Il Pg di Milano, Roberto Alfonso, si è dichiarato perplesso riguardo le nuove norme presenti nel DL sicurezza, in relazione ai beni confiscati alla mafia e alla criminalità. Più duro è stato il procuratore della Repubblica, Francesco Greco, che si è spinto a dichiarare la situazione attuale "prefallimentare", a causa di un sistema che andrebbe ripensato dalle fondamenta.
Il tempo sarebbe giusto per una revisione delle procedure di emersione legale dei patrimoni confiscati alla malavita, grazie alla siglatura di un protocollo siglato in Tribunale alcuni giorni fa. Il protocollo ha lo scopo di implementare la filiera milanese relativa al recupero di immobili e aziende in amministrazione giudiziaria e vede coinvolte numerose organizzazioni tra cui: Ordini professionali, Confcommercio, Libera, Regione Lombardia ad Assolombarda, Abi, Legacoop e Unioncamere.
Per capire la mole e la rugginosità della situazione riguardo il recupero di questi beni, basta sapere che nella sola Milano sono 883 le procedure avviate, mentre 380 a Monza e 145 a Brescia, con 174 progetti di recupero avviati, dal primo social market che ha preso il via 5 anni fa, ma il tutto sempre rallentato di costanti problemi operativi. I problemi arrivano da tutte le parti: il giorno dopo l'assegnazione all'amministratore giudiziario viene rivendicato giudizialmente lavoro nero, o appena in seguito all'emersione di un'azienda l'Agenzia delle Entrate chiede arretrati da milioni, finendo con banche che contestualmente revocano il fido.
Dove è chiaro che occorra una legislazione autonoma ed emergenziale per gestire in maniera efficace i patrimoni confiscati a fatica alle organizzazioni malavitose (spesso di soli colletti bianchi, che sanno muoversi bene in questo ambiente), la nuova norma prevede invece la vendita sotto tutela dei beni a privati; azione che rischia di riportare in fretta questi beni in mano alla criminalità.
Le problematicità del sistema ora in atto sono difficili da superare e per il direttore dell'Agenzia nazionale dei beni confiscati Ennio Sodano: "la prima cosa da resettare sono i dati: negli ultimo due anni l' Agenzia ha assegnato 7mila unità (di 30mila totali, ndr), mentre delle 2.700 aziende in carico solo 560 avevano presentato bilanci nei tre anni precedenti la confisca. Ciò significa che le altre erano semplici "cartiere", o società di copertura o comunque società di fatto inesistenti".
Insomma, un ambito di grandi potenzialità, schiacciato (come spesso avviene) da una burocrazia e una legislatura inefficiente nell'aiutare, quando non proprio inutile e dannosa.
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