La Rivista del Sindaco


Edilizia: l'accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali e autorizzazione paesaggistica postuma

Le indicazioni del Ministero della Cultura
Approfondimenti
di Petrulli Mario
29 Maggio 2025


Uno degli aspetti più delicati del Decreto Salva-Casa (decreto legge 29 maggio 2024, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 luglio 2024, n. 105) riguarda il coordinamento tra il nuovo art. 36-bis (1) del Testo Unico Edilizia (DPR n. 380/2001), che disciplina l’accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali, e l’art. 167, comma 4 (2), del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs. n. 42/2004), che disciplina il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica postuma. 

In particolare, il comma 4-bis del citato art. 36-bis del Testo Unico Edilizia prevede che, nel caso dell’accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali in cui si sono realizzati nuovi superfici o nuovi volumi, l’Autorità competente si esprima sulla compatibilità dell’intervento rispetto al vincolo, nonostante l’art. 167, comma 4, lett. a), del Codice dei beni culturali e del paesaggio preveda l’autorizzazione paesaggistica postuma solo se i lavori “non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati” (3).

A ciò deve aggiungersi che l’art. 183, comma 6, del Codice espressamente prevede che “Le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe ai princìpi del presente decreto legislativo se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni”.


La soluzione del “disallineamento” normativo

Con la circolare n. 19 del 2 aprile 2025 (“Chiarimenti sull’applicazione dell’art. 36-bis del decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2024, n. 105, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica. Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali”), il Ministero della Cultura, Dipartimento per la tutela del patrimonio culturale, ha fornito il proprio contributo per la soluzione di un conflitto di norme che, secondo quanto si legge nel documento, è solo apparente.

Dopo aver preso atto del “disallineamento” normativo, il Ministero ha preso atto che l’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia introduce una ipotesi di rilascio ex post, e pertanto in sanatoria, del parere vincolante relativo all’accertamento di compatibilità paesaggistica anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati esclusivamente nei casi di cui al comma 1 dell’art. 36-bis TUE medesimo, espressamente esclusi, invece, dalla normativa di settore rappresentata dall’art. 167, comma 4, del Codice dei beni culturali e del paesaggio. 

Tuttavia, secondo il Ministero della Cultura, tale antinomia è soltanto apparente. Vediamo perché.
Per quanto concerne l’art. 183, comma 6, del Codice (“Le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe ai princìpi del presente decreto legislativo se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni”), il Ministero afferma che si tratta di una mera norma programmatica e, proprio in quanto tale, inidonea a rendere inapplicabile il criterio cronologico della successione delle leggi nel tempo.

Per quanto riguarda il nuovo art. 36-bis, il Ministero precisa che non si è dinanzi ad una non deroga ai principi del Codice, in quanto il parere delle Soprintendenza mantiene natura vincolante ai fini dell’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento edilizio già effettuato.

Conseguentemente, l’art. 36-bis trova piena applicazione, stante il criterio cronologico, anche in mancanza di un richiamo derogatorio dell’art. 167, comma 4, del Codice al suo interno. Il divieto di rilascio in sanatoria dell’autorizzazione paesaggistica non esclude, infatti, che il legislatore possa introdurre, per legge e in via generale, limitate ipotesi in cui sia possibile accertare ex post la compatibilità paesaggistica di un intervento.

Nel caso sopra descritto, pertanto, troverà applicazione quanto disposto dall’art. 36-bis TUE e, conseguentemente, potrà essere emesso il parere vincolante anche in caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'art. 34 del TUE ovvero in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'art. 37 del TUE.

Al di fuori, pertanto, dalle ipotesi tassativamente previste dal suddetto comma 1 dell’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia, l’art. 167 del Codice trova piena applicazione. 

Restano fermi, in ogni caso i principi sanzionatori e di rimessa in pristino di cui all’art. 167 del Codice in caso di valutazione negativa da parte dell’autorità competente in materia paesaggistica.

Infine, il comma 4 dell’art. 36-bis del TUE prevede che “Le disposizioni del presente comma si applicano anche nei casi in cui gli interventi di cui al comma 1 risultino incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione”; con tale norma il legislatore ha previsto che, anche qualora le opere siano state svolte in un tempo antecedente all'apposizione del vincolo, sia necessario procedere alla domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 36-bis del TUE.

Il Ministero ha, infine, evidenziato la necessità di dare corretta applicazione alla normativa del Testo Unico Edilizia, procedendo attentamente alle valutazioni di compatibilità paesaggistica ed esprimendo il parere vincolante di competenza entro il termine perentorio di 90 giorni, spirati i quali si intende formato il silenzio-assenso e il dirigente o responsabile dell’ufficio procedente può provvedere autonomamente.

