Dal “Corriere del Mezzogiorno”, 5 casi emblematici raccontano la crisi delle Province
“5 Province sull’orlo del baratro” (di Salvatore Avitabile su “L’Economia del Corriere del Mezzogiorno” del 24 aprile 2017)
Nel generale quadro di grande difficoltà finanziaria che tutte le Province italiane stanno affrontando - soltanto parzialmente migliorato dalle risorse aggiuntive stanziate di recente dal Governo, che restano comunque molto al di sotto del fabbisogno necessario all’esercizio delle funzioni fondamentali stimato dal Sose (società facente capo al ministero dell’Economia) - il “Corriere del Mezzogiorno” racconta le storie di cinque Province del Sud, probabilmente rappresentative nella loro estrema problematicità. Provincia di Lecce Era una delle Province più dinamiche del Sud, con un organico di 762 dipendenti. A distanza di tre anni dalla riforma Delrio, i dipendenti sono scesi a 250 e l’Ente è a rischio default con un disavanzo di 28 milioni di euro. Secondo il suo presidente Antonio Gabellone, ex sindaco di Tuglie e a capo dell’Upi Puglia, la Provincia non ha più le risorse per garantire i servizi che ancora le spettano: la gestione delle strade provinciali, la gestione degli istituti di istruzione secondaria e la tutela e valorizzazione dell’ambiente. Peraltro il Salento è un territorio senza autostrade e, tolte tre arterie a gestione Anas, le strade di competenza provinciale senza alcuna gestione per mancanza di fondi sono centinaia. Inoltre la Provincia ha dovuto da tempo revocare i contratti con le società miste e i lavoratori, come è stato il caso di quelli di Alba Service, hanno dato il via a proteste plateali come l’occupazione del tetto della chiesa di Santa Croce, simbolo barocco di Lecce.
Provincia di Caserta Il 29 dicembre 2015 l’allora presidente Angelo Di Costanzo, in concomitanza con la dichiarazione di dissesto finanziario, ebbe a promettere: «Con oggi non abbiamo decretato il fallimento dell’Ente ma, semplicemente, un disequilibrio per il bilancio del 2015. Nel 2016 approveremo tranquillamente il bilancio stabilmente riequilibrato svolgendo tutte le funzioni di nostra competenza». Purtroppo non è andata così, Di Costanzo è stato travolto da guai giudiziari e la Provincia ha ora un presidente facente funzioni. Nel 2016 l’apertura dell’anno scolastico è stata a rischio fino all’ultimo vista l’assenza dei certificati di agibilità nella stragrande maggioranza dei 93 edifici scolastici gestiti dalla Provincia e comunque, una volta partito, l’anno è stato contrassegnato dalla mancanza di manutenzioni e di fornitura di gasolio alle scuole. L’ultimo atto, qualche settimana fa, è stata la sospensione delle attività pomeridiane in tutti gli istituti superiori. Intanto le strade provinciali vedono uno stato di totale abbandono e, dall’inizio di quest’anno, si è dovuto ricorrere a forme di finanza creativa per poter assicurare lo stipendio ai dipendenti. Fino a marzo, però, perché ad aprile i 290 impiegati della Provincia e i 64 dipendenti della in house Terra di Lavoro non riceveranno stipendio. Ultima ciliegina sulla torta: da aprile la Provincia ha dovuto sospendere il contratto con l’impresa di pulizie e il dirigente delle Politiche del lavoro ha scritto al ministro dell’Interno e al prefetto per denunciare il “rischio sanitario connesso all’insalubrità dei luoghi”.
