Nel 2017 lo scioglimento di Consigli comunali ai sensi dell’articolo 143 del Testo unico degli Enti locali (in conseguenza cioè di fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare) è più che raddoppiato rispetto ai tre anni precedenti. Questo è uno dei dati che risalta maggiormente nella
“Relazione sull’attività delle commissioni per la gestione straordinaria degli enti sciolti per infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso” per l’anno 2017 pubblicata dal dipartimento per gli Affari interni e territoriali del ministero dell’Interno. La maggior parte dei casi di scioglimento dello scorso anno si è verificata in Calabria: 12 Comuni su 21 totali. Seguono poi la Campania con 4 casi, la Puglia e la Sicilia con 2 ciascuno e la Liguria con 1. Se appare evidente, e non stupisce, che la maggiore occorrenza dei casi di scioglimento riguardi Comuni delle regioni del Sud dove la presenza delle organizzazioni mafiose è storicamente più radicata e forte, la relazione pone l’accento su un fenomeno relativamente più nuovo e che riguarda la penetrazione delle mafie – in primis della ‘ndrangheta – nel Nord Italia. Nel 2016, infatti, fu decretato lo scioglimento del Consiglio comunale di Brescello, in provincia di Reggio Emilia, nel 2017 quello di Lavagna, in provincia di Genova, cui si è aggiunto un “accesso” (il procedimento di indagine disposto dal prefetto per verificare la presenza di infiltrazioni mafiose) presso il Comune di Seregno, in provincia di Monza e Brianza. Peraltro il Comune di Seregno è attualmente sotto gestione commissariale in conseguenza delle dimissioni di massa dei consiglieri comunali – di maggioranza e minoranza – avvenuto a seguito dei riscontri rilevati dalla commissione di indagine.
Il radicamento delle organizzazioni mafiose nei Comuni del Nord, specie di piccole e medie dimensioni, è del resto stato confermato da diverse indagini giudiziarie che hanno accertato fenomeni di “delocalizzazione/colonizzazione mafiosa” nei gangli delle amministrazioni, soprattutto nei settori che si occupano di appalti pubblici e che quindi maggiormente attraggono gli appetiti dei mafiosi. La Relazione segnala anche, e ne ricostruisce le vicende, due casi di scioglimento piuttosto notevoli: quello dell’azienda ospedaliera di Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta e quello del Municipio X di Roma Capitale (il famigerato caso di Ostia), entrambi commissariati nel 2015 e con gestione commissariale conclusasi nel 2017. Malgrado nel corso degli anni si siano già verificati cinque casi di scioglimento di aziende sanitarie locali o provinciali, quello di Caserta è stato il primo caso in assoluto di scioglimento di un’azienda ospedaliera. Quello di Ostia, invece, è stato il primo – e finora unico – caso di scioglimento di una circoscrizione di decentramento comunale (seppur di circa 230.000 abitanti).
Altro dato messo in evidenza dal dipartimento è la maggiore incidenza che, stando ai dati, nei Comuni sciolti per mafia si ha a livello di casi di sofferenza finanziaria. Infatti il 9,5% di quelli sciolti nel 2017 ha dichiarato il dissesto finanziario oppure ha avviato la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale quando, l’incidenza dei Comuni in deficit finanziario rapportata al numero totale dei Comuni nel 2017 è pari a “soltanto” lo 0,9%. Nel 2017, inoltre, per cinque Comuni sciolti in precedenza si è stabilita la proroga di ulteriori sei mesi della gestione commissariale, in considerazione delle riconosciute esigenze di portare a termine i programmi avviati (come previsto dall’articolo 143 del Tuel. In questo caso si è trattato di due Comuni siciliani, uno calabrese, uno campano e uno dell’Emilia Romagna (il già citato Brescello). Quanto al numero totale delle gestioni commissariali in atto nel 2017 – comprensivo quindi dei Comuni sciolti nel 2017, di quelli sciolti in precedenza ma con gestione conclusasi nel 2017 oppure prorogata – queste sono 38. Le gestioni hanno riguardato 1 azienda ospedaliera in Campania, 1 Municipio nel Lazio, 18 Comuni in Calabria, 7 in Campania, 6 in Sicilia, 3 in Puglia, 1 ciascuno in Emilia Romagna e in Liguria. Nel 2017, infine, si è anche verificato un caso in cui il procedimento della commissione di indagine ha portato ad una dichiarazione di insussistenza dei presupposti di infiltrazione e condizionamento mafioso: è quello che ha interessato il Comune di Corigliano Calabro, in provincia di Cosenza.