La Rivista del Sindaco


Per evitare il dissesto societario, i sindaci non si devono limitare alla denuncia

Dirigenza degli Enti Locali
di La Posta del Sindaco
17 Settembre 2018

I sindaci considerati inerti, che non hanno agito in maniera fattiva al fine di evitare l'illecito gestorio, sono considerati responsabili, secondo la sentenza 21662/18 della Corte di cassazione, depositata il 5 settembre 2018. I sindaci sono tenuti ad usare tutti i poteri a loro disposizione, in maniera concreta, ovviamente nei limiti imposti dalla legge, al fine di evitare, da parte degli amministratori, la commissione di atti tesi a causare il dissesto della società, e la successiva copertura di questo.

Per ritenersi esonerati da ogni responsabilità, i sindaci in oggetto hanno ritenuto sufficiente denunciare lo squilibrio della struttura patrimoniale nella relazione patrimoniale e finanziaria, e sottoporre la necessità di un risanamento, ma questo corso d'azione non è stato ritenuto bastante, perché conseguenza dell'omesso controllo sul bilancio relativo all'anno precedente in cui sono stati commessi i fatti attribuiti agli amministratori. Per i giudici, un fatto determinante allo scopo di stabilire le responsabilità dell'organo di vigilanza, è stata la sola presenza delle denuncia nella relazione, mancante di qualsiasi tipo di sollecitazione dei soci in assemblea o del pubblico ministero al fine della denuncia, secondo l'articolo 2449 del Codice civile.

La colpa si profila quindi secondo due aspetti: in base alla conoscenza, se il sindaco non ha posto rilievo sulla condotta inadempiente dell'organo gestorio e in base all'attivazione, se omette di utilizzare i suoi poteri ostacolanti, pur consapevole della situazione. Quando l'amministrazione di una società per azioni agisce contro la legge, la Corte Suprema ha quindi stabilito che i sindaci sono obbligati a denunciare (sia in modo interno che esterno alla società) e utilizzare i poteri a loro concessi per intervenire con rapidità sull'illecito. Arrivando a poter richiedere e obbligare gli amministratori a seguire un certo comportamento, per correggere le azioni in atto, senza "limitarsi ad una blanda, inefficace critica".

I sindaci che non intervengono in maniera decisa, rischiano di ritrovarsi a concorrere all'illecito civile commesso dagli amministratori della società, con l'accusa di aver omesso l'esercizio dei propri poteri-doveri. Se il patrimonio sociale ne risultasse intaccato, con conseguente insufficienza del medesimo a soddisfarli, si aggiungerebbe la responsabilità verso i creditori sociali.

Risulta chiaro come l'adempimento dell'incarico di un sindaco in questo frangente non si limiti al compimento delle attività specificate nella legge, ma riguarda anche lo svolgere ogni atto necessario ad assolvere il proprio incarico in maniera integra. Si inizia quindi, in caso di conoscenza di irregolarità, con la segnalazione al pubblico ministero, per permettergli di formulare la richiesta ai sensi dell'articolo 2409 del Codice civile (come deciso dalla Cassazione con 22911/2010 e 252/1997) e si prosegue con la denuncia al tribunale.

Con la riforma del diritto societario si è intervenuti, con l'articolo 2403 del Codice civile, "sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento", ma i doveri di controllo imposto ai sindaci erano stabiliti con margini ampi, al fine di estenderli a tutta l'attività sociale, e non solo nell'interesse dei soci. Il controllo deve concretizzarsi nel potere di informarsi sullo stato della società e sulle decisioni in atto e sulla possibilità di intervenire per evitare condotte non conformi alla legge, con controlli anche più intensi verso certe strutture societarie, come le società a ristretta base familiare o le società cooperative.

 


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