Mancano risorse per le “ordinarie”. La “Delrio siciliana” a rischio fallimento
Settimana di mobilitazione nazionale delle Province - per la precisione delle 76 ricadenti nelle Regioni a statuto ordinario - che sono arrivate a presentare degli esposti cautelativi nelle procure in quanto impossibilitate, a causa delle casse vuote, a garantire i servizi fondamentali di loro competenza. Ne hanno dato conto diversi articoli, noi ne abbiamo scelto uno de “Il Sole 24 Ore”. Sulla situazione particolare, e ugualmente se non ulteriormente complicata, dei Liberi Consorsi siciliani ne ha invece scritto il quotidiano Nazione-Carlino-Giorno.
Nelle Province squilibrio certificato da 650 milioni (di Gianni Trovati su “Il Sole 24 Ore” del 17 marzo 2017)
Il presidente dell’Upi, nonché sindaco di Vicenza e presidente della relativa Provincia, Achille Variati ha lanciato una settimana di mobilitazione nazionale “a difesa dei diritti e della sicurezza delle comunità e dei territori” amministrati dalle Province. Infatti, già a partire dalle scorse settimane, molti presidenti di Provincia hanno protestato contro la mancanza di risorse che affligge le loro amministrazioni, presentando degli esposti nelle Procure per segnalare la loro impossibilità a garantire i servizi di cui sono responsabili. Si sono voluti, anche, cautelare prima che possa scapparci una tragedia: magari il crollo di un altro viadotto a causa della mancata manutenzione dei 130 mila chilometri di strada di competenza provinciale o di un incidente in uno dei 5.100 edifici scolastici la cui sicurezza dovrebbe essere garantita dalle Province. Minacciata, inoltre, una manifestazione nazionale di protesta a Roma se, nel prossimo decreto per gli Enti locali atteso per questo venerdì, non dovessero essere inclusi i 650 milioni che le Province chiedono a gran voce per fare fronte alle funzioni fondamentali che comunque, anche la Legge Delrio che le ha pesantemente ridimensionate, ha mantenuto a loro affidate. Peraltro quanto richiesto dalle Province coincide esattamente con quanto certificato ufficialmente dal Sose. Infatti la società del ministero dell’Economia che prova a calcolare il giusto prezzo - i cosiddetti “fabbisogni standard” - delle funzioni fondamentali degli enti locali ha stimato a 651,5 milioni di euro le risorse aggiuntive - rispetto a quelle pesantemente falcidiate negli ultimi anni - cui le Province avrebbero diritto per poter funzionare e garantire servizi quali, per l’appunto, la manutenzione delle strade di loro competenza e la gestione degli istituti superiori. Le risposte del Governo alle richieste delle Province sono però condizionate dalla non felicissima congiuntura economica dove peraltro, a ridurre ulteriormente gli spazi per poter reperire risorse aggiuntive, c’è anche e soprattutto la richiesta dela Ue per una manovra correttiva da 3,4 miliardi. Infatti, secondo alcune indiscrezioni, non sembrerebbe che il Governo possa riuscire a racimolare più di 150-200 milioni al massimo. Peraltro, entro il 31 marzo, le Province dovrebbero chiudere i bilanci, potendo per ora contare per lo più su delle incognite. L’unica, magra, consolazione: le Amministrazioni eventualmente inadempienti non rischierebbero il commissariamento. Infatti, a causa di un vuoto normativo, non si applicherebbero anche alle “nuove” Province le classiche sanzioni per gli Enti locali che restano senza bilancio.
Pasticcio siciliano Quei ‘liberi consorzi’ travolti dagli sprechi (di Rosalba Carbutti su “Nazione-Carlino-Giorno” del 22 marzo 2017)
L’articolo chiama in causa il grande Tomaso di Lampedusa per sintetizzare la situazione delle “nuove” Province siciliane: “Cambiare tutto per non cambiare niente”. Nel 2013 - con ben un anno di anticipo sulla Legge Delrio - il presidente della Regione (a statuto speciale) Sicilia, Rosario Crocetta, aveva annunciato l’abolizione delle Province istituendo al loro posto sei “liberi consorzi” di Comuni (Enna, Agrigento, Caltanissetta, Trapani, Ragusa e Siracusa) e ben tre Città metropolitane (Palermo, Catania e Messina). La riforma ha però avuto vita breve, benché travagliata, e i nuovi enti sarebbero tutti a rischio fallimento. Del resto la Corte dei Conti aveva lanciato un primo allarme sulla spesa per il personale. Infatti, a fronte di una media nazionale pro-capite di 22,9 euro, il “libero consorzio di Enna spende il triplo: 61,83 euro; Messina il doppio: 48,16 euro. Ma anche Caltanissetta, Ragusa e Siracusa superano i 40 euro. Ora, sempre secondo i magistrati contabili, per Agrigento c’è un “concreto rischio dissesto”. Lo stesso o quasi per Trapani, che comunque “non potrà svolgere funzioni essenziali”. La manovra 2015-2017 di Caltanissetta è stata giudicata “insostenibile”, dimostrando che “mancano risorse perfino per pagare le utenze, la manutenzione ordinaria, la vigilanza e i servizi per gli alunni disabili”. Nella Città metropolitana di Palermo sarà molto difficile “coprire spese per rimborso mutui, fitti passivi, spese del personale, manutenzione di scuole e strade”. A Siracusa il personale non percepisce stipendio da tre mesi. Sembrerebbero resistere, seppure al limite, le sole Enna e Ragusa. Travagliato il cammino della riforma siciliana, bocciata una prima volta dallo stesso Parlamento dell’isola, poi dal Governo nazionale perché in contrasto con la Delrio. Per adeguarla alla Delrio sono state necessarie ben otto modifiche legislative, di cui soltanto tre per posticipare le elezioni nei Liberi Consorzi. Che infatti sono tutti retti da commissari che si avvicendano in media ogni sei mesi (la Regione ne ha nominati già 60). Ora peraltro - sostiene l’articolo - si starebbe pure valutando la possibilità di realizzare una “controriforma”, con l’elezione diretta di presidente e consiglieri e quindi, sostanzialmente, ripristinando le vecchie Province. Margherita Rizza, commissario a Enna, giudica la riforma Crocetta “sostanzialmente fallita” e sottolinea come, a differenza di quanto fatto nelle Province a statuto ordinario, in Sicilia non si sia provveduto, nel momento del passaggio ai Liberi Consorzi, né a modificare le competenze rispetto a quelle delle “vecchie” Province, né a ridurre il personale. Però il contributo richiesto dalla Delrio alle Province siciliane è stato di ben 255 milioni: quindi stessi costi di prima ma molte meno risorse. il Pasticcio è servito e, senza un intervento da parte dello Stato, non c’è speranza che se ne possa venire a capo.