sin qui poco svolta. La domanda di servizi associati è ambivalente ed evanescente Attitudine al rapporto “non gerarchico” e “non rigido” con i piccoli Comuni Disponibile per quanto riguarda il punto 2
Da creare ex novo per quanto attiene al punto 1
  • C. ATA - Servizi ai Comuni e alle loro forme ass.ve :
  • Gestione di servizi associati
  • Servizi di stazione appaltante
  • Gestione di reti informative loc.
Come sopra. La Prov può contribuire in vari modi alla conduzione delle gestioni associate La capacità di perseguire obiettivi di gestione e governare risorse condivise da più committenti Le UC, per quanto numerose, non fanno “scuola” e non fanno “rete”. Pochi i modelli “esportabili”
  • D. Funzioni di amministrazione ed erogazione di servizi al territorio: viabilità, edilizia scolastica, ambiente, trasporto
Elevata in quanto rientrante nel corredo storico delle competenze prov.li espressamente previste Competenze di tipo tecnico-amministra-tive specialistiche e aggiornate Dovrebbero più o meno già essere uniformemente distribuite sul territorio nazionale



Quanto al modello organizzativo che le Province dovranno darsi dovrà essere tenuta nel dovuto conto la necessità di un canale di comunicazione costantemente aperto e funzionante con tutti i Comuni e dovrà essere perseguito lo sviluppo di un’attitudine all’ascolto della domanda di servizi dei Comuni, distinguendo la domanda di partecipazione politica al governo di area vasta dalla domanda di servizi e di gestione degli stessi.

E’ stato posto il quesito (retorico) su chi debba essere il responsabile della operatività di ogni singola Provincia. La pretesa che tale figura possa essere il Sindaco Presidente dell’assemblea dei Sindaci è un esercizio privo di senso. A ciascuna Provincia che voglia risorgere dalle proprie ceneri deve essere garantita direzione, guida manageriale e tecnico-professionale adeguata: quindi un Direttore generale, selezionato con l’approvazione dell’assemblea dei Sindaci, dotato di adeguata esperienza ed in grado di interloquire efficacemente con le varie culture amministrative e tecniche della nuova Provincia.
Il futuro delle nuove Province dipenderà anche dalle risorse finanziarie che si riuscirà a mobilitare. Al momento le “fonti” certe sembrano essere Stato e Regioni, in modo diseguale sullo scenario nazionale. 

Resta da capire come possa evolvere, anche sotto questo punto di vista, il rapporto Province-Comuni: non dovrebbe suscitare scandalo ipotizzare che la erogazione dei servizi (che siano davvero tali) ai Comuni sia remunerata su base convenzionale.
Tuttavia ancor più strategico delle risorse finanziarie per il futuro delle Province sembra essere il fabbisogno di risorse di management, delle competenze professionali, della creazione di ambienti di lavoro non mortificati e non mortificanti. 

Per chi fosse interessato, i materiali del corso sono disponibili al link Gruppo di lavoro sulla Pianificazione territoriale
  

Nicola Melideo
13 febbraio 2017


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