Con la sentenza n. 6229/2018, il Consiglio di Stato, Sezione VI si è pronunciato in merito ad un'opera abusiva realizzata in contrasto al vigente strumento urbanistico in un'area sottoposta a vincoli, considerandola insanabile.
Un comune ha proposto l'appello, preso in esame dal Consiglio di Stato, dopo essersi ritrovato avverso alla sentenza di primo grado in cui si era accolta favorevolmente una domanda di annullamento del permesso in sanatoria acconsentito in relazione all'intervento edilizio realizzato in zona sottoposta a vincolo idrogeologico. Per il Comune il proprio operato era legittimo, in seguito alla richiesta di nulla osta all'Autorità preposta a tutelare il citato vincolo, prima della domanda di condono, concludendo che lo stesso rientra nella zona di completamento e non in quella di inedificabilità.
Il Consiglio di Stato ha però respinto l'appello, portando all'attenzione come l'articolo 32, comma 27, lettera d, DL 269 del 2003 esplicita che le opere realizzate abusivamente in zone sottoposte a vincoli sono ritenute sanabili solo in caso si verifichino anche le seguenti e specifiche condizioni:
- si tratti di opere realizzate prima dell'imposizione del vincolo;
- anche se realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, devono essere conformi alle prescrizioni urbanistiche;
- si tratti di opere minori e senza aumento di superficie;
- sia riscontrabile il preliminare parere dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo. In particolare, già in sede di primo grado, con riferimento ad un primo provvedimento di concessione edilizia (che si è vista poi annullata dal Tribunale amministrativo regionale) era accertata, con giudicato, la difformità urbanistica.
Sul condono edilizio in questione e la sua disciplina, quindi, il Giudice di secondo grado ha confermato che l'ulteriore accertamento sulla collocazione dell'opera in zona di completamento o in area non edificabile è da ritenersi superfluo, data la sua vicinanza al meccanismo di accertamento conforme all'articolo 36, Dpr 380 del 2001. L'articolo stabilisce che l'intervento non è sanabile, proprio in assenza della conformità urbanistica. Si conferma l'ordinamento per cui nelle aree sottoposte a vincolo paesaggistico il cosiddetto "terzo condono edilizio" sia applicabile solo alle opere minori e agli immobili già esistenti, sempre che risultino conformi alle norme urbanistiche.
Infine, si è precisato come il condono in questione non sia possibile "in applicazione del meccanismo di cui all' articolo 32 della legge n 47 del 1985 che, per la sanatoria di opere realizzate su aree sottoposte vincoli di carattere paesaggistico, la preclude solo in caso di parere negativo dell' autorità preposta alla tutela del vincolo stesso», portando all'attenzione come anche «la legge n. 326 del 2003, infatti, pur collocandosi sull' impianto generale della legge n. 47, norma in maniera più restrittiva le fattispecie di cui si tratta, poiché con riguardo ai vincoli ivi indicati (tra cui quelli a protezione dei beni paesistici) preclude la sanatoria sulla base della anteriorità del vincolo senza la previsione procedimentale di alcun parere dell'Autorità ad esso preposta, con ciò collocando l' abuso nella categoria delle opere non suscettibili di sanatoria (ex articolo 33 legge n. 47 del 1985)".
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