Due articoli sulla figura del neo assessore della Giunta Raggi, Massimo Colomban. Il primo un ritratto quasi affettuoso, l’altro - critico - si concentra sulle sue passate esperienze nel settore pubblico
Anche la scorsa settimana le vicende che riguardano la città e il Comune di Roma sono state al centro dell’attenzione della stampa, nazionale e locale. Tante le difficoltà che, almeno a giudicare dal numero di articoli apparsi sui quotidiani, sta incontrando la Giunta guidata dal sindaco Raggi. In ordine di copertura mediatica, segnaliamo sicuramente il caso “Muraro” dove, con l’incalzare delle indagini che sembrerebbero interessare anche l’assessore all’Ambiente in merito a suoi passati rapporti con l’azienda Ama e con i suoi ex vertici inquisiti, la posizione del sindaco appare stretta tra la difesa ad oltranza della Muraro fin qui sempre fatta, e i malumori che agiterebbero invece, anche nei suoi massimi vertici, una parte rilevante del Movimento 5 Stelle, sempre meno incline a giustificare la presenza della Muraro in Campidoglio. Altro tema ampiamente trattato è quello che riguarda i conti del Comune che, stando anche alle dichiarazioni dell’ex assessore al Bilancio e alle Partecipate Minenna, sarebbero fuori controllo, se non ad un passo dal default. E il tema della mancanza di risorse a disposizione del Comune è stato anche affrontato in alcuni articoli che hanno sottolineato la situazione critica di quella parte dell’immenso patrimonio culturale di Roma, la cui messa in sicurezza, manutenzione e, eventuale, auspicabile valorizzazione sarebbe di diretta pertinenza del Comune. Stando al calcolo fatto dal Sovrintendente ai Beni culturali del Comune Claudio Parisi Presicce (riportato da La Repubblica-Roma), oltre a 30 milioni che servirebbero subito per interventi urgenti, il conto per rilanciare l’insieme dei monumenti storici e artistici della Capitale ammonterebbe a 500 milioni. I due articoli che abbiamo scelto di segnalare, pur non essendo direttamente in relazione con i temi sopra elencati, riguardano la figura di uno dei due assessori che ancora risultavano mancanti dalla Giunta Raggi e le cui nomine sembrerebbero aver concluso il capitolo forse più spinoso fin qui affrontato dal sindaco. La lunga latitanza, dopo sconfessioni e rinunce di vari candidati che sembravano ormai certi, dei responsabili dei settori Bilancio e Società partecipate avevano infatti guadagnato alla Raggi un’attenzione mediatica della quale, scommettiamo, avrebbe fatto volentieri a meno.
Il nuovo Gattamelata scende a Roma “L’Italia è da ripulire E forse si può” (Stefano Lorenzetto, La Verità, 4 ottobre 2016) Un bel ritratto di Massimo Colomban, neo assessore alle Partecipate del Comune di Roma. Sia dalla premessa fatta da Lorenzetto (che dell’intervistato si definisce “un amico”), sia dalle parole di Colomban stesso, emerge la figura di un uomo e di un (ex) imprenditore le cui capacità, percorso e scelte di vita colpiscono per particolarità e eccellenza dei risultati conseguiti. Viene definito come molto vicino al Movimento 5 Stelle, tanto che sembra abbia fornito consigli in materia economica allo stesso Beppe Grillo, da aver più volte ricevuto Davide Casaleggio (e forse lo stesso defunto Gianroberto) nonché il premier “in pectore” del M5S Luigi Di Maio nel castello - 260 stanze, 400 finestre e 60 miliardi di lire sborsati a suo tempo per restaurarlo - dove vive a Cison di Valmarino (TV). Tutti in cerca dei suoi consigli. Del resto, secondo l’interessato, la vita di un uomo si suddividerebbe in tre periodi: “fino ai 25 anni si impara, fino ai 50 si fa e fino ai 75 s’insegna, nel senso che occorre passare a qualcun’altro la propria esperienza”. Partito da una situazione familiare che si indovina non particolarmente florida, Colomban è passato per svariati mestieri fino ad arrivare all’acme con la creazione una società - la Permasteelisa - che, al momento in cui decise di “regalarla” ai manager che con lui erano cresciuti (aveva allora 53 anni), fatturava 2.000 miliardi di vecchie lire, contava 4.500 dipendenti, era quotata alle Borse di Milano e Singapore e aveva sedi in una ventina di Paesi del mondo. Senza dubbio non è da tutti la scelta di “passare” l’azienda che si è creata, nel momento di tirare i remi in barca, ai propri manager piuttosto che venderla o tramandarla ai figli: di anteporre quindi gli interessi dell’azienda ai propri. Soltanto alla fine del lungo articolo/intervista arriva il riferimento al nuovo incarico di Colomban. “Chi te l’ha fatto fare di prenderti questa rogna dell’assessorato a Roma”? chiede l’intervistatore “E’ stato Don Milani a dire che è inutile avere le mani pulite se poi si tengono in tasca” - risponde l’intervistato - “Raccogliere la sfida di risanare e ripulire la nostra capitale, potrebbe essere d’esempio al resto d’Italia. Non dovrei provarci?”.
