La Rivista del Sindaco


Le oscillazioni della giurisprudenza in materia di concessioni balneari

Analisi della sentenza del T.A.R. Toscana n. 431 del 10.03.2025
Approfondimenti
di Martini Lorella
20 Giugno 2025

 

Consulta la video pillola La disciplina delle concessioni balneari dell'avvocato Lorella Martini sull'argomento.


Il mondo delle concessioni balneari non conosce tregua.
Quando oramai sembrava essersi formato un indirizzo giurisprudenziale predominante, ecco che un nuovo provvedimento rimette in discussione quei punti (pochi) che potevano considerarsi “fermi” nella disciplina di questa delicatissima materia.


La giurisprudenza del 2024 

Il 2024 è stato segnato da un susseguirsi di provvedimenti giudiziari che hanno di fatto cassato le proroghe automatiche alle concessioni balneari riconosciute in virtù delle norme emesse dal Legislatore nazionale.

Tale orientamento giurisprudenziale ha applicato de plano i principi della Direttiva dell’Unione Europea n. 2006/123/CE meglio nota come Direttiva Bolkestein e, in particolare l’art. 12, paragrafi 1 e 2, ovvero:

  1. l’obbligo, in presenza di concessioni aventi per oggetto un bene naturale caratterizzato dalla “scarsità” ovvero di interesse “transfrontaliero”, di procedere all’aggiudicazione attraverso un procedimento selettivo rispettoso dei principi di imparzialità, trasparenza e pubblicità;
  2. l’obbligo di prevedere una durata limitata per le concessioni demaniali che mai possono essere oggetto di rinnovo automatico.

La direttiva Bolkestein peraltro è stata considerata direttamente applicabile nel nostro ordinamento e produttrice di effetti sin dal 28.12.2009, data della sua entrata in vigore.

Considerato che la scarsità dei lidi nel nostro Paese è stata praticamente considerata un “fatto notorio”, in assenza comunque di prova contraria, per i giudici nazionali tutti i provvedimenti di proroga, fossero essi atti normativi piuttosto che atti amministrativi, dovevano essere considerati illegittimi e, pertanto, essere disapplicati.

Tale obbligo è stato ritenuto gravare non solo sui giudici nazionali ma anche sulle autorità amministrative, tenute quindi ad ignorare le norme di proroga emanate dal Legislatore nazionale, in ragione della prevalenza del diritto europeo.

In conclusione, le previsioni di proroga automatica non potevano trovare alcuna giustificazione, nemmeno nella salvaguardia dell’affidamento del concessionario uscente nella prosecuzione del rapporto. Piuttosto, il concessionario uscente avrebbe potuto, e dovuto, trovare tutela, quanto agli investimenti eseguiti sul suolo demaniale costretto ad abbandonare, in una adeguata disciplina di indennizzi e ristori.


La sentenza n.431/2025 del T.A.R. Toscana

I fatti di causa

In questo contesto la sentenza del T.a.r. Toscana pubblicata il 10.03.2025 è giunta inaspettata.
La vicenda esaminata nel caso di specie trae origine dall’impugnazione di una concessione demaniale rilasciata dal Comune di Forte dei Marmi il 11.02.2022 in favore di un concessionario storico della zona, nella parte in cui era stato apposto come termine di scadenza la data del 31.12.2023.

La ricorrente lamenta che in data 30.10.2018 il Comune le aveva rilasciato una concessione demaniale avente durata di 19 anni, e quindi dal 01.10.2018 al 31.12.2037, per procedere alla riqualificazione dello stabilimento balneare.

In data 12.06.2021 la ricorrente aveva chiesto un ampliamento della concessione del 2018, tramite accorpamento con altre concessioni demaniali di cui risultava già titolare e risalenti alle annualità 2005, 2009 e 2010, al fine di procedere alla realizzazione di una piscina. La richiesta veniva accolta dal Comune con la predetta concessione del 2022.


