La Rivista del Sindaco


RIFORMA DEL MERCATO DEL GAS ANCORA AL PALO

Società Partecipate
di La Posta del Sindaco
02 Ottobre 2017

A 17 anni dalla legge, attualmente in corso una sola gara di individuazione del fornitore

Il flop delle gare per la distribuzione del gas 229 imprese per un mercato da 5 miliardi (di Luca Pagni su “la Repubblica Affari&Finanza” del 2 ottobre 2017) 
Riforma nata nel 2000 con il decreto Letta (Enrico) e poi ribadita nel 2007 da un nuovo provvedimento, avrebbe dovuto avere, come primo effetto, l’abbassamento dei costi in bolletta, particolarmente alti da Roma in su per via del maggiore consumo durante i mesi invernali. Parliamo del mercato del gas naturale e il risultato si sarebbe dovuto conseguire mettendo a gara, ogni 12 anni, il servizio di distribuzione locale. Il ricorso alle gare avrebbe dovuto innescare una serie di effetti positivi: l’apertura del mercato a nuovi operatori, l’aumento dell’efficienza grazie all’aumentare della concorrenza e l’abbassamento dei costi di gestione. Inoltre, visto che il numero di operatori attuali è ritenuto eccessivo (soprattutto se confrontato con gli altri Paesi europei), una loro riduzione sarebbe dovuta essere un’altra conseguenza auspicata, seppur indiretta. Invece nulla di tutto ciò si è verificato, il numero delle gare effettivamente bandite è irrisorio: 14 a fronte di 177 Atem (ambiti territoriali minimi) in cui è stata suddivisa la penisola a seguito della riforma. Peraltro, l’unica realmente in corso, sarebbe quella che riguarda l’Atem Milano 1 che comprende la città e qualche comune dell’hinterland. Con i sui 840 mila clienti è l’ambito più grande dopo quello del Comune di Roma e i contendenti sono due: A2a, che è il gestore uscente, e F21, che è il primo operatore indipendente del settore. Tutti gli altri bandi sono finiti nelle secche di ricorsi, richieste di chiarimenti e rallentamenti burocratici vari. Tanto che il ministero dello Sviluppo economico, pur di salvare la riforma, starebbe valutando l’ipotesi di ricorrere a dei commissariamenti. Sul tema si era già pronunciata, all’incirca un anno fa, l’Autorità per l’Energia denunciando i molti bandi pubblicati “con contenuto parziale o comunque non conforme a quello del bando-tipo”. In più bandi e disciplinari di gara, nella maggior parte dei casi, non sarebbero stati sottoposti prima, come d’obbligo, alla stessa Autorità. Autorità che, insieme all’Antitrust, avrebbe in più riprese chiesto interventi di legge per semplificare l’accesso alle gare.  

Secondo un documento redatto da una serie di operatori del mercato, cui avrebbe avuto accesso l’autore dell’articolo, le lacune del sistema sarebbero diverse: come “le dimensioni eccessive degli Atem rispetto alla caratteristica tradizionalmente locale e frammentata del servizio” e “la cancellazione delle penalità inizialmente previste per le stazioni appaltanti ritardatarie”. Poi si sottolinea “l’esistenza di indubbi interessi particolari da parte dei Comuni”, ovvero di un conflitto di interessi perché in molti casi i Comuni controllano l’operatore uscente e al tempo stesso fanno parte della stazione appaltante. Gli operatori, ci dice l’articolo, proporrebbero due soluzioni, che sembrerebbero alternative, per uscire dal pantano: in un caso andrebbe favorita “l’aggregazione tra operatori di dimensioni medie”, nell’altro invece bisognerebbe rendere più agevoli “le condizioni per il reperimento delle risorse finanziarie necessarie all’acquisto delle reti esistenti”.  Per avere un’idea più precisa delle dimensioni del mercato del gas naturale in Italia, vengono forniti alcuni dati: i Comuni “metanizzati” sono oltre seimila, i fornitori del servizio ben 229, per il 29,4% sono società quotate in Borsa, per il 21,1 società private, per l’11,1 pubbliche e per il restante 37,9% miste pubblico-privato. La rete si estende per 248 mila chilometri, i clienti serviti sono 21 milioni e il giro di affari vale oltre 5 miliardi l’anno. Le stime degli analisti prevedevano che, alla fine del processo di riforma, sarebbero dovuti rimanere una ventina di operatori in tutto. A quanto pare c’era stato un po’ troppo ottimismo. Altre preoccupazioni poi arrivano da Utilitalia, la federazione che riunisce gli operatori dei servizi pubblici. Secondo la federazione, la normativa attribuisce alle stazioni appaltanti il compito di predisporre bando e disciplinare di gara e di individuare gli interventi di manutenzione e potenziamento degli impianti ritenuti necessari. Sempre la normativa, però, assegnerebbe all’Autorità per l’energia la definizione delle condizioni e delle modalità di riconoscimento. Questo nodo, a giudizio di Utilitalia, andrebbe risolto al più presto anche per evitare il rischio di un aumento dei contenziosi. Per i gestori, in sostanza, deve fin da subito “essere assicurata la copertura tariffaria degli interventi previsti nel bando, in modo da poter redigere business plan sostenibili prima dell’assunzione degli obblighi in sede di aggiudicazione”. 
 

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