Tra i tanti che sono stati pubblicati, presentiamo una sintesi di 4 articoli sul quarantennale del sisma in Friuli (6 maggio 1976).
Tra i tanti che sono stati pubblicati, abbiamo scelto di sintetizzare 4 articoli sul quarantennale del sisma in Friuli (6 maggio 1976). Il primo di essi è stato scritto da Giannantonio Stella e pubblicato sul Corriere della Sera del 4 maggio, dal titolo "L'identità più forte dei crolli - La lezione (attuale) del Friuli".
Stella comincia con il ricordare che la fama, anche all'estero, dei friulani e della loro operosità è tale che in Canada gli italiani si è soliti distinguerli in due categorie: i friulani e tutti gli altri. "Durerà dieci anni la ricostruzione del borgo, prima che l'ultimo degli abitanti possa lasciare le baracche e tornare nella sua casa. E ancora più impegnativa sarà la ricostruzione del Duomo". Si affermò in tal modo quello che fu chiamato il modello Friuli: "Ripartizione dei compiti, efficienza, Stato presente ma non invadente, grande autonomia alla Regione e , da questa, massima fiducia ai Comuni".
Il secondo articolo, di Davide Lessi e Raphael Zanotti sulla Stampa del 6 maggio, ricorda le testimonianze di chi avendo perso il lavoro, allora prevalentemente rurale, divenne protagonista di una rinascita economica basata sull'impegno di risorse locali e del cambio di un modello di sviluppo economico. Tra le altre, la testimonianza di un Sindaco di allora. Alla domanda "e se ci fosse di nuovo un terremoto?" egli risponde così: " I nostri Sindaci non hanno più la cazzuola in mano e ho paura che anche noi faremmo la fina dell'Aquila o del Belice, arriverebbero subito gli avvoltoi".
Guindo Crainz, su Repubblica del 7 maggio, si pone la seguente domanda: come è stato possibile ricostruire tutto come era prima in soli 10 anni? E si dà alcune risposte a loro volta interrogative. Crainz si chiede quanto abbiano contribuito alla reazione straordinaria dei friulani, ma anche degli altri italiani che si mobilitarono per portare aiuto ai terremonati, il desiderio di partecipare, la voglia di essere protagonisti in forma collettiva. Egli ricorda la straordinaria testimonianza della Chiesa locale, la quale per bocca del vescovo Alfredo Battisti affermò che bisognava procedere prima con la ricostruzione dei posti di lavoro, poi con le case e infine, con le Chiese. Un secondo aspetto - ricorda Crainz - non meno importante fu la decisione di affidare ai Sindaci la ricostruzione dei paesi e la disponibilità di architetti e paesaggisti ad ascoltare le richieste e i suggerimenti delle popolazioni colpite e dei loro rappresentati.
Infine un'intervista (a cura di Concetto Vecchio, la Repubblica 7 maggio) al responsabile all'allora sottosegretario al Ministero dell'Interno Giuseppe Zamberletti, incaricato da Aldo Moro, Presidente del Consiglio, di coordinare gli interventi dello Stato per il governo dell'emergenza Friuli, dando così i natali all'attuale Protezione civile. La carta vincente di Zamberletti fu quella di nominare 4 vice commissari e di conferire poteri commissariali a ciascun Sindaco, limitatamente ai territori da essi amministrati. Per far capire cosa è stato il Friuli della ricostruzione Zamberletti rievoca questo episodio: "A settembre ci fu una seconda scossa. Servivano ventimila roulottes. Il Ministro del Tesoro ci disse di arrangiarci. Chiedemmo agli italiani di prestarcele. Ne arrivarono 20.000, garantendo così un tetto agli sfollati per l'inverno. Le restituimmo il 31 marzo dell'anno successivo. I friuliani, per ringraziare, fecero trovare mazzi di fiori negli abitacoli. Ha ragione Mattarella, i protagonisti del dopo terremoto furono i cittadini"
8 maggio 2016 Redazione Posta Del Sindaco