La tesi della ricorrente 

La ricorrente sostiene l’illegittimità e l’arbitrarietà della scadenza della concessione del 2022 al 31.12.2023, rilevando come la concessione del 2018, di cui quella del 2022 costituiva ampliamento, era stata rilasciata a seguito di un procedimento ad evidenza pubblica con durata sino al 31.12.2037. 

La circostanza per cui non si sarebbe fatto ricorso ad una proroga automatica per legge avrebbe impedito l’applicazione nel caso di specie dei principi della Direttiva Bolkestein, e dei precetti delle sentenze dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 17 e n. 18 del 2021 che alla prima hanno dato applicazione. Pertanto, il Comune non aveva ragione per non riconoscere alla concessione del 2022 il termine previsto dalla norma di proroga di cui all’art. 1, commi 682 e 683, della L. n. 145/2018, ovvero il 31.12.2033.

In aggiunta, a dire del ricorrente, sarebbe stato violato il legittimo affidamento del concessionario nella prosecuzione del rapporto concessorio.


La tesi del Comune 

Dal canto suo il Comune sostiene che la concessione del 2022 integri una concessione nuova e a sé stante rispetto alle precedenti accorpate e che, pertanto, le vada attribuita una durata conforme al diritto europeo, e quindi temporalmente limitata al 31.12.2023.


Le argomentazioni dei giudici 

Il Collegio conviene con la ricostruzione fattuale operata dal ricorrente, riconoscendo che la concessione del 2018 era stata rilasciata ex novo a seguito di procedura ad evidenza pubblica con termine al 31.12.2037, senza alcuna proroga automatica, circostanza questa che impedirebbe il richiamo delle sentenze dell’Adunanza Plenaria nn. 17 e 18 del 2021.

In aggiunta, la concessione del 2022 oggetto di impugnazione non integrerebbe una nuova concessione – come sostenuto dal Comune - ma una licenza suppletiva ai sensi dell’art. 24 del Regolamento del Codice della Navigazione. Trattasi di norma quest’ultima di carattere derogatorio che consente l’affidamento diretto e senza gara al precedente concessionario di un’ulteriore porzione di bene demaniale ma "solo in presenza di situazioni eccezionali e nella misura in cui l'estensione della originaria concessione sia obiettivamente funzionale e necessaria per l'effettivo corretto e proficuo utilizzo del bene già concesso e abbia, in ogni caso, una minima consistenza quantitativa" (Consiglio di Stato, sent. n. 5225/2022).

Per il Collegio, la durata dell’atto impugnato avrebbe dovuto quindi essere determinata alla luce del suo raccordo con le precedenti concessioni di cui costituisce “ampliamento”.

I Giudici pertanto concludono che il Comune avrebbe dovuto applicare la stessa data di scadenza prevista o per la concessione del 2018, ovvero il 31.12.2037, o per le concessioni accorpate del 2005, 2009 e 2010, ovvero il 31.12.2033.

Il Collegio sottolinea come queste ultime siano state rilasciate prima della data di entrata in vigore della Direttiva Bolkestein, ovvero il 28.12.2009, e pertanto sia legittima l’applicazione dell’art. 1, commi 682 e 683, che prevede il termine di scadenza al 31.12.2033.

In ogni caso è illegittima e ingiustificata l’apposizione del termine di scadenza al 31.12.2023.

Da ultimo, il Collegio riconosce, in ragione della natura dell’istanza di ampliamento, la sussistenza di un legittimo affidamento, meritevole di tutela, del ricorrente a vedersi riconoscere la nuova scadenza al 31.12.2037 ovvero al 31.12.2033.


Conclusioni

Per quanto sia pacifico che la sentenza sopra commentata trovi applicazione nel solo caso di specie trattato, non può tacersi la rilevanza dei principi enunciati.
Il Collegio ha di fatto accolto la tesi più volte rivendicata dai balneari per cui nell’applicazione dei principi europei, in generale, e della Direttiva Bolkestein, in particolare, è doveroso considerare la data di emissione delle concessioni, per riconoscerne la rilevanza solo in relazione a quelle emesse successivamente al 28.12.2009.


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