La Rivista del Sindaco


Responsabilità erariale e funzioni di controllo contabile negli Enti Locali

Brevi appunti sul DDL Camera 1621/ Senato 1457 recante modifiche d’interesse degli EELL
Approfondimenti
di De Carlo Eugenio
13 Giugno 2025

 

La Camera dei deputati ha approvato, con le modifiche apportate in sede di Commissioni Giustizia e Affari costituzionali, il  DDL 1621  recante modifiche alla legge 14 gennaio 1994, n. 20 e altre disposizioni nonché delega al Governo in materia di funzioni della Corte dei conti e di responsabilità amministrativa e per danno erariale. Il testo è poi divenuto atto Senato 1457.

La proposta di legge, composta da quattro articoli, apporta una serie di modifiche alla legge 14 gennaio 1994, n. 20 e al codice della giustizia contabile (di cui all'allegato 1 al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174) e introduce ulteriori disposizioni in materia di funzioni di controllo e consultive della Corte dei conti e di responsabilità per danno erariale.

Si tratta di un provvedimento di grande rilievo ed interesse per le PPAA e, tra queste per gli EELL e, in particolare, per amministratori, dirigenti, segretari comunali, funzionari, per le importanti novità introdotte alla legge n. 20/1994  e, in prospettiva, a seguito della delega legislativa conferita al Governo.

Soffermiamoci, dunque, sulle novità di maggior interesse, appunto, per amministratori, segretari comunali, dipendenti, dirigenti e non, degli EELL.


I presupposti soggettivi della responsabilità erariale

La Legge 14 gennaio 1994, n. 20 reca disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti, disciplinando all’art. 1 l’azione di responsabilità verso pubblici amministratori, dirigenti e dipendenti, che rispondono personalmente in ordine ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave, ferma restando l'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali (1). 

Si rammenta che  la responsabilità amministrativa, sul piano generale può definirsi come la "misura" prevista dall'ordinamento contro chi, legato da un rapporto di servizio con la P.A., arrechi un danno suscettibile di valutazione economica allo Stato o ad altro ente od organismo pubblico, con dolo o colpa grave, in violazione dei suoi doveri di servizio, ferma restando la discrezionalità dell'ente nell'agire amministrativo. 

Gli elementi strutturali dell’illecito amministrativo-contabile sono:

  • il rapporto di servizio, che lega l'autore dell'illecito all'amministrazione pubblica;
  • l'evento lesivo, che si sostanzia in un danno patrimoniale (illegittimo sacrificio di un bene economico della P.A.) oppure nella violazione di un bene-valore fondamentale della contabilità pubblica;
  • una condotta attiva o omissiva del soggetto pubblico;
  • un rapporto di causalità efficiente della condotta rispetto al danno;
  • danno imputabile a titolo di dolo o colpa grave.

Con il D.L. n. 76/2020 (art. 21, co. 1) è stato prescritto che "la prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell'evento dannoso", ciò al fine di chiarire che il dolo va riferito all'evento dannoso in chiave penalistica e non in chiave civilistica, differentemente da alcuni orientamenti giurisprudenziali contabili che, invece, lo accostavano al dolo civile.

In particolare, l’articolo 1 L. 20/94, sotto il profilo soggettivo, stabilisce che la prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell'evento dannoso.

Dunque, si tratta di dolo c.d. generico, per cui non occorre che il soggetto ponga in essere il fatto con il fine specifico di arrecare il danno, ma è sufficiente che voglia commetterlo con la previsione del danno che il fatto può provocare (c.d. dolo eventuale ossia l’atteggiamento di colui che non agisce per realizzare l’evento dannoso, ma si rappresenta il suo verificarsi quale conseguenza della propria azione o omissione) (2), salvo alcune specifiche ipotesi in cui il dolo è caratterizzato dall’animus nocendi (c.d. dolo specifico). 

La novella riformatrice ha inciso soprattutto sull’elemento soggettivo della colpa grave che è previsto nei seguenti casi:

  • violazione manifesta delle norme di diritto applicabili, tenendosi conto, in particolare, del grado di chiarezza e precisione delle norme violate nonché dell'inescusabilità e della gravità dell'inosservanza,
  • travisamento del fatto
  • affermazione di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento
  • negazione di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento.

La modifica, inoltre, precisa che non costituisce colpa grave la violazione o l'omissione determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti.

