Gli Enti territoriali sono chiamati, entro il 30 settembre, a verificare e a giustificare le proprie partecipazioni
Ma l’esperienza industriale manca agli enti e ai controllori (di Ettore Jorio su “Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi” del 31 luglio 2017)
Regioni, Province e Comuni dovranno effettuare, entro il 30 settembre 2017, una ricognizione delle società da loro partecipate e oggetto della rilevazione dovranno essere tutte le società a partecipazione diretta - quotate e non - anche se non controllate dall’ente, e quelle a partecipazione indiretta, se detenute per il tramite di una società/organismo controllato dall’ente. La decisione di mantenere le quote detenute andrà poi motivata e giustificata in maniera convincente. Un compito che, stando all’articolo apparso oggi sul “Sole”, appare tutt’altro che banale. Anzi, viene messo in dubbio che tanto chi dovrà procedere con la rilevazione, tanto chi dovrà giudicarne la validità, possano essere in possesso delle capacità necessarie a districarsi nel complicato adempimento. Non sarà facile istruire le pratiche, prendere delle decisioni che, eventualmente, andranno difese di fronte ai sindacati che saranno coinvolti in difesa dell’occupazione, né sarà facile motivare e difendere le scelta fatte nelle sedi giurisdizionali invocate da chi riterrà lesi i propri diritti e interessi. E non soltanto questo, l’articolo passa a snocciolare una serie di fattispecie in cui sia gli enti pubblici che le sezioni della Corte dei conti potranno trovarsi in difficoltà. “Per l’assunzione delle decisioni e il successivo controllo dei magistrati contabili occorrerà superare i gap derivanti dalla mancata esperienza, in entrambe le sedi, sulla tenuta ottimale della contabilità ordinaria, dalla scarsa abitudine nel trattamento e valutazione delle componenti straordinarie, nella determinazione degli avviamenti commerciali, nelle pratiche di dismissione delle aziende o delle quote e nella corretta applicazione degli strumenti aggregativi e, perché no, disaggregativi”. Per la complicata gestione di questi ultimi, relativamente agli enti di diritto privato (e tali sono anche le società partecipate) - rileva l’articolo a titolo di esempio - vengono generalmente utilizzati stuoli di commercialisti e avvocati “e scomodate maggioranze che richiedono l’unanimità dei consensi delle rispettive ‘proprietà’, per comprendere ciò che è più conveniente decidere”. Insomma, questa la tesi di fondo, servono competenze che non sono tipiche del settore pubblico, ma bensì di quello privato/industriale. Peraltro non vengono in soccorso, in maniera univoca e esaustiva, agli enti che saranno impegnati in questo pur necessario e benvenuto lavoro di sfoltimento né il testo del decreto legislativo, ancora troppo lacunoso, né la prassi amministrativa consolidata né il contributo dato dalla sezione delle Autonomie della Corte dei conti. “Tutto ciò preoccupa” - conclude l’articolo - perché fatta salva l’esigenza di fare finalmente “pulizia” bisogna anche considerare le difficoltà di chi decide e di chi sarà chiamato a verificare le decisioni prese. Di chi dovrà “esercitare i rispettivi compiti nei tempi brevi e senza la necessaria esperienza per l’obiettiva determinazione dei valori in gioco”. Vedremo cosa accadrà nel prossimo futuro e se prevarrà la tesi che articoli di questo tenore ci sembrano suggerire: la necessità di una proroga alla scadenza del 30 settembre.