È legittimo escludere da un concorso un candidato perché non ha sottoscritto il curriculum? Si tratta di un tema molto vecchio e ripetutamente all’attenzione della giurisprudenza amministrativa, come attesta la quantità rilevante di sentenze sul tema.
Da ultimo, è stata resa nota la sentenza del Tar Sicilia-Catania, Sezione I, 20.2.2025, n. 679, come espressione dell’orientamento giurisprudenziale ai sensi del quale va riconosciuta la legittimità dell’esclusione, connessa alla circostanza che il candidato, diversamente da quanto disposto dal bando, ha omesso di sottoscrivere il curriculum vitae, sebbene avesse comunque inviato la domanda di partecipazione al concorso mediante posta elettronica certificata.
È bene precisare, tuttavia, che la pronuncia del Tar Catania non si attaglia esattamente alla questione. Infatti, essa non è riferita ad un concorso pubblico, bensì alla diversa fattispecie del conferimento di un incarico con contratto di lavoro autonomo, soggetto comunque ad una selezione pubblica, il cui bando aveva previsto la produzione del curriculum formativo e professionale, sottoscritto e redatto come dichiarazione sostitutiva di certificazione ai sensi dell’articolo 46 del dPR 445/2000, a pena di esclusione. È da precisare che la selezione pubblica sarebbe avvenuta mediante comparazione dei curricula professionali e culturali e colloquio.
Dunque, non di concorso pubblico si trattava, bensì di procedura comparativa ai sensi dell’articolo 7, commi 6 e 6-bis, del d.lgs 165/2001; in particolare, il comma 6-bis stabilisce che “Le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secondo i propri ordinamenti, procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione”.
La precisazione fin qui svolta assume particolare rilievo. Infatti, nell’ambito di una selezione per il conferimento di incarichi di lavoro autonomo assume assoluto rilievo da un lato la disciplina interna che ciascuna amministrazione adotta, per lo più mediante propri regolamenti, per gestire le procedure comparative; dall’altro lato, avendo impostato la comparazione proprio sul curriculum, si rende assolutamente necessario che esso possa legittimamente essere posto alla base della valutazione, dovendo, dunque, risultare ammissibile e valutabile.
Nel caso di specie il candidato ricorrente ha presentato un curriculum:
Spiega il Tar Catania che “Tali carenze possono ritenersi solo in parte superate dall’invio della domanda di partecipazione a mezzo PEC”.
In effetti, si tratta di due questioni distinte: una prima è quella connessa alla carenza di sottoscrizione; la seconda concerne, invece, l’assenza delle dichiarazioni formali necessarie per configurare il curriculum alla stregua di dichiarazione sostitutiva di certificazione/atto di notorietà.
In quanto al primo aspetto, il Tar Catania condivide l’orientamento secondo cui “l'utilizzo di una casella di posta elettronica certificata intestata allo stesso mittente consente di ritenere soddisfatto il requisito della apposizione della firma" (Tar Campania sent. n. 2285/2020; vedi anche Tar Sicilia, Palermo, sent. n. 167/2018; TAR Liguria 78/2023).
In quanto al secondo aspetto, però, la sentenza non considera legittimo ritenere che il curriculum, privo delle formule previste dal dPR 445/2000 possa assumere, “in virtù del disposto di cui all’art. 38, comma 3, del D.P.R. n. 445/2000, il valore di dichiarazione ai sensi e per gli effetti degli artt. 46 e 47 del medesimo d.P.R.”.
Spiega il Tar: "Come evidenziato in sede giurisprudenziale, infatti, la dichiarazione sostitutiva e l'allegazione del documento di identità del dichiarante costituiscono adempimenti distinti, che hanno una funzione diversa, sebbene complementare. La prima serve a fornire all'amministrazione l'informazione di cui necessita e sulla cui rispondenza al vero deve potere confidare, grazie alla sottostante assunzione di responsabilità del dichiarante. La seconda, per contro, attiene non già al perfezionamento della dichiarazione sostitutiva di atto notorio, ma all'identificazione del soggetto dichiarante, e dunque all'imputazione giuridica della responsabilità conseguente alla dichiarazione sostitutiva", potendo per l'effetto "... l'accertamento dell'identità del dichiarante in ipotesi risultare aliunde mediante altri documenti a ciò idonei, oltre che avvenire a posteriori (in tal senso, cfr. Cons. St., sez. V, sent. -OMISSIS-459/2014). Nel caso di specie, il testo del curriculum presentato da parte ricorrente non reca alcuna dichiarazione ex artt. 46 e 47 d.P.R. n. 445/2000; la modalità di sottoscrizione (in forma digitale) del suddetto documento, dunque, investendo esclusivamente il profilo inerente alla provenienza soggettiva dell'atto (e alla riferibilità al sottoscrittore medesimo delle eventuali dichiarazioni ivi contenute), non può valere a integrare una dichiarazione resa ai sensi e per gli effetti degli artt. 46 e 47 d.P.R. n. 445/2000” (T.A.R. Roma, sez. III, sentenza n. 11801 del 12 settembre 2022)”.
