Risparmi in eccesso e fallimento degli scambi di spazi fiscali tra Comuni
Comuni, 6,4 miliardi di “surplus” non speso (di Gianni Trovati su “Il Sole 24 Ore” del 14 luglio 2017)
L’allarme sugli investimenti lo ha lanciato ultimamente lo stesso ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, chiamando in causa le scarse capacità della pubblica amministrazione di spendere, e soprattutto di “spendere bene”. Per una volta il ritardo negli investimenti non sarebbe dovuto alla scarsità di risorse disponibili, e perfino uno sforzo ulteriore nella prossima legge di stabilità potrebbe non dimostrarsi sufficiente a superare l’attuale impasse, perché la soluzione del problema non sembra essere nelle mani del Governo quanto piuttosto in quelle delle amministrazioni locali, e dei Comuni in particolare. Dai Municipi italiani passa infatti la quota maggiore degli investimenti pubblici e del tipo che più velocemente si traducono in lavori effettivi e quindi in crescita reale del Pil. Nonostante i diversi tentativi fatti dai Governi in questi anni per cercare di incoraggiare gli investimenti, e nonostante le attese di rilancio che hanno accompagnato l’addio al Patto di stabilità e la riforma del Codice degli appalti, “l’encefalogramma dei pagamenti resta piatto”. Nei primi cinque mesi del 2017 i Comuni hanno attivato spesa in conto capitale per 9.727 milioni: ovvero lo 0,27% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e lo 0,45% in meno rispetto al 2015, quando peraltro il Patto di stabilità, seppur in forma diluita, era ancora in vigore. Se poi lo sguardo si allarga a Province e Città metropolitane, il panorama si fa ancora più sconfortante e tanto di più se si considera che, negli anni dal 2010 al 2016, la crisi delle finanze pubbliche ha causato una diminuzione degli investimenti pari al 20%. Il problema della mancata ripresa della spesa in conto capitale diventa paradossale, sottolinea l’articolo, se lo si incrocia con il dato relativo all’aumento costante dell’overshooting da parte dei Comuni. Vale a dire che ogni anno i Comuni superano abbondantemente gli obiettivi di risparmio assegnati dalle varie manovre finanziarie. Secondo la Ragioneria generale dello Stato il fenomeno sarebbe in costante crescita: nel 2014 i Comuni avrebbero risparmiato 1,6 miliardi in più di quanto richiesto dalle regole di finanza pubblica; nel 2015, 2,3 miliardi e, l’anno scorso, hanno raggiunto la cifra record di 6,4 miliardi di euro. Su questo ultimo dato, i sindaci sostengono che ad una tale cifra si è arrivati per via degli accantonamenti obbligatori introdotto dalla riforma dei bilanci, mentre l’obiettivo di finanza pubblica sarebbe stato superato di “soli” 2,5 miliardi. Comunque la si voglia mettere, sottolinea l’articolo, anche dopo aver abolito il Patto di stabilità, da tutti considerato un “ammazza-investimenti”, e aver introdotto dei meccanismi di “solidarietà” tra territori che avrebbero dovuto facilitare le possibilità di investimento proprio dove ce ne fosse stato maggiore bisogno, la svolta da tutti attesa ed auspicata non c’è stata. I nuovi meccanismi di “mercato degli spazi finanziari” per consentire agli Enti maggiormente in salute, cioè con possibilità di investimento superiori alle loro esigenze, di cedere una parte di queste capacità agli Enti in difficoltà non hanno funzionato. Chi cede ottiene dei bonus, e chi acquista deve compensare gli aiuti negli anni successivi. Lo scambio può avvenire con la Regione (patto “verticale”) o direttamente tra Comuni (patto “orizzontale”). Quest’anno gli scambi verticali hanno messo a disposizione 25 milioni, e quelli orizzontali 125, tutti al Centro-Nord. Praticamente nulla. Ora una spinta in più agli scambi di spazi fiscali potrebbe arrivare ora dal patto nazionale, ideato per far fare allo Stato quello che le Regioni - malgrado anche loro abbiano due miliardi di risparmi di troppo nei bilanci - non riescono a fare. Comunque, quello dell’ennesimo tentativo per cercare di far fare il salto di qualità agli investimenti sarà il tema dominante nelle discussioni di finanza locale in vista della prossima legge di bilancio. Sul punto, visto il carattere strutturale dei risparmi in eccesso, i sindaci chiedono di destinarne una parte al finanziamento dei meccanismi di solidarietà, sperando così di riuscire a generare dei numeri un po’ più consistenti di quelli visti finora.