Circa un mese prima che il referendum del 4 dicembre 2016 bocciasse la riforma costituzionale implicante, tra l’altro, la cancellazione della tutela costituzionale per le Province, ricevetti un invito a tenere, insieme ad altri relatori, un breve intervento in occasione di un corso di formazione su “Le funzioni di governo del territorio nella riforma delle Autonomie”, organizzato alla Fondazione Giandomenico Romagnosi – Scuola di Governo locale (Ente promosso dall’Università di Pavia) per Amministratori, Dirigenti e personale tecnico di Regioni, Province, Città metropolitane, Unioni di Comuni e Comuni capoluogo.
L’invito conteneva la precisazione che il corso si sarebbe comunque tenuto il 19 e il 20 gennaio, come poi è effettivamente accaduto, a prescindere dal risultato del referendum:
I temi distillati da tali direttrici sono stati quelli del governo della cosiddetta “area vasta”, della distinzione tra “sovracomunalità” e “intercomunalità” e, dunque, a conti fatti, del ruolo delle Province nei processi di ridefinizione del governo del territorio a partire dalla propria funzione di coordinamento della pianificazione territoriale a livello provinciale.
Ma passo la parola al testo dell’invito:
“Il corso si propone di affrontare in modo sistematico le questioni inerenti la riorganizzazione delle funzioni di governo del territorio, anche proponendo idonei metodi e strumenti attuativi. La riforma dell’ente intermedio avviata con le novità introdotte dalla Legge 56/2014 ha lasciato aperta la definizione attuativa delle modalità di governo dei temi di area vasta, consentendo una parziale differenziazione per tenere conto delle diverse caratteristiche delle regioni. Si analizzeranno le novità introdotte dalla Legge 56/2014, e quanto previsto nelle principali norme attuative regionali approvate in questi due anni e delle proposte normative in discussione in questi mesi. Verranno sviluppati scenari di presumibile evoluzione delle autonomie locali tenendo conto degli esiti della consultazione referendaria fissata per il 4 dicembre 2016.”
Il corso si è regolarmente tenuto, come da programma, il 19 e 20 gennaio. Il tema è stato quello della pianificazione territoriale. Allo scrivente è stato chiesto di trattare il “come” e “per cosa” le Province possono (devono) mettersi al servizio dei Comuni.
Una nota non secondaria a margine: la partecipazione al corso è stata non solo numerosa, ma qualificata, attenta e partecipe, senza defezioni per tutta la durata dell’evento. E’ stata un’occasione, per chi scrive, di entrare in contatto con una espressione del governo locale non sempre adeguatamente conosciuta e ri-conosciuta, fatta di professionalità, dedizione, motivazione, competenza e senso di appartenenza ad una comunità consapevole di svolgere adeguatamente una funzione ritenuta (legittimamente) importante.
Le considerazioni svolte a partire dai temi di cui La Posta del Sindaco si occupa con sistematicità da alcuni anni, riportate in modo più esaustivo nelle slides introdotte da questa nota, possono essere così riassunte:
“Intercomunalità” e “sovracomunalità”: quali le differenze? Con la prima le Province non c’entrano, se non, per così dire, come “fattori di contesto facilitanti”. L’intercomunalità riguarda per lo più la progettazione e la gestione di servizi e strutture condivisi che esauriscono i propri benefici nel perimetro definito dai Comuni coinvolti: condividere il servizio di ragioneria, i servizi informatici, la gestione del personale e financo l’ufficio tecnico costituiscono un modello di gestione associata (intercomunale) tra Comuni che non crea né richiede necessariamente politiche di sviluppo condivise.
La “sovracomunalità” presuppone l’assunzione di un punto di vista che va oltre la somma degli interessi dei singoli Comuni, che considera l’insieme dei territori comunali coinvolti come una unità omogenea, con proprie, autonome esigenze di servizi, investimenti, politiche di sviluppo. Nel caso della “sovracomunalità” c’è una reale, anche se costantemente vigilata, “cessione di sovranità” da parte dei Comuni.
E’ seguito, attingendo ad analisi precedenti (disponibili nella sezione Studi e Ricerche di questo portale) un breve profilo sulle gestioni associate intercomunali esistenti per individuare se vi sia uno spazio – e di quale natura – per servizi erogabili dalle Province.
