Dopo le prime mosse, ora il governo passa al progetto di rilanciare gli investimenti pubblici già da tempo stagnanti e senza alcun segno di ripresa imminente, questo perché gli effetti della crisi finanziaria pubblica continuano ad oggi a pesare sui modi in cui lo Stato può gestire le risorse. Se gli alti e bassi della spesa statale hanno seguito il flusso della crisi (tra il 2010 e il 2014) è nella ripresa che la situazione ha subito un effetto calma piatta.
Dopo l'ultima riforma, il bilancio di Stato mostra chiaramente anche al cittadino di cosa si è occupata la spesa pubblica gli ultimi anni: nel 2017 gli investimenti per la mobilità e trasporti hanno registrato un calo del 19,8% e del 20,7% per quanto riguarda le infrastrutture rispetto a 10 anni fa, e la flessione risulta peggiore (32,2%) per la difesa del territorio e raggiunge il -54% alla voce ambiente e sviluppo sostenibile. Un'apparente controtendenza è mostrata dal settore competitività e sviluppo delle imprese (con un aumento del 38%), ma questo è facilmente spiegabile perché in questo rientrano gli interventi per la ricostruzione avvenuti in seguito ai terremoti degli ultimi anni. Simile discorso per la voce sviluppo del territorio, in aumento, perché gode dei cofinanziamenti per i fondi dell'Unione Europea.
Anche riguardo la spesa corrente la crisi ha sortito i suoi effetti, portando a un aumento in specifici settori. La voce lavoro mostra ben il +430% di aumento, la maggior parte del quale è costituito dagli ammortizzatori sociali che hanno provato a contrastare la caduta dei livelli occupazionali mentre un +24% (sempre su base decennale) riguarda la spesa per il welfare per combattere le ricadute sociali.
Per fermare questa tendenza, secondo il comitato interministeriale per gli Affari europei si deve effettuare un cambio di rotta negli investimenti, a cui segue la volontà, espressa alcuni giorni fa dal ministro dell'Economia Giovanni Tria, di congelare in termini nominale la spesa corrente; una manovra che per essere attuata in pieno ha bisogno di fermare la spesa pubblica corrente e ad oggi era stata suggerita solo da +Europa, il partito euro-entusiasta di Emma Bonino. Nell'ottica del congelamento della spesa corrente, alcuni problemi sorgono per quanto riguarda la sanità (già in crisi senza bisogno di ulteriori tagli), mentre si parla di "recuperare tutte le risorse sottratte in questi anni con le misure di finanza pubblica" al fine di "ridurre al minimo la compartecipazione dei cittadini", stando a quanto scritto nel contratto di governo. Un altro nodo da sciogliere sarà quello dei contratti nel pubblico impiego, per cui tra stipendi e blocco assunzioni costano la medesima cifra da dieci anni, e che nel 2019 andranno rinnovati.
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