Colomban, il “salva-Roma” che nel pubblico ha fatto flop (Giovanni Viafora, Corriere del Veneto, 9 ottobre 2016) Se il registro dominante del precedente articolo è quello dell’ammirazione per la straordinarietà del personaggio, il presente appare più improntato da uno scetticismo non privo di una certa malizia. Sebbene in premessa non vengano messe in discussione le doti da imprenditore di Colomban (in qualche modo date per acquisite e quindi non magnificate come accaduto nell’articolo di Lorenzetto) qui si sceglie piuttosto di concentrarsi sulle sue esperienze da “manager pubblico” precedenti all’attuale incarico nella Giunta Raggi. E, secondo quanto scrive Viafora, in questo caso non si può davvero parlare di “successi”. Anzi, tutt’altro. Intanto viene messo in chiaro come non si debba far risalire l’attrazione per la politica del Colomban post-imprenditore soltanto al M5S, ma bensì a molti anni prima, e che proprio dai suoi sponsor politici sarebbero scaturiti per lui diversi incarichi pubblici, nessuno memorabile per risultati conseguiti. Il primo incarico della sua second life risalirebbe al lontano 1984 - “quando la Raggi aveva ancora i denti da latte e Grillo faceva la pubblicità dello yogurt Yomo” - allorché il potente doroteo Gianfranco Cremonese lo indicò per la commissione Innovazione tecnologica della Regione, insieme a Renato Brunetta. Dopo la corrente dorotea della Dc ci sono stati i berluscones e gli stretti rapporti con l’allora governatore della Regione Veneto Giancarlo Galan. Poi viene evidenziato come, soltanto sei anni fa, Colomban abbia pubblicamente espresso posizioni apparentemente agli antipodi rispetto al credo dei 5 Stelle. Dal completamento delle grandi opere - tutte ma proprio tutte: dalla Tav al Mose - al sostegno per le Olimpiadi (ma in quel caso con la candidatura di Venezia in competizione con Roma) o, al limite, per le Venetiadi (per far decollare il Veneto tra le grandi regioni europee). Stando a quanto riporta l’articolo, tutti gli incarichi ricoperti in ruoli di responsabilità da Colomban - come la presidenza di “Sviluppo Italia Veneto Srl” o quella del Parco Scientifico Tecnologico “Vega” di Marghera - hanno avuto un esito solamente: liquidazione della società nel volgere di pochi anni e perdite di bilancio. Forse, ipotizza il giornalista, anche a causa di una scarsa empatia del personaggio, abituato all’”egoismo” tipico dell’imprenditore, nei confronti dei processi collettivi che i ruoli dirigenziali nel pubblico comportano. Fatto sta che, scrive Viafora, tra gli esperti veneti di società pubbliche si starebbe scommettendo su quanto poco Colomban durerà alle prese con il caos - la “suburra” - delle società partecipate capitoline.
Volendo sintetizzare all’estremo, la tesi di fondo del primo articolo sembrerebbe suggerire: “se Massimo Colomban è stato un imprenditore che ha conseguito così grandi risultati, dando peraltro prova di insolita integrità e altruismo, perché mai non potrebbe avere successo anche nel nuovo incarico?”. Quella del secondo, in questo caso tutt’altro che suggerita, invece: “perché il pur validissimo imprenditore Massimo Colomban, che ha dato tali scarse prove di sé in tutti gli incarichi pubblici finora ricoperti, dovrebbe mai avere successo in un ruolo tanto complicato come quello di assessore alle Società partecipate del Comune di Roma?”. Chi vivrà, vedrà.
Luigi Franco