In ogni caso è esclusa la gravità della colpa quando il fatto dannoso tragga origine:

  • dall’emanazione di un atto vistato e registrato in sede di controllo preventivo di legittimità, 
  • ovvero dagli atti richiamati e allegati che costituiscono il presupposto logico e giuridico dell'atto sottoposto a controllo.

L’eventuale debito erariale, comunque, si trasmette agli eredi secondo le leggi vigenti soltanto nei casi di illecito arricchimento del dante causa e di conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi.

Sul versante dell’altro elemento soggettivo invece, la novella dispone che la responsabilità è limitata ai fatti e alle omissioni commessi con dolo nei seguenti casi:

  • conclusione di accordi di conciliazione nel procedimento di mediazione o in sede giudiziale da parte dei rappresentanti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
  • conclusione di procedimenti di accertamento con adesione, di accordi di mediazione, di conciliazioni giudiziali e di transazioni fiscali in materia tributaria.

Al riguardo, si evidenzia che la finalità della proposta, come si legge nella relazione illustrativa, è di "incentivare tali accordi, che hanno effetti particolarmente positivi per quanto concerne l'eliminazione dei contenziosi giuslavoristici e tributari", limitando l'elemento soggettivo rilevante ai fini della responsabilità amministrativa al solo dolo.


La limitazione dell’ammontare della responsabilità erariale

Particolarmente innovativa è la nuova previsione recata dal DDL di riforma di limitare l’entità del danno risarcibile e la connessa responsabilità erariale. Infatti, introducendo i commi 1 bis e 1 ocities all’art. 1 L. 20/94 è stabilito che nel giudizio di responsabilità:

  • nella quantificazione del danno deve tenersi conto dell'eventuale concorso dell'amministrazione danneggiata nella produzione del danno medesimo e dei vantaggi comunque conseguiti dall'amministrazione di appartenenza, o da altra amministrazione, o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilità (comma 1 bis);
  • salvi i casi di danno cagionato con dolo o di illecito arricchimento, la Corte dei conti esercita il potere di riduzione ponendo a carico del responsabile, in quanto conseguenza immediata e diretta della sua condotta, il danno o il valore perduto per un importo non superiore al 30 per cento del pregiudizio accertato e, comunque, non superiore al doppio della retribuzione lorda conseguita nell'anno di inizio della condotta lesiva causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o successivo, ovvero non superiore al doppio del corrispettivo o dell'indennità percepiti per il servizio reso all'amministrazione o per la funzione o l'ufficio svolti, che hanno causato il pregiudizio (comma 1 octies).

 

L’esclusione della responsabilità degli amministratori

Valorizzando il principio già contenuti nel TUOEL n. 267/2000 e nel TUPI d.lgs. n. 165/2001 in tema di separazione tra attività d’indirizzo e di controllo politico-amministrativo, di competenza degli organi politici, e attività gestionale, di competenza degli uffici e dei relativi dirigenti/responsabili, è introdotto il comma  1 ter all’art. 1 citato, disponendo che:

  • nel caso di deliberazioni di organi collegiali, la responsabilità si imputa esclusivamente a coloro che hanno espresso voto favorevole;
  • nel caso di atti che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi, la responsabilità non si estende ai titolari degli organi politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano autorizzato o consentito l'esecuzione.

La buona fede dei titolari degli organi politici si presume iuris tantum, fino a prova contraria, fatti salvi i casi di dolo, quando gli atti adottati dai medesimi titolari, nell'esercizio delle proprie competenze, sono proposti, vistati o sottoscritti dai responsabili degli uffici tecnici o amministrativi, in assenza di pareri formali, interni o esterni, di contrario avviso.


La responsabilità individuale e quella solidale

La regola vigente nell’ambito della responsabilità erariale, nel caso della partecipazione di più soggetti alla causazione del danno, è quella per cui alla responsabilità solidale si sostituisce la regola della parziarietà e della divisibilità dell’addebito.

In ipotesi di fattispecie plurisoggettive,  quindi, il danno erariale è ripartito, a fini risarcitori, tra i vari corresponsabili, in ragione dell’apporto causale di ognuno di essi alla produzione del danno medesimo.

