Lo smaltimento dei rifiuti divide in due l’Italia: sprechi e inefficienze al Centro-Sud, business redditizio al Nord
I miliardi nel cassonetto chi vince e chi perde nel grande business dei rifiuti (di Daniele Autieri su “La Repubblica Affari & Finanza” del 22 maggio 2017)
“Segui i camion, e scoprirai uno dei più grandi trasferimenti di ricchezza del nostro Paese”, queste le parole di un alto dirigente del ministero dell’Ambiente all’autore dell’articolo. Mentre città come Roma e Napoli e diverse regioni, tutte concentrate al Centro-Sud, sono alle prese da anni con l’emergenza rifiuti, in altre parti d’Italia, tutte al Nord, le aziende meglio organizzate (sia private che a controllo pubblico) non soltanto gestiscono i rifiuti “autoctoni”, ma ricavano anche ottimi profitti trattando quelli degli altri, degli inefficienti. Il trattamento dei rifiuti urbani in Italia rappresenta un business che vale 11 miliardi di euro all’anno. Di questi, 5 miliardi servono per sostenere i costi dei 100 mila lavoratori del settore, 2 vanno per i costi operativi di gestione (camion, officine, attrezzi, etc.) e 400 milioni vengono spesi per gli investimenti in manutenzione e rinnovo delle flotte. Gli oltre tre miliardi all’anno che restano rappresentano invece il “business puro”: il costo sostenuto per smaltire e trattare i rifiuti. Una cifra che prende quasi esclusivamente la strada del Nord, con qualche incursione anche all’estero, ad esempio in Austria dove arrivano da Roma ben tre treni merci carichi di rifiuti ogni giorno. Se il futuro del trattamento dei rifiuti dovrà essere il riciclo, come peraltro certificato da diversi studi e richiesto dall’Unione europea, anche qui è solo al Nord che si riesce a fare business per il momento. Secondo le ultime stime fatte dall’Ispra - l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale - la quota di raccolta differenziata sul totale ha raggiunto il 47,5%. All’interno della differenziata, la raccolta di rifiuti organici è quella ad essere cresciuta di più passando da 2,7 a 5,7 milioni di tonnellate all’anno. Un business molto ricco per chi ha investito in impianti di compostaggio. In Italia ne esistono 263, in maggioranza nel settentrione. Il Friuli Venezia Giulia, ad esempio, ha sviluppato un impianto enorme dalle parti di Pordenone in grado di gestire una quantità superiore a quella prodotta dall’intera regione. E infatti arrivano 150.000 tonnellate di organico all’anno dal Lazio, che paga 80 euro a tonnellata, contro i 50 richiesti per l’organico friulano. L’impianto è gestito da una società veneziana controllata da privati, - la Bioman - che produce utili ed è efficiente, tant’è che nei territori tra Treviso e Pordenone dove opera la differenziata ha raggiunto l’80% del totale. Collegata alla Bioman, ma controllata dal Comune di Este (PD), è la Sesa, che gestisce l’impianto di Padova: 400.000 tonnellate di organico all’anno, di cui 100.000 provenienti dalla Campania.
Nei termovalorizzatori, invece, nel 2015 sono stati inceneriti 5,5 milioni di tonnellate di rifiuti secchi provenienti dai Tmb, gli impianti di trattamento meccanico-biologico che separano l’umido - che va in discarica - dal secco. Ben 3 milioni di tonnellate, oltre la metà del totale, quindi, sono stati inceneriti nei 13 termovalorizzatori della Lombardia e negli 8 dell’Emilia Romagna, e il 30% circa dei rifiuti trattati sono arrivati da fuori regione. Soltanto Lazio e Campania per far incenerire i propri rifiuti al di fuori dei propri confini spendono 120 milioni di euro all’anno. Comunque, quale che sia il passaggio necessario a smaltire i rifiuti, il costo finale è sempre sostenuto dai cittadini. L’efficienza di chi è riuscito a organizzarsi per smaltire i propri rifiuti e a fare business con quelli degli altri si riflette direttamente sulla tassa sui rifiuti applicata dai Comuni. Brescia, ad esempio, che controlla insieme a Milano la multiutility da 5 miliardi di fatturato A2A, ha la tassa più bassa d’Italia, inferiore del 35% rispetto alla media nazionale. Più in generale, il costo medio sostenuto da ciascun cittadino per la gestione dei rifiuti è generalmente inversamente proporzionale al grado di efficienza raggiunto nella regione di appartenenza. Si va così dai 126 euro pagati da ciascun veneto, il più basso in assoluto, al più caro che è quello pagato dai sardi: 286 euro. In mezzo, i prezzi più bassi sono quelli pagati dai cittadini del Nord - 154 euro in Lombardia, 148 in Trentino, 152 in Friuli - e i più alti quelli pagati dai cittadini del Centro-Sud: 251 euro nel Lazio, 271 in Calabria, 222 in Abruzzo.