La diminuzione del numero di alunni e il relativo dimensionamento del comparto scolastico hanno portato all'unificazione in un solo istituto di molte scuole. Questi accorpamenti hanno interessato anche istituti di diversi comuni, fatto che ha portato numerosi dirigenti scolastici a dover ricollocare personale docente, in modo da far fronte a questa nuova esigenza. Trasferimenti in tutto e per tutto considerati d'ufficio, che in realtà sarebbero soggetti a procedure più complesse del semplice assegnamento a una classe. Molti docenti che insegnano da anni in un comune, si sono quindi visti trasferire in sedi scolastiche di un altro comune, a partire da questo 1° settembre.
Soprattutto, ma non solo, negli istituti di istruzione secondaria di II grado, questo fenomeno è diventato particolarmente vasto, portando anche all'unificazione dei codici dei vari plessi. Quindi se prima tre istituti separati avevano altrettanti codici distintivi, per identificare gli organici, ora questo codice è diventato univoco. Il codice identificati, tra le altre cose, serviva a mantenere in regola l'organico e gli spostamenti di questo: in caso di contrazione del numero delle classi, era il docente con minor punteggio nella graduatoria d'istituto ad essere considerato perdente posto, basandosi sulle strette regole previste dal contratto di mobilità.
L'arrivo della legge 107/2015 ha portato invece all'accorpamento di codici e graduatorie dei singoli plessi in un unico organico dell'istituzione scolastica, che ha sede in più comuni, portando così i dirigenti ad assegnare i docenti alle classi, senza considerare che in questo modo ad alcuni viene di fatto a subire una modifica definitiva della sede geografica di prestazione. Per questo si arriva a parlare di vero e proprio trasferimento (stando alla sentenza n. 22695 del 2.11.2011 della sezione lavoro della Cassazione) e non di ricollocazione, anche se si dovrebbe parlare di trasferimento d'ufficio, che invece dovrebbe essere attuato solo seguendo i principi di buona fede e rispetto, come previsto dagli articoli del Codice Civile n. 1175 e n. 1375. Ovvero, adattando le necessità dell'amministrazione con le esigenze familiari e personali del docente (sentenza 6279 del 27.11.2000 del Consiglio di Stato), ma soprattutto chiarendo i presupposti e fornendo le giustificazioni giuridiche e di tale trasferimento, in mancanza delle quali il provvedimento di assegnazione viene considerato illegittimo (come stabilito dalla Corte di Cassazione , con la sentenza n. 15618 del 15 luglio 2011).
Proprio al fine di evitare un potenziale contenzioso, il ministero dell'istruzione emanò una nota, il 1° settembre 2011, in cui si ricordava ai dirigenti scolastici come "tutti i docenti hanno diritto di permanere nel plesso in cui operano" in modo da far si che "il rispetto della continuità educativa-didattica sia considerato obiettivo primario". A questo si aggiunge il dovere, da parte del dirigente, di confrontarsi con il collegio docenti, al fine di risolvere al meglio queste situazioni. Eppure, nell'ignoranza delle procedure sopracitate, molti sono i dirigenti che hanno assegnato docenti a classi in altri comuni, decidendo in completa autonomia. Se in sede di rinnovo contrattuale si era cercato di porre un freno a questi comportamenti con il cosiddetto confronto (una novità contrattuale che permette di acquisire un documento ufficiale, in cui risultino le divergenti posizioni tra amministrazione e delegazione sindacale) ad oggi questo non ha portato ad alcun cambiamento, portando le amministrazione a rischiare una nuova serie di contenziosi.
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