La Rivista del Sindaco


FOIA, SODDISFATTE SOLTANTO 27 RICHIESTE SU 100

Qualità della PA
di La Posta del Sindaco
21 Aprile 2017

Secondo una recente indagine, il Freedom of information act è ancora largamente disatteso

La trasparenza resta opaca (di Nicoletta Martinelli su “Avvenire” del 21 aprile 2017)
Forse non tutti i cittadini ne sono a conoscenza, ma dallo scorso 23 dicembre è in vigore la legge che garantisce l’accesso civico ai dati o ai documenti in possesso delle pubbliche amministrazioni, locali e centrali. Fatte salve alcune limitate questioni concernenti, ad esempio, la sicurezza dello Stato, qualunque cittadino può avere diritto di accesso a un numero quasi illimitato di questioni concernenti la pubblica amministrazione. Ad esempio: quanto destina un Comune alle spese di rappresentanza, che curriculum ha un sindaco, quanto sono costati i fuochi d’artificio della sagra paesana, il menu della scuola cui si vuole iscrivere il proprio figlio o le ispezioni che sono state fatte (o non fatte) nella pizzeria sotto casa dall’ufficio di igiene. E così via. Il tutto a costo zero - o soltanto quello delle eventuali fotocopie - e senza dover fornire alcuna motivazione particolare: è sufficiente anche la semplice curiosità. Dal canto loro, gli uffici pubblici sono tenuti a rispondere alle richieste dei cittadini entro trenta giorni. Una vera rivoluzione a favore della trasparenza amministrativa, almeno in teoria, introdotta da uno dei decreti attuativi (il cosiddetto Dlgs Trasparenza approvato nel maggio del 2016) della riforma della pubblica amministrazione voluta dal ministro Marianna Madia. Invece di chiamarlo “atto per la libertà di informazione”, si è scelto di dargli il più altisonante nome di Freedom of information act, e dal Governo è stato annunciato alla stregua di novità epocale. Ora però, stando almeno ad una indagine condotta dall’Ong “Diritto di sapere” - una organizzazione non governativa che si occupa di tutela e promozione del diritto di accesso alle informazioni - il Foia risulterebbe un obbligo largamente disatteso. Infatti, in un sondaggio che ha coinvolto giornalisti, cittadini e altre organizzazioni come Legambiente e Transparency International sono state inviate 800 richieste di accesso ad atti e documenti a numerose pubbliche amministrazioni in tutta Italia. Le domande poste sono state tra le più varie - dall’utilizzo dei fitosanitari nell’agricoltura alla spesa pubblica per l’accoglienza dei migranti, dai finanziamenti dei centri antiviolenza alla presenza nell’acqua di sostanze potenzialmente nocive - e nel 73% dei casi non è stata ottenuta alcuna risposta. Secondo la giornalista, si tratterebbe dell’ennesima “occasione mancata” e il Foia sembrerebbe nato morto. “Eppure - questa la condivisibile, seppur molto amara, conclusione dell’articolo - renderlo efficace ed efficiente sarebbe una spinta ed uno stimolo alla partecipazione del cittadino all’attività amministrativa, a familiarizzare con strutture ed uffici spesso vissuti come ostili, uno strumento di democrazia e partecipazione civile. A chi serve una trasparenza così opaca?”. E un Foia davvero rispettato e sentito come propria parte organica dalla macchina amministrativa, come cioè un diritto realmente riconosciuto al cittadino di poter “ficcare il naso” nel proprio operato, non sarebbe anche un freno o quanto meno un ostacolo valido alla tentazione di cadere in comportamenti sconfinanti nell’illegalità e nella corruzione? Questa ultima domanda non è contenuta nell’articolo, ma è sorta spontanea alla redazione.

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