Infatti, la disciplina in materia, nel caso di fatto dannoso  causato da più persone, prevede che la Corte dei conti, valutate le singole responsabilità, condanna ciascuno per la parte che vi ha preso (art. 1 comma 1-quater L. 241/1990). 

Per i soli concorrenti che abbiano conseguito un illecito arricchimento o abbiano agito con dolo, invece, è prevista la responsabilità solidale (art. 1 comma – quinquies L. 241/90).


Il danno d’immagine e la presunzione (relativa) del danno

Il danno all’immagine della pubblica amministrazione appartiene alla categoria del c.d. danno erariale non patrimoniale, inteso come grave perdita di prestigio a seguito del nocumento all’immagine e alla personalità pubblica dello Stato derivante dall’azione delittuosa di un suo dipendente. Bene giuridico tutelato è pertanto, in primo luogo, il diritto all’immagine del soggetto pubblico, come proiezione verso l’esterno della propria personalità, anche giuridica, nella lettura necessariamente aperta dell’art. 2 della Costituzione. 

Inoltre, oggetto di tutela sono il prestigio e l’efficienza della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 Cost., nonché la fiducia che i consociati stessi ripongono verso la sua azione, irreparabilmente compromessa dalla condotta contra legem dei propri dipendenti nell’esercizio delle loro funzioni (3).

Nel caso del danno all'immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa accertato con sentenza passata in giudicato, è stato previsto che l’entità del danno  si presume, salva prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente (art. 1 comma 1 sexies L. 241/90). 

Secondo la Corte dei conti, il danno all’immagine è intrinsecamente connesso, quale requisito di diritto, alla condanna dell’imputato in via definitiva e non alla prescrizione del reato, pur accertato in primo grado. Pertanto, il giudice contabile non può non tener conto della prescrizione, che va ad incidere sull’azionabilità parziale e sulla correlata quantificazione del danno all’immagine, che non può essere azionato per la parte relativa all’estinzione intervenuta per prescrizione del reato (4).


La sospensione della gestione di risorse pubbliche

Una particolare novità, introdotta dal nuovo comma 1-novies dell’art. 1 L. 20/94,  è quella in base alla quale la Corte dei conti può condannare, nei casi più gravi, alla sospensione dalla gestione di risorse pubbliche per un periodo compreso tra sei mesi e tre anni. 

In siffatti casi, quindi, l'amministrazione da cui dipende il condannato avvia immediatamente un procedimento ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, da concludere improrogabilmente entro il termine della sospensione disposta con il passaggio in giudicato della sentenza, e assegna il dirigente o il funzionario sospeso a funzioni di studio e ricerca.

In ogni caso, come previsto dal nuovo comma 1 decies,  l'avvenuto spontaneo pagamento di tutti gli importi indicati nella sentenza definitiva di condanna determina la cessazione di ogni altro effetto della condanna medesima. 


La decorrenza della prescrizione

Il novellato comma 2 del precitato art. 1 L. 20/94  stabilisce che il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso:

  • indipendentemente dal momento in cui l'amministrazione o la Corte dei conti sono venuti a conoscenza del danno,
  • ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, realizzato con una condotta attiva o in violazione di obblighi di comunicazione dalla data della sua scoperta

Qualora la prescrizione del diritto al risarcimento sia maturata a causa di omissione o ritardo della denuncia del fatto, rispondono del danno erariale i soggetti che hanno omesso o ritardato la denuncia. In tali casi, l'azione è proponibile entro cinque anni dalla data in cui la prescrizione è maturata.

In precedenza, la giurisprudenza ha ritenuto che il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito sorge non dal momento in cui l’agente compie l’illecito – o dal momento in cui il fatto del terzo determina ontologicamente il danno all’altrui diritto – bensì dal momento in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile (5).

Il termine quinquennale di prescrizione dell'azione risarcitoria, previsto dall'articolo 1, comma 2, della legge 20/1994 («Il diritto al risarcimento del danno si prescrive […] in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta»), secondo l’indirizzo comune della Corte dei conti, decorre da quando il danno è divenuto certo, concreto e attuale, così come peevisto dall'articolo 2935 del codice civile secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere (6).

In questo senso, è stato affermato che la prescrizione decorre dalla data in cui si è verificato il «fatto dannoso» e questa data deve essere identificata in quella in cui si è verificato il danno quale componente del fatto stesso (7), in conformità alla giurisprudenza della Cassazione secondo cui il concetto di fatto non deve considerarsi ristretto all'azione od omissione, ma deve essere esteso all'evento la cui certezza e attualità integra la responsabilità (8).