Si è mostrato quanto arduo sia il cammino delle attuali Unioni di Comuni, come sia stata fallimentare la politica dell’associazionismo forzoso, quanto poche siano, a fronte del totale delle Unioni anagraficamente “vive”, quelle in grado di sostenersi. Come sia necessario, dunque, rivedere politiche, strumenti e incentivi per un associazionismo ragionevole, utile e condivisibile dai Comuni.
Si è inoltre argomentato su come con adeguate politiche sia possibile promuovere tra i piccoli Comuni iniziative di riqualificazione della spesa, ottenendo una riduzione della spesa improduttiva (amministrazione generale, oneri burocratici) a favore di un incremento della spesa per servizi a cittadini e territorio, e come questo non sia possibile senza un soggetto che abbia il profilo delle nuove Province.
La missione che può essere affidata alle nuove Province ed il modello organizzativo che ne dovrà consentire l’attuazione hanno costituito le parti conclusive dell’intervento.
La tabella che segue sintetizza le quattro linee di servizio che le Province potrebbero erogare, distinte in funzioni proprie tipicamente “sovracomunali” (tipologia A); servizi di supporto alla progettazione e alla erogazione di gestioni associate (tipologia B e C), definibili anche di “promozione della intercomunalità”; servizi di area vasta (tipologia D), con elevato gradiente di “sovracomunalità”.
(Nota: ATA sta per Assistenza Tecica e Amministrativa ai Comuni)
Tipologia di Funzione | Rilevanza istituzionale | Competenze richieste | Compet. Dispon. e trad_ammin.ve |
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Elevata, in quanto funzione propria delle Prov, ma costretta tra Comuni e Regioni | Tecnico-specialisti-che + politico strat.+ capacità di mediaz. | Medio-alte al Centro-Nord Basse nel Sud e Isole |
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Inferiore e sin qui poco svolta. La domanda di servizi associati è ambivalente ed evanescente | Attitudine al rapporto “non gerarchico” e “non rigido” con i piccoli Comuni | Disponibile per quanto riguarda il punto 2 Da creare ex novo per quanto attiene al punto 1 |
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Come sopra. La Prov può contribuire in vari modi alla conduzione delle gestioni associate | La capacità di perseguire obiettivi di gestione e governare risorse condivise da più committenti | Le UC, per quanto numerose, non fanno “scuola” e non fanno “rete”. Pochi i modelli “esportabili” |
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Elevata in quanto rientrante nel corredo storico delle competenze prov.li espressamente previste | Competenze di tipo tecnico-amministra-tive specialistiche e aggiornate | Dovrebbero più o meno già essere uniformemente distribuite sul territorio nazionale |
Quanto al modello organizzativo che le Province dovranno darsi dovrà essere tenuta nel dovuto conto la necessità di un canale di comunicazione costantemente aperto e funzionante con tutti i Comuni e dovrà essere perseguito lo sviluppo di un’attitudine all’ascolto della domanda di servizi dei Comuni, distinguendo la domanda di partecipazione politica al governo di area vasta dalla domanda di servizi e di gestione degli stessi.
E’ stato posto il quesito (retorico) su chi debba essere il responsabile della operatività di ogni singola Provincia. La pretesa che tale figura possa essere il Sindaco Presidente dell’assemblea dei Sindaci è un esercizio privo di senso. A ciascuna Provincia che voglia risorgere dalle proprie ceneri deve essere garantita direzione, guida manageriale e tecnico-professionale adeguata: quindi un Direttore generale, selezionato con l’approvazione dell’assemblea dei Sindaci, dotato di adeguata esperienza ed in grado di interloquire efficacemente con le varie culture amministrative e tecniche della nuova Provincia.
Il futuro delle nuove Province dipenderà anche dalle risorse finanziarie che si riuscirà a mobilitare. Al momento le “fonti” certe sembrano essere Stato e Regioni, in modo diseguale sullo scenario nazionale.
Resta da capire come possa evolvere, anche sotto questo punto di vista, il rapporto Province-Comuni: non dovrebbe suscitare scandalo ipotizzare che la erogazione dei servizi (che siano davvero tali) ai Comuni sia remunerata su base convenzionale.
Tuttavia ancor più strategico delle risorse finanziarie per il futuro delle Province sembra essere il fabbisogno di risorse di management, delle competenze professionali, della creazione di ambienti di lavoro non mortificati e non mortificanti.
Per chi fosse interessato, i materiali del corso sono disponibili al link Gruppo di lavoro sulla Pianificazione territoriale
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