Pertanto, nel caso scrutinato dal Tar Catania, l’esclusione non è dovuta alla carenza della sottoscrizione, bensì alla presentazione del curriculum privo di elementi tali da ricondurre formalmente i contenuti del curriculum ad una dichiarazione sostitutiva.
Mancava, quindi, la dichiarazione espressa con la quale il candidato si dice consapevole delle responsabilità nelle quali si incorre nel caso di mendacio, ai sensi dell’articolo 76, comma 1, del dPR 445/2000, e dichiara espressamente che quanto indicato nel curriculum è dichiarazione sostitutiva di certificazione o dell’atto di notorietà.
Pertanto, conclude la sentenza, l’esclusione era inevitabile, né rimediabile con il soccorso istruttorio, poiché “Per giurisprudenza costante, infatti, “nei procedimenti selettivi viene in rilievo il principio generale di autoresponsabilità dei concorrenti, in base al quale ciascuno di essi sopporta le conseguenze degli eventuali errori e/o incompletezze nella compilazione della domanda e presentazione dei documenti, senza che sia possibile invocare al riguardo il c.d. soccorso istruttorio, poiché questo costituirebbe una palese violazione del principio della par condicio competitorum, che verrebbe vulnerato dalla rimessione in termini, per mezzo della sanatoria di una documentazione incompleta o insufficiente ad attestare il possesso dei requisiti di ammissione, ovvero del titolo necessario per l'ammissione al concorso (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. VII, 3 giugno 2024, n. 4951; Sez. V, 2 gennaio 2024, n. 28; id., 21 novembre 2022, n. 10241; Sez. IV, 19 febbraio 2019, n. 1148; Sez. III, 4 giugno 2016, n. 4081; C.G.A.R.S., Sez. Giurisd., 12 maggio 2000, n. 281 (Consiglio di Stato, sez. VII sentenza n. 7334 del 2 settembre 2024).
“L'istituto del soccorso istruttorio ha la finalità di regolarizzare o integrare una documentazione carente, nell'ottica della tutela della buona fede e dell'affidamento dei soggetti coinvolti dall'esercizio del potere amministrativo. Ha una portata generale e trova applicazione anche nell'ambito delle procedure concorsuali, fermo il necessario rispetto del principio della par condicio, per cui l'intervento dell'Amministrazione, diretto a consentire al concorrente di regolarizzare o integrare la documentazione presentata, non può produrre un effetto vantaggioso a danno degli altri candidati” (Consiglio di Stato, sent. n. 10241/2022)”.
In quanto alla carenza della sottoscrizione del curriculum la giurisprudenza, per la verità, da anni ritiene che si tratti di un vizio sanabile mediante il soccorso istruttorio.
Fondamentale è la sentenza adottata dal Tar Napoli in camera di consiglio l’8.5.2008, n. 4511, nella quale si afferma che:
Pertanto, “la verifica della regolarità della documentazione rispetto alle norme del bando non va condotta con lo spirito della caccia all’errore, ma tenendo conto dell’evoluzione dell’ordinamento in favore della semplificazione e del divieto di aggravamento degli oneri burocratici (Cons. Stato, V, 21.9.2005, n.4941)”.
Del resto, la PA ha un interesse “al più specifico obiettivo di un confronto più ampio possibile tra i partecipanti, dando applicazione alle indicazioni secondo cui il mancato rispetto delle formalità richieste dal bando per dar luogo ad esclusione dalla selezione deve essere interpretato secondo il comune canone di ragionevolezza e comunque senza incidere sulla “par condicio” . Atteso che devono ritenersi mere irregolarità quelle carenze assolutamente inidonee ad influire sulla certa conoscenza dello stato dei fatti da parte della P.A., si può convenire (T.A.R. Lazio, Roma, I bis, 9.5.2001, n.3991) che le forme hanno un ruolo strumentale di espressione dei contenuti, mentre il vizio di forma può invalidare l’atto solo laddove oggettivamente impedisce il conseguimento del risultato verso cui l’azione amministrativa è diretta “….evitandosi formalismi che portano a restringere, senza un effettivo interesse pubblico, la più ampia partecipazione di concorrenti”.