Provincia di Vibo Valentia La Provincia è in dissesto finanziario dal 2013, con un debito che nel 2012 ammontava a circa 50 milioni di euro. A questo si aggiungono i debiti accumulati fino ad oggi: l’Ente paga 7 milioni all’anno soltanto per i mutui contratti e lo squilibrio di cassa annuale si aggira intorno ai 5 milioni, visto che la spesa ordinaria è di circa 13 milioni annui ma le entrate si fermano a 8 milioni. «Presiedo un Ente bloccato - spiega il presidente Andrea Niglia - in alcune Province è stata effettuata la rimodulazione dei mutui, ma soltanto in quelle virtuose. Per noi, come in una sorta di cane che si morde la coda, che viviamo in una condizione gravissima, non c’è stata alcuna possibilità di farlo». I dipendenti, passati da 400 a 130, spesso non ricevono lo stipendio. Non sono stati ancora pagati dall’inizio di quest’anno e, nel 2016, sono stati 7 mesi senza ricevere busta paga. «E’ chiaro - continua Niglia - che non possiamo garantire neanche la gestione dei due principali servizi (strade e scuole) che per legge ancora spettano alle Province. Riceviamo in media ogni giorno dieci citazioni in giudizio per danni alle vetture che transitano per le nostre dissestate strade. Del resto la manutenzione è ferma, per mancanza di fondi, al 2012. Abbiamo, inoltre, appena ricevuto lo sfratto per il liceo scientifico di Vibo Valentia per il quale non siamo riusciti a pagare la locazione». L’Ente si limita quindi a gestire pratiche amministrative, ma non sempre, visto che a volte mancano i soldi per l’acquisto della carta per le fotocopie e dei toner per le stampanti.
Provincia di Enna In Sicilia la situazione della riforma Crocetta, che ha addirittura anticipato la Delrio, istituendo al posto di 6 delle nove vecchie Province i “Liberi consorzi comunali” è bloccata da un impasse burocratico che si trascina da mesi, aggravato inoltre da una cattiva gestione che vede spese pazze, costi di gestione onerosissimi e benefici minimi per i cittadini. In questa situazione spicca la (ex) Provincia di Enna: secondo la Corte dei conti, a fronte di una media nazionale pro-capite di 22,9 euro, ad Enna si spende il triplo (61,83 euro). Per le ex province siciliane si sarebbe dovuto procedere ad elezioni entro il 26 febbraio 2017, ma una legge regionale votata il 26 gennaio ha prorogato il commissariamento degli Enti fino a fine 2017. I commissari straordinari però sono scaduti dal 26 febbraio e, a tre mesi dalla legge regionale, la Giunta Crocetta non ha provveduto a confermare i commissari uscenti né a nominarne di nuovi, lasciando le ex Province nel caos totale e in una situazione finanziaria drammatica. Secondo il presidente della commissione Bilancio della Regione Sicilia, Vincenzo Vinciullo, servirebbero urgentemente alle ex Province 211 milioni di euro: «Il Governo però non ha formulato nessuna soluzione, e il prelievo forzoso che viene imposto alle ex Province da parte dello Stato è di 260 milioni».
Provincia di Matera Quella di Matera sembrerebbe la classica eccezione: grazie alla gestione oculata delle risorse maturata nel corso degli anni, la Provincia ha ereditato un avanzo di bilancio, un suo speciale “tesoretto”, che le ha consentito di superare le ristrettezze imposte dalla riforma Delrio. Un bilancio quindi chiuso in equilibrio, grazie ai risparmi storici, per l’Ente guidato da Francesco De Giacomo, che è anche sindaco di Grottole. Ma quanto potrà durare ancora? «La realtà non è certo da favola - sostiene De Giacomo - non si può continuare in queste condizioni. Riceviamo continue citazioni in giudizio per i danni causati da una viabilità stradale che non può essere manutenuta come dovrebbe. Poi ci sono i disagi causati dai cinghiali agli agricoltori, che a loro volta citano la Provincia per i danni subiti. La nostra preoccupazione è alta perché rischiamo un immobilismo gestionale che al danno aggiunge la beffa. Bisogna ridare la dignità costituzionale all’Ente e, di conseguenza, le relative risorse finanziarie, visto quanto ha stabilito il referendum». Con 19 milioni di entrate dirette trasferite allo Stato per effetto della Delrio e una riduzione dell’organico, che da 360 è passato a 200 dipendenti, oggi alla Provincia di Matera mancano soldi e personale. «E’ necessario fissare i costi standard - prosegue De Giacomo - per definire l’entità dei trasferimenti statali che spettano ai singoli Enti in base alle proprie caratteristiche. Abbiamo bisogno di risorse per garantire almeno i servizi fondamentali, altrimenti rischiamo denunce per responsabilità che non sono nostre».