La copertura assicurativa

Il nuovo comma 4 bis dell’art. 2 L. 20/94 dispone che chiunque assuma un incarico che comporti la gestione di risorse pubbliche dalla quale discenda la sua sottoposizione alla giurisdizione della Corte dei conti è tenuto a stipulare, prima dell'assunzione dell'incarico, una polizza assicurativa a copertura dei danni patrimoniali cagionati dallo stesso all'amministrazione per colpa grave, aggiungendo che nei procedimenti per i danni patrimoniali, l'impresa di assicurazione è litisconsorte necessario

Si tratta di una disposizione dal campo applicativo assai ampio se si considerano tutti i soggetti che vengono a contatto con la gestione delle risorse pubbliche nell’ambito delle molteplici attività di competenza delle PPAA. D’altra parte, la novella non precisa né indica alcun criterio per determinare il valore assicurabile che, verosimilmente, dovrebbe essere nella misura massima prevista dalla riforma - dal comma 1 octies dell’art. 1 - ossia non superiore al doppio della retribuzione lorda conseguita nell'anno di inizio della condotta lesiva causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o successivo, ovvero non superiore al doppio del corrispettivo o dell'indennità percepiti per il servizio reso all'amministrazione o per la funzione o l'ufficio svolti, che hanno causato il pregiudizio.

Si rammenta, tuttavia, che che in materia di assicurazione per responsabilità per danno erariale, l'art. 3, comma 59, della legge 244/2007 ha previsto la nullità, per illiceità della causa, del contratto di assicurazione stipulato da un ente pubblico a favore dei propri amministratori per i rischi derivanti dall'espletamento dei compiti istituzionali connessi con la carica e riguardanti la responsabilità per danni cagionati allo Stato o ad enti pubblici e la responsabilità contabile, sanzionando l'amministratore che stipula il contratto e il beneficiario della copertura assicurativa con il pagamento, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l'ammontare dei premi complessivamente stabiliti nel contratto medesimo. 

Detta disposizione, quindi, ha codificato principi affermati dalla giurisprudenza contabile consolidata, a partire dalle Sezioni riunite che, con la sentenza n.707-A del 5 aprile 1991, avevano esplicitato il limite di assicurabilità individuandolo nel divieto di assumere a proprio carico rischi non propri, così come invece avverrebbe nel caso di assicurazione del danno erariale ove la polizza sia assunta a carico dell'ente, il quale diventa in tal modo il creditore di se stesso (9).

Si tratta di verificare, una volta approvato il DDL, come la novella sarà interpretata ed applicata dalla giurisprudenza contabile rispetto all’anzidetto principio e a quello ex art. 97 Cost..


Il controllo (eventuale) preventivo di legittimità in materia di appalti e di concessione collegati al PNRR e al PNC

L’art. 1 del DDL in esame, al comma 1 quater, prevede la modifica dell’art. 3 della L. 20/94 disponendo che le regioni, le province autonome e gli enti locali, con norma di legge o di statuto adottata previo parere delle sezioni riunite della Corte dei conti, possano sottoporre al controllo preventivo di legittimità della Corte medesima i provvedimenti di aggiudicazione, anche provvisori, ovvero i provvedimenti conclusivi delle procedure di affidamento che non prevedono l'aggiudicazione formale, relativi ai contratti di appalto di lavori, servizi o forniture, attivi o passivi, ovvero ai contratti di concessione, finalizzati all'attuazione del PNRR e del PNC, di importo superiore alle soglie previste dall'articolo 14 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (10).


Gli istituti deflattivi del contenzioso ed il rimborso delle spese in caso di assoluzione

L’art. 3 del DDL, inoltre, nell’attribuire al Governo la delega in tema di riorganizzazione e di riordino delle funzioni della Corte dei conti prevede la possibilità d’introdurre istituti deflativi del contenzioso, che consentano all'incolpato di formulare una richiesta di definizione della propria posizione con il pagamento in un'unica soluzione di una percentuale della somma fatta oggetto dell'invito a dedurre, prima della citazione in giudizio, fermo restando il potere di valutazione della proposta da parte del pubblico ministero.