Sotto questo aspetto, allora anche l’assenza della “formula sacrale” nel curriculum che richiami gli articoli 76, 46 e 47, del dPR 445/2000 potrebbe essere oggetto di una diversa chiave di lettura.
Non si deve dimenticare che proprio allo scopo di superare l’eccessivo atteggiamento burocratico, di recente è stato modificato l’articolo 38 del dPR 445/2000, il cui comma 2 dispone: “Le istanze e le dichiarazioni inviate per via telematica ivi comprese le domande per la partecipazione a selezioni e concorsi per l'assunzione, a qualsiasi titolo, in tutte le pubbliche amministrazioni, o per l'iscrizione in albi, registri o elenchi tenuti presso le pubbliche amministrazioni, sono valide se effettuate secondo quanto previsto dall'articolo 65 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82”.
È necessario, allora, riferirsi a detta ultima norma:
“1. Le istanze e le dichiarazioni presentate per via telematica alle pubbliche amministrazioni e ai gestori dei servizi pubblici ai sensi dell'articolo 38, commi 1 e 3, del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, sono valide:
a) se sottoscritte mediante una delle forme di cui all'articolo 20 [mediante firma elettronica qualificata o digitale];
b) ovvero, quando l'istante o il dichiarante è identificato attraverso il sistema pubblico di identità digitale (SPID), la carta di identità elettronica o la carta nazionale dei servizi;
(lettera così modificata dall'art. 24, comma 1, lettera g), legge n. 120 del 2020)
b-bis) ovvero formate tramite il punto di accesso telematico per i dispositivi mobili di cui all’articolo 64-bis;
(lettera introdotta dall'art. 24, comma 1, lettera g), legge n. 120 del 2020)
c) ovvero sono sottoscritte e presentate unitamente alla copia del documento d'identità;
c-bis) ovvero se trasmesse dall’istante o dal dichiarante dal proprio domicilio digitale iscritto in uno degli elenchi di cui all’articolo 6-bis, 6-ter o 6-quater ovvero, in assenza di un domicilio digitale iscritto, da un indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal Regolamento eIDAS. In tale ultimo caso, in assenza di un domicilio digitale iscritto, la trasmissione costituisce elezione di domicilio digitale speciale, ai sensi dell'articolo 3-bis, comma 4-quinquies, per gli atti e le comunicazioni a cui è riferita l'istanza o la dichiarazione. Sono fatte salve le disposizioni normative che prevedono l'uso di specifici sistemi di trasmissione telematica nel settore tributario.
(lettera modificata dall'art. 24, comma 1, lettera g), legge n. 120 del 2020, poi dall'art. 38, comma 2, lettera d), della legge n. 108 del 2021)
1-bis. (abrogato)
1-ter. Il mancato avvio del procedimento da parte del titolare dell'ufficio competente a seguito di istanza o dichiarazione inviate ai sensi e con le modalità di cui al comma 1, comporta responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare dello stesso.
2. Le istanze e le dichiarazioni di cui al comma 1 sono equivalenti alle istanze e alle dichiarazioni sottoscritte con firma autografa apposta in presenza del dipendente addetto al procedimento”.
Per quanto concerne i concorsi pubblici, le domande si presentano ormai sempre mediante il portale InPa, al quale si accede mediante Spid. Dunque, la normativa ha sostanzialmente posto rimedio preventivo alla possibile assenza della sottoscrizione dei documenti annessi alla domanda ed alla loro sottoscrizione, scongiurando la “caccia all’errore” e oneri particolari alla ricerca dalla certezza della provenienza del documento dalla persona del candidato.
Il sistema dovrebbe impedire il riprodursi di contenziosi concernenti la carenza di sottoscrizione, perché l’utilizzo del portale InPa impedisce radicalmente di poter considerare la documentazione presentata come priva di firma o, comunque, di un sistema certo di ascrizione della domanda e degli allegati alla persona di chi la trasmette, accedendo al sistema tramite Spid.
Torniamo al comma 2 dell’articolo 38 del dPR 445/2000: “Le istanze e le dichiarazioni inviate per via telematica ivi comprese le domande per la partecipazione a selezioni e concorsi per l'assunzione, a qualsiasi titolo, in tutte le pubbliche amministrazioni, o per l'iscrizione in albi, registri o elenchi tenuti presso le pubbliche amministrazioni, sono valide se effettuate secondo quanto previsto dall'articolo 65 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82”.