Stante la circostanza che al maturare dell’inerzia che conduce all’istituto del silenzio assenso e alle sue conseguenze, per le quali l’Amministrazione non è più titolata ad esprimersi sulla compatibilità paesaggistica dell’intervento già realizzato, il Ministero ha richiamato l’attenzione delle Soprintendenze ad approntate ogni efficace misura organizzativa interna per limitare il maturare del silenzio assenso a casi marginali e residuali.


La motivazione del diniego

Se, perciò, nelle ipotesi di cui all’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia, la Soprintendenza dovrà esprimere il proprio parere, appare evidente che non potrà limitarsi a motivare il diniego sulla base della creazione di nuove superfici e nuovi volumi, altrimenti si svuoterebbe l’art. 36-bis e la sua operatività verrà meno. Al contrario, dovrà esplicitare i motivi del contrasto tra le opere realizzate e le ragioni di tutela dell'area interessata dall'apposizione del vincolo, non potendosi ritenere sufficiente una motivazione fondata su una generica incompatibilità o su un non meglio identificato pregiudizio ambientale, tramite l’utilizzo di espressioni vaghe e formule stereotipate.


(1) Art. 36-bis. Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali
1. In caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 34 ovvero in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 37, fino alla scadenza dei termini di cui all'articolo 34, comma 1 e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell'abuso, o l'attuale proprietario dell'immobile, possono ottenere il permesso di costruire e presentare la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle variazioni essenziali di cui all'articolo 32.
2. Il permesso presentato ai sensi del comma 1 può essere rilasciato dallo sportello unico per l'edilizia di cui all'articolo 5, comma 4-bis, subordinatamente alla preventiva attuazione, entro il termine assegnato dallo sportello unico, degli interventi di cui al secondo periodo. In sede di esame delle richieste di permesso in sanatoria lo sportello unico può condizionare il rilascio del provvedimento alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate ai sensi del presente articolo. Per le segnalazioni certificate di inizio attività presentate ai sensi del comma 1, lo sportello unico individua tra gli interventi di cui al secondo periodo le misure da prescrivere ai sensi dell'articolo 19, comma 3, secondo, terzo e quarto periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241, che costituiscono condizioni per la formazione del titolo.
3. La richiesta del permesso di costruire o la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono accompagnate dalla dichiarazione del professionista abilitato che attesti le necessarie conformità. Per la conformità edilizia, la dichiarazione è resa con riferimento alle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione dell'intervento. L'epoca di realizzazione dell'intervento è provata mediante la documentazione di cui all'articolo 9-bis, comma 1-bis, secondo e terzo periodo. Nei casi in cui sia impossibile accertare l'epoca di realizzazione dell'intervento mediante la documentazione indicata nel terzo periodo, il tecnico incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la sua responsabilità. In caso di dichiarazione falsa o mendace si applicano le sanzioni penali, comprese quelle previste dal capo VI del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.
3-bis. Per gli immobili ubicati nelle zone sismiche di cui all'articolo 83, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui al medesimo articolo 83, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 34-bis, comma 3-bis.
4. Qualora gli interventi di cui al comma 1 siano eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, il dirigente o il responsabile dell'ufficio richiede all'autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell'intervento, anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l'aumento di quelli legittimamente realizzati. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Se i pareri non sono resi entro i termini di cui al secondo periodo, si intende formato il silenzio-assenso e il dirigente o responsabile dell'ufficio provvede autonomamente. Le disposizioni del presente comma si applicano anche nei casi in cui gli interventi di cui al comma 1 risultino incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione.
[…]

(2) Art. 167. Ordine di rimessione in pristino o di versamento di indennità pecuniaria
[…]
4. L'autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi:
a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; 
b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica; 
c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. 
5. Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al comma 4 presenta apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L'importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui al comma 1. La domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica presentata ai sensi dell'articolo 181, comma 1-quater, si intende presentata anche ai sensi e per gli effetti di cui al presente comma. 

[…]
(3) La Circolare del Ministero per i beni e le attività culturali – Segretariato Generale, n. 33 del 26 giugno 2009, fornisce interpretazione ai due concetti di superfici utili e volumi, nei seguenti termini: “2. Per superfici utili, si intende ‘qualsiasi superficie utile, qualunque sia la sua destinazione. Sono ammesse le logge e i balconi nonché i portici, collegati al fabbricato, aperti su tre lati contenuti entro il 25% dell’area di sedime del fabbricato stesso’; 3. Per volumi si intende ‘qualsiasi manufatto costituito da parti chiuse emergenti dal terreno o dalla sagoma di un fabbricato preesistente indipendentemente dalla destinazione d’uso del manufatto, ad esclusione dei volumi tecnici’”.

 


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