La Rivista del Sindaco


PIÙ DIFFICILE EVADERE L’IMPOSTA DI SOGGIORNO PER LE LOCAZIONI BREVI

Grazie agli accordi siglati tra alcuni grandi Comuni e il colosso americano di intermediazione Airbnb
Finanza Locale
di La Posta del Sindaco
27 Marzo 2018
L’introduzione di uno specifico regime fiscale applicabile ai redditi derivanti dalle locazioni brevi (quelle di durata inferiore ai 30 giorni) si deve al decreto legge numero 50 del 24 aprile 2017 – la cosiddetta “Manovra correttiva” – convertito in legge (la numero 96) con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 21 giugno 2017. Tra le novità più rilevanti introdotte quella che ha previsto che anche i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare – compresi i gestori di portali telematici come, per l’appunto, il colosso Airbnb – debbano svolgere una serie di adempimenti fiscali. Infatti nel caso in cui gli intermediari incassino i canoni delle locazioni, è stabilito che questi debbano fungere da sostituti di imposta e trattenere il 21% dei redditi percepiti dai proprietari di casa sotto forma di cedolare secca, per poi rigirarli all’Agenzia delle entrate. Devono inoltre far pagare la tassa di soggiorno, se il tributo è stato istituito dal Comune dove la struttura ricade, e versarla direttamente nelle casse dell’amministrazione comunale. Non tutto però è filato liscio, e la riscossione non è diventata operativa immediatamente a partire dalla data di entrata in vigore della legge stessa.
 
Intanto si è prima dovuto attendere che l’Agenzia delle entrate rilasciasse un provvedimento – previsto dalla stessa legge 96/2017 – contenente le modalità di attuazione della norma. Ma anche una volta espletato questo passaggio, il 12 luglio 2017, in virtù di un articolo dello Statuto del contribuente che stabilisce che “le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione”, l’effettiva entrata in vigore della norma è slittata al 12 settembre 2017. Sembrerebbe però che, fino ad adesso almeno, la nuova norma non sia riuscita a introdurre gli effetti sperati – maggiori entrate fiscali per Stato e Comuni – a causa di difficoltà applicative per quanto ha riguardato la cedolare secca e, per l’imposta di soggiorno, a causa dei mancati accordi degli intermediari con i singoli Comuni.
 
Ma stanno per cambiare le cose, e in parte hanno già cominciato a farlo, in virtù dei singoli accordi che Airbnb, probabilmente il soggetto più grande sul mercato in questo momento, ha stipulato con alcuni importanti Comuni - Firenze, Genova, Bologna, Rimini, Palermo, Milano, Napoli – e che stanno diventando operativi in questi giorni. Peraltro, stando alle dichiarazioni dell’assessore al Turismo del Comune di Roma, alla lista dei Comuni starebbe per aggiungersi anche quello dotato di maggiore attrattività turistica in Italia (si stima che nel 2017 i turisti a Roma siano stati 14,5 milioni). Fatto sta che, con tariffe anche molto diverse tra loro in base alla maggiore o minore “esosità” delle diverse amministrazioni, adesso nei Comuni firmatari l’imposta di soggiorno sarà versata direttamente all’intermediario Airbnb al momento del pagamento del canone di affitto da parte del cliente. Sarà ora così molto più difficile evadere l’imposta. In mancanza di intese, invece, il compito di comunicare quanti turisti hanno alloggiato nelle proprie strutture continua ad essere demandato ai proprietari che, come è noto, non sempre dichiarano tutto. Stando alle stime fatte dalle amministrazioni, l’intesa stipulata con Airbnb porterà a non trascurabili maggiori entrate: nel caso di Firenze si pensa ad un gettito extra di 6,5 milioni all’anno, di Milano a circa tre milioni, a Palermo hanno quantificato in poco meno di un milione e a Napoli in circa un milione e mezzo in più all’anno. Per Roma, secondo una stima fatta dall’assessorato al Turismo, il maggior gettito dovrebbe arrivare a 20 milioni di euro all’anno.

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