Un’analisi dell’Ufficio valutazione impatto del Senato su una forma di finanziamento molto utilizzata dalle Pa e dai Comuni in particolare
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La Posta del Sindaco
09 Maggio 2018
Sebbene l’Italia abbia un’elevata incidenza della spesa pubblica sul Pil, nel 2016 pari al 49,6%, la percentuale destinata agli investimenti è modesta: il 2,1% (sempre nel 2016). Nel 1999 era pari al 2,9% e soltanto a partire dal 2015-2016 è tornata al livello del 2002, dopo diversi anni di drammatico calo iniziato a partire dal 2008. Tra il 2008 e il 2016 gli investimenti si sono ridotti di 71 miliardi, 58 dei quali riconducibili ai privati. Negli stessi anni il calo degli investimenti pubblici è stato di oltre 13 miliardi, il 27% in meno. Questi sono alcuni dati di contesto forniti dallo studio pubblicato di recente dall’Ufficio valutazione impatto del Senato che, uniti ai numeri relativi alla decrescita costante dei trasferimenti erariali e alla drastica flessione dei mutui per investimenti, spiegano perché il Partenariato Pubblico-Privato (PPP) ha rappresentato, da almeno un quindicennio a questa parte, una risorsa importante di finanziamento per le pubbliche amministrazioni, e i Comuni in particolare. Se infatti i bandi relativi ad opere o servizi finanziati tramite PPP nel 2002 erano circa 300, nel 2016 si sono attestati sugli oltre 3.000, muovendo nel complesso una mole di risorse di 88 miliardi di euro, il 22,1% del valore delle gare per opere pubbliche bandite nello stesso periodo. La maggior parte dei bandi PPP, tra il 2002 e il 2016, ha avuto un Comune per committente: 23 mila gare su circa 28 mila (l’80% dei procedimenti con un valore pari al 37% dell’intero mercato PPP).
Il ricorso comunale ai capitali privati e al PPP, favorito dalla possibilità di superare i vincoli di natura contabile, è cresciuto dai 575 milioni del 2002 ai 4 miliardi del 2016. Tra il 2002 e il 2016 tutti i Comuni con più di 20 mila abitanti hanno commissionato, almeno una volta, un bando PPP, le gare bandite ogni anno sono passate dalle 264 del 2002 alle oltre 2.000 all’anno a partire dal 2010. Il 16% dei bandi superano il milione di euro; quelli superiori ai 50 milioni sono 68 e valgono complessivamente oltre 12,5 miliardi, mentre i cosiddetti “big deal” - i bandi superiori a 500 milioni di euro - sono 6 in tutto: tre riguardano il Comune di Milano (costruzione e gestione linee 4 e 5 della metropolitana e distribuzione del gas naturale nell’ambito Milano 1); due quello di Verona (completamento anello circonvallazione nord e gestione integrata rifiuti, verde pubblico, pulizia e sgombero neve, manutenzione fontane e derattizzazione); uno quello di Roma (concessione distribuzione gas metano). Circa un quarto dei PPP comunali riguarda gli impianti sportivi (24,8%), seguono l’arredo urbano e il verde pubblico (18,5%) e l’edilizia sociale e pubblica (18%). Le categorie che “pesano” di più però – rispettivamente il 34% e l’11% del valore complessivo dei bandi comunali PPP – sono quelle del settore energia e telecomunicazioni e del settore trasporti.
E ora le dolenti note: su 33.164 procedure censite dall’Osservatorio nazionale del PPP e bandite da tutte le pubbliche amministrazioni tra il 2002 e il 2016, 4.429 risultano come “procedimenti interrotti” (il 13%), ovvero bandi annullati e gare andate deserte o non aggiudicate per irregolarità. La percentuale sale al 30% del totale, però, nel caso dei bandi che superano i 15 milioni di euro. I procedimenti interrotti valgono nel complesso 48 miliardi di euro, un terzo del valore di quelli attivati, con una percentuale che varia molto a livello territoriale: gli interrotti sono quasi il 54% nel Mezzogiorno, il 28% nel Centro e il 23% al Nord. Se si considerano i 260 grandi contratti PPP superiori ai 50 milioni di euro banditi tra gennaio 2002 e giugno 2014 (importo complessivo di circa 80 miliardi) soltanto 151 erano ancora in corso al 31 dicembre 2014, mentre le altre 109 operazioni (il 42% del totale) risultavano interrotte. Dei 151 in corso, soltanto 55 erano arrivati alla fase di gestione.
Secondo l’analisi condotta dall’Ufficio valutazione impatto del Senato, quindi, anche se il partenariato pubblico-privato risulta ormai un modello consolidato e ricorrente di public procurement per la pubblica amministrazione italiana, e i Comuni in particolare, nello stesso tempo questo vede le proprie potenzialità arginate da alcuni elementi di criticità “sul piano decisionale, autorizzativo, finanziario, realizzativo e gestionale”.
Un primo fattore di criticità riguarderebbe i lunghi tempi tra la pubblicazione del bando e l’aggiudicazione della gara che, a cascata, causano maggiori rischi di progetto a carico del partner privato, maggiori oneri per la collettività, una minore convenienza del PPP e un rischio maggiore di insuccesso finale. I tempi dilatati, peraltro, determinano una situazione in cui spesso i soggetti privati si trovano di fronte a cambiamenti politici dell’amministrazione che rendono rischioso il loro operare. Un altro fattore di criticità determinante, particolarmente presente nei Comuni (specialmente in quelli di dimensioni più ridotte), riguarda le carenze di qualità tecnico-progettuale da parte delle stazioni appaltanti. Criticità tecniche nella formulazione delle proposte e dei bandi di gara e nella costruzione dei progetti tali da poter determinare il fallimento dell’iniziativa di PPP. Ma le difficoltà, stando allo studio, emergono anche dopo la fase dell’aggiudicazione, e riguardano la gestione dei complessi rapporti tra soggetti pubblici e privati. E quindi si assiste spesso ad un eccessivo ricorso al contenzioso, a difficoltà legate alla stipula del contratto, al raggiungimento del closing finanziario, all’esecuzione dei lavori e alla gestione dell’opera. Concludendo, secondo il gruppo di esperti dell’ufficio del Senato, sarebbe necessario affiancare alla promozione del PPP iniziative di informazione, formazione e supporto alle amministrazioni committenti. Una prassi operativa seguita in altri Paesi ma che, finora, è mancata in Italia.
Il dossier in allegato fornisce una panoramica degli investimenti pubblici e privati tra il 2002 e il 2016 con un’attenzione particolare all’operato dei principali utilizzatori dei PPP: i Comuni.
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