La legge delega europea che recepisce la direttiva sul diritto d’autore è stata approvata dalla Commissione Politiche Ue del Senato, ed a breve si attende il testo del Ddl. Il 6 giugno è entrata in vigore la direttiva sul copyright/diritto d’autore, approvata dal Parlamento europeo, e da tale data, per poterla accogliere nei propri ordinamenti interni, gli Stati membri hanno due anni di tempo. La Francia ha già compiuto il passo, e se l’Italia porta a compimento il suo, sarebbe il secondo Paese dei 27 dell’Unione.
Da sempre fonte di contrasti e polemiche, il diritto d’autore non ha fatto eccezione in questo caso, causando un certo numero di critiche e contrapposizioni alla direttiva. Sono le diverse visioni di questo strumento e delle sue possibili evoluzione, a causare in genere tali contrasti. In questo caso, abbiamo da una parte chi indica il diritto d’autore (comprensivo di marchi e disegni industriali e brevetti) come una forza per lo sviluppo del sistema economico del nostro paese, perché in grado di tutelare la creatività e di conseguenza lo sviluppo delle idee e del pensiero innovativo. Dall’altra parte, chi lo vede come uno strumento per privatizzare la cultura e renderla elitaria (limitando l’accesso alle informazioni a beneficio di molti su pochi); un vero e proprio freno alla crescita verso una società più aperta e moderna.
Con la diffusione del digitale e della rete, entrati nella vita quotidiana, tali diversità di pensiero si sono rimarcate e diventate ancora più nette. Un’opera online, che sia originale copia, ha lo stesso peso e diventa in breve patrimonio di tutti, portando il diritto di rivendicarne la proprietà dell’ideatore a qualcosa di sfumato e flessibile. Ne deriva la necessità di rivedere e modernizzare il diritto d’autore nell’attuale e futuro mondo digitale, in particolare nel mondo dei social. Invece, proprio quello dei social è un tema che la direttiva Ue non si è curata di comprendere al suo interno, creando un’importante carenza. Nella direttiva Ue, vuole che gli aventi diritto alle opere creative in rete siano pagati, ma non si preoccupa dell’utilizzo che le grandi piattaforme (social in primo luogo) fanno dei dati personali degli utenti, per il quale non è previsto alcun pagamento. Pur rimanendo una passo importante per il riconoscimento del diritto d’autore nella rete da parte della Ue, fa storcere il naso che questo non vada di pari passo con il diritto alla privacy, che a sua volta ha subito una pesante rivoluzione a causa del web.
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