Ancora, è previsto dalla delega che il Governo apporti modifiche al codice della giustizia contabile, di cui all'allegato 1 annesso al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, al fine di prevedere interventi per il rimborso da parte delle amministrazioni di appartenenza, delle spese legali effettivamente sostenute nei giudizi per responsabilità amministrativa nel caso di sentenze o provvedimenti che escludano la responsabilità degli amministratori dipendenti di amministrazioni pubbliche in conseguenza di atti e fatti connessi con lo svolgimento del servizio o con l'adempimento di obblighi istituzionali.

A quest’ultimo riguardo si rammenta che recentemente la Suprema Corte di Cassazione a SSUU (11), componendo un contrasto giurisprudenziale in materia, ha affermato che  il dipendente pubblico prosciolto nel giudizio innanzi al giudice contabile ha diritto all’intero esborso delle spese legali di difesa sostenute, la cui liquidazione non è riservata al giudice contabile e non si esaurisce con la pronuncia da questi adottata (12).

Le Sezioni Unite, al riguardo, si basano su due argomenti: 

  1. l’indirizzo, che riserva solo al giudizio contabile la definizione delle spese legali, non tiene conto della considerazione di matrice costituzionale secondo cui il giudice dei diritti soggettivi è il giudice ordinario, mentre la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge, tra le quali non rientra quella relativa al rimborso delle spese legali; 
  2. la distinzione tra il rapporto interno, intercorrente tra il dipendente e l’amministrazione di appartenenza, e la materia oggetto del giudizio di responsabilità: il diritto al rimborso delle spese si radica nel rapporto tra dipendente e amministrazione. 

 

Le disposizioni sanzionatorie per i responsabili dell'attuazione dei procedimenti connessi al PNRR-PNC

L’art. 4 del DDL prevede che, fatto salvo l'eventuale esercizio dell'azione di responsabilità ai sensi dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificato dall'articolo 1 dello stesso DDL, al pubblico ufficiale responsabile dell'attuazione dei procedimenti connessi al PNRR-PNC, in relazione ai quali si verifichi, per fatto allo stesso imputabile, un ritardo superiore al 10 per cento rispetto al tempo stabilito per la conclusione del procedimento, si applica, sulla base della gravità della colpa, una sanzione pecuniaria da euro 150 fino a due annualità del proprio trattamento economico complessivo annuo lordo. La sanzione è irrogata nelle forme e con le garanzie di cui alla parte II, titolo V, capo III, del codice della giustizia contabile, di cui al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174.


L’entrata in vigore

L’art. 6 del DDL stabilisce che le disposizioni introdotte all’art. 1 della L. 20/1994 si applicano ai procedimenti e ai giudizi pendenti, non definiti con sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore della legge di approvazione.


Conclusioni

Si tratta, quindi, di attendere il completamento dell’iter parlamentare e quello, successivo, del varo del decreto legislativo da parte del Governo, per aver un quadro certo e definitivo della riforma portata avanti dal Governo e dalle attuali forze parlamentari di maggioranza. 

Intanto, è un dato obiettivo che le scelte di politica legislativa si muovono sempre più decisamente verso strumenti normativi di contrasto al fenomeno della c.d. paura della firma, al fine di realizzare una maggiore efficienza della macchina amministrativa in vista di una ripresa economica del Paese (13).

Infatti, gli istituti sopra descritti integrano quelli già approvati nel corso degli ultimi anni come quelli di ridefinizione del delitto di abuso d’ufficio ex art. 323 c.p. giusta art.. 23 D.L. 16 luglio 2020, n. 76, poi abolito dall’art. 1 della L. 114/24, quello dello scudo erariale di cui all’art. 21, comma 2 del decreto-legge n. 76 del 2020 (14),  quello di cui all’art. 2, comma 4, del vigente Codice dei contratti pubblici che, per promuovere la fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dispone che  le stazioni appaltanti adottano azioni per la copertura assicurativa dei rischi per il personale.

Vedremo, allora, se a  tali e tanti sforzi legislativi corrisponderà, effettivamente e proficuamente, un miglioramento della performance degli EELL e quella individuale della classe dirigente e dei funzionari chiamati ad attendere alle responsabilità gestionali in modo più coraggioso ed efficace rispetto alle esigenze di competitività e di produttività del Paese, in tutti i settori (compreso quella della PA), in un contesto di forte concorrenza non solo europea, ma globale.


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