Il presidente della Coordinamento Nazionale Associazioni Imprenditori (Cnai), Orazio di Renzo, parla delle difficoltà per mantenere in vita i Centri di Assistenza Fiscale (Caf) facendo notare come "la spinosa questione di addebitare al Caf la maggiore imposta accertata a carico del contribuente, ha tagliato le gambe a moltissimi centri minori, incapaci di far fronte alle richieste economiche dell' Erario. Ora, tra tagli e mole di lavoro, la macchina fiscale rischia grandemente di incepparsi. Non si può continuare a lavorare in perdita", arrivando poi a palesare un lecito dubbio: "Ci chiediamo quale vantaggio potrebbe trarne, lo stato, della chiusura di buona parte dei Caf. Perché è di questo che stiamo parlando: di una realtà che sta svolgendo la propria attività, che ricordiamo essere anche sociale, praticamente lavorando in perdita".
Di certo non nasconde il riferimento al cosiddetto visto di conformità, che si è rivelato un errore pagato a caro prezzo soprattutto dai Caf. Il visto è quella prova che serve a certificare la conformità delle dichiarazioni fiscali, riguardanti i documenti che i cittadini presentano, esibite nel modello 730. Dall'entrata in vigore del visto di conformità, le cose si sono fotte insostenibili per molti Caf. Di Renzo spiega che "Se in precedenza i Caf erano responsabili in solido solo in caso di sanzione, con la legge di Stabilità 2016 il Caf risponde dell' imposta, della sanzione e degli interessi", in pratica il problema risiede nel modo in cui "la matrice incostituzionale della norma ci porta a credere che ci sia la volontà di ridimensionare il ruolo dei vari centri di assistenza fiscale. Per giunta, i crediti del fisco relativi agli accertamenti sui redditi, sono divenuti pure di difficile esigibilità; è sicuramente molto più facile pretenderli e ottenerli da un soggetto giuridico che presta garanzie e dal quale sono pretese per operare".
Un'altra critica è mossa al modo in cui questo sistema tenda indirettamente a favorire quei Caf legati ai confederati e ai sindacati. Per Di Renzo, dietro si nasconde una fin troppo ovvia intenzione politica, tesa a mantenere o conquistare voti da bacini di utenza importanti, come sono questi specifici Caf, al contrario degli altri di minor impatto.
All'attuale, secondo Di Renzo, non resta che sperare che il nuovo governo si decida a revisionare quella serie di norme che finiscono (direttamente o indirettamente) a ledere il lavoro dei Caf, arrivando ad impedire la funzione dei centri minori.
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