La Rivista del Sindaco


Indicatori di rischio anche per le partecipate nella riforma del fallimento

Società Partecipate
di La Posta del Sindaco
07 Dicembre 2018

Anche le società partecipate sono coinvolte nella riforma del diritto fallimentare, che il Consiglio dei ministri ha approvato in prima lettura, rendendo quindi necessario un coordinamento con quanto riportato nel DLgs 175/2016.

Già è evidente il combinato tra l'articolo  3, comma 2, e l'articolo 374, comma 2, del Codice, atti a disporre come la società debba dotarsi di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato (come da articolo 2086, comma 2, del Codice civile), basandosi su natura e dimensioni dell'imprese, anche al fine di rivelare una crisi o una perdita di continuità aziendale a tempo debito. Ne consegue la necessità di indurre a una riflessione anche per quanto riguarda le aziende pubbliche, data la natura prudente dell'articolo 6, DLgs 174/2016, che prevede accorgimenti organizzativi, tra cui lo sviluppo di "un ufficio di controllo interno strutturato secondo criteri di adeguatezza rispetto alla dimensione e alla complessità dell' impresa sociale", però richiedendo solamente le motivazioni che non portano a sfruttare gli strumenti organizzativi nella relazione sul governo societario.

Come programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale, troviamo, sempre nell'articolo 6, la richiesta di attuare "specifici programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale" a cui annettere gli indicatori di allarme. Sia l'articolo 13 riguardante gli indicatori di crisi, che i set di indicatori conseguenti dovranno essere confrontati con il testo unico, proprio riguardo gli indici di prevenzione della crisi delle imprese pubbliche. Risulta chiaro come i parametri da considerare per prevenire la crisi dovranno tenere conto di quanto stabilito in sede di diritto fallimentare.

A 18 mesi dalla pubblicazione dell'articolo 14, comma 1, del Codice, conferma l'obbligo di verificare che gli amministratori conteggino con costanza l'assetto organizzativo della società, il suo equilibrio economico-finanziario e il prevedibile andamento della gestione, da parte degli organi di controllo. In presenza di indizi di crisi, gli organi di controllo sono tenuti ad avvertire il relativo organo amministrativo, con un'apposita segnalazione. Se la risposta sarà omessa o inadeguata, o le iniziative necessarie per superare lo stato di crisi non saranno avviate, sarà sempre compito degli organi di controllo informare tempestivamente l'organismo della composizione della crisi, istituito presso ogni camere di commercio, assicurandosi di fornire tutti gli elementi utili, come da deroga 2407, comma 1, del codice civile, relativa all'obbligo di segretezza. Proprio questa comunicazione porta l'organo di controllo in esonero dalla responsabilità solidale per le conseguenze pregiudizievoli delle omissioni o azioni successivamente poste in essere dagli amministratori, a meno che non siano una diretta conseguenza di azioni decise prima della segnalazione.

Una possibilità per gli organi di controllo, che sarà di certo ben sfruttata da questi. Altrettanto sicuro è il fatto che questa procedura si sovrappone a quanto previsto nel testo unico per le società pubbliche, e della necessità quindi di coordinare quanto riportato in quest'ultimo con l'articolo 14, dove è previsto un piano di risanamento con azioni necessarie per il superamento della crisi, che coinvolgeranno di certo i soci pubblici.

 


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