La norma non pare riferirsi alla sola ipotesi dei concorsi pubblici, ma a qualsiasi assunzione a qualsiasi titolo. Pare, quindi, da applicare anche al caso delle procedure comparative finalizzate all’assegnazione di incarichi di lavoro autonomo, come nel caso esaminato dal Tar Catania.
E la portata del comma 2 dell’articolo 38 non si restringe alla sola sottoscrizione: se, infatti, sono rispettati i modi di inoltro previsti dall’articolo 65 del d.lgs 82/2005, sono “valide” non solo le istanze, ma anche le “dichiarazioni”.
Ora: non c’è dubbio che un curriculum vitae sia per sua stessa natura una dichiarazione. Il Tar Puglia, con la sentenza 17.1.2022, n. 1279 che ha tuttavia considerato legittimo escludere un candidato per mancata sottoscrizione del curriculum (pertanto, non condivisibile alla luce dei corretti principi evidenziati dalla sentenza del Tar Campania citata prima) afferma la “natura autocertificativa della dichiarazione contenuta nel curriculum”, pur sottolineando che tale natura era riconosciuta dal bando.
Ma, al di là di una specifica qualificazione discendente dal bando del curriculum come atto avente natura autocertificativa, in generale non si può negare che il curriculum disponga di tale natura, anche prescindendo dalla presenza al suo interno di una formula espressa di richiamo agli articoli 76, 46 e 47 del dPR 445/2000.
Basti pensare, infatti, alle responsabilità civili e penali discendenti dalla presenza nel curriculum di dichiarazioni false, che possono condurre, nel caso di assunzione indotta da quanto dichiarato nel curriculum, al licenziamento per giusta causa, al risarcimento del danno ed all’eventuale responsabilità per reati che possono andare dalla truffa al falso ideologico. Peraltro, la PA prima di stipulare qualsiasi contratto è tenuta a verificare la veridicità delle dichiarazioni presentate dalla parte contraente.
Inoltre, rileva la sentenza della Cassazione, Sezione. V Penale, 19 aprile - 18 giugno 2013, n. 26600, riferita ad un caso di “curriculum gonfiato” da parte di un candidato ad una procedura di assunzione presso un comune. Allo scopo di evidenziare la propria estraneità alla commissione del reato di falso, a propria difesa l’imputato aveva chiarito proprio di non aver sottoscritto il curriculum, il che avrebbe scongiurato la fattispecie di reato.
Ma la Cassazione ha rilevato che “Per qualità personali ai fini del delitto di cui all’art. 496 c.p., devesi intendere ogni attributo che serva a distinguere un individuo nella personalità economica o professionale e che possa avere interesse per l’autorità interrogante; pertanto, una qualifica professionale ovvero l’effettivo esercizio di un’attività lavorativa rientrano nel novero delle suddette qualità da dichiarare nella loro reale consistenza ai fini e per gli effetti del precetto penale di cui all’art.496 c.p. […]. L’allegazione, ad una domanda rivolta ad un Ente pubblico, di un curriculum vitae contenente false dichiarazioni circa le proprie esperienze lavorative vale, quindi, ad integrare gli estremi oggettivi del mendacio richiesto dall’art.496 c.p., così come non pertinente deve ritenersi la rimostranza circa la mancata sottoscrizione del curriculum falso, atteso che la sottoscrizione in calce alla domanda presentata al Comune vale a rendere proprie dell’istante anche le allegazioni riguardanti le pregresse esperienze lavorative, sia pure indicate in diverso foglio”.
Secondo la Cassazione, quindi, in ogni caso il contenuto del curriculum accede alla domanda e l’assenza della sottoscrizione né esclude la responsabilità del soggetto, perché assume comunque rilevanza, anche ai fini penali, tutto ciò che viene “dichiarato”.
Sicchè, l’assenza di formule “sacrali” sull’assunzione di responsabilità ai sensi del dPR 445/2000, oggetto dello specifico scrutinio del Tar Catania, appare, alla luce di una più ampia e complessa analisi ordinamentale, una sorta di “caccia all’errore” ed un eccesso di formalismo, che finisce solo per pregiudicare l’interesse pubblico alla maggior partecipazione possibile alla selezione, potendo non solo la PA rimediare col soccorso istruttorio, ma, soprattutto, fare riferimento alla giurisprudenza civile e penale, per rilevare che comunque quanto dichiarato nel curriculum produce esattamente le responsabilità civili e penali, sebbene non espressamente richiamate da formule particolari.
Ricevi via email i nuovi contenuti pubblicati nel portale
In collaborazione con: