Premessa: l'Art. 65 del D.P.R. n. 600/1973
Come noto, nella complessa disciplina della intestazione e della notifica degli atti tributari in ipotesi di decesso del contribuente, nel nostro ordinamento un prezioso punto di riferimento è il precetto dell’art. 65 del D.P.R. n. 600/1973.
In particolare, il comma 2 dispone che “gli eredi del contribuente devono comunicare all’ufficio delle imposte del domicilio fiscale del dante causa le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale. La comunicazione può essere presentata direttamente all’ufficio o trasmessa mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso si intende fatta nel giorno della spedizione”.
Il comma 4 prosegue precisando che “la notifica degli atti intestati al dante causa può essere effettuata agli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio dello stesso ed avere efficacia nei confronti degli eredi che, almeno trenta giorni prima, non abbiano effettuato la comunicazione di cui al secondo comma”.
Dalla lettura della norma si desume, pertanto, che gli uffici finanziari possono procedere in due modi:
Sul punto la giurisprudenza ha da sempre precisato che la comunicazione in commento non ammette equipollenti, non potendo essere sostituita né dalle indicazioni contenute nella dichiarazione dei redditi presentata dall’erede (così Cass. n. 228/2014) né da quelle inserite nella dichiarazione di successione (Cass. n. 17430/2013).
Ciò che però la norma di legge non chiarisce, lasciando così la questione alla mercè dell’interpretazione giurisprudenziale, è se la notifica collettiva ed impersonale agli eredi, in ipotesi di conoscenza del decesso del contribuente e di contestuale mancata comunicazione ex art. 65, c.2, D.P.R. n. 600/1973, sia una mera facoltà dell’amministrazione finanziaria ovvero un vero e proprio obbligo.
L’orientamento giurisprudenziale tradizionale
Sul punto l’orientamento giurisprudenziale risultato prevalente sino a tempi recenti ha optato per l’obbligatorietà della notifica collettiva ed impersonale in tutte le ipotesi in cui gli eredi non abbiano comunicato le proprie generalità ed il proprio domicilio ai sensi dell’art. 65 del D.P.R. n. 600/1973.
Le motivazioni a supporto di tale conclusione interpretativa sono ben esplicitate nella pronuncia della Corte di Cassazione n. 13760 del 22.05.2019.
Nella fattispecie concreta sottoposta al vaglio della Corte di legittimità, l’ufficio finanziario aveva notificato una cartella di pagamento all’erede in persona, presso il domicilio che questi aveva indicato nella denuncia di variazione ai fini I.V.A..
La Corte, rilevando come l’erede non avesse trasmesso la comunicazione prevista dall’art. 65, c.2, D.P.R. n. 600/1973, di cui la denuncia di variazione ai fini I.VA. non poteva certo considerarsi un equipollente, concludeva per la nullità della notifica.
Previo richiamo di precedenti di legittimità (Cass. n. 8272 del2006; Cass. n. 16699 del 2005; Cass. n. 13504 del 2003; Cass. n. 10659 del 2003; Cass. n.12886 del 2007; Cass. n. 973 del 2018), nella suindicata sentenza la Suprema Corte ribadiva che “l'obbligo di comunicazione posto a carico degli eredi del contribuente è diretto a consentire agli uffici finanziari di azionare direttamente nei loro confronti le obbligazioni tributarie, il cui presupposto si è verificato anteriormente alla morte del dante causa: pertanto, se la comunicazione viene fatta, gli atti impositivi vanno notificati personalmente e nominativamente agli eredi nel domicilio fiscale da costoro comunicato, mentre se la comunicazione non viene fatta, gli uffici possono notificare gli atti intestati al dante causa nell'ultimo domicilio dello stesso e diretti agli eredi collettivamente ed impersonalmente”.
La Corte, sempre richiamando i precedenti conformi, precisava “che la notifica agli eredi collettivamente ed impersonalmente non costituisce un dato puramente formale, ma va ad incidere in realtà sul momento strutturale del rapporto tributario che non è evidentemente configurabile nei confronti di un soggetto non più esistente, per cui dal mancato rispetto del procedimento notificatorio predisposto dalla norma deriva la nullità assoluta ed insanabile della notifica e dell'atto impositivo".
L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 12964/2024
Con la recente ordinanza n. 12964 del 13.05.2024, la Corte di Cassazione si è discostata dal surriferito orientamento interpretativo tradizionale e prevalente.
Nel caso concreto sottoposto all’esame della Corte di legittimità, l’ufficio finanziario era venuto a conoscenza di nominativi degli eredi e dei relativi domicili in virtù della denuncia di successione e, pur in mancanza della comunicazione ex art. 65. c.2, D.P.R. n. 600/1973, aveva provveduto alla notifica dell’atto impositivo all’erede personalmente presso il suo domicilio.
La Corte di legittimità ha concluso per la ritualità della notifica dell’atto impositivo effettuata direttamente all’erede in nome proprio, seppur in mancanza della comunicazione ai sensi dell' articolo 65, DPR n. 600 /1973.
A seguire il ragionamento dei Giudici, la notificazione impersonale e collettiva agli eredi integrerebbe pertanto una mera facoltà dell'Ufficio, la cui mancanza non determina la nullità della notifica eseguita direttamente nei confronti di un erede.
Precisa la Corte che “in ipotesi di decesso del contribuente, ove gli eredi non abbiano assolto all'onere di comunicazione del proprio domicilio, ai sensi dell' art. 65 del d.P.R. n. 600 del 1973, la circostanza che la notifica dell'atto impositivo non sia stata fatta impersonalmente e collettivamente agli eredi, ma risulti notificata a mani proprie di uno di essi non costituisce elemento idoneo a inficiare la validità del procedimento notificatorio, atteso che la predetta norma pone un'agevolazione in favore dell'ente impositore come conseguenza dell'omessa comunicazione del domicilio fiscale di ciascuno degli eredi”.
Illustra ulteriormente il Giudice di legittimità come “la notificazione di una cartella contenente il debito iscritto a ruolo a carico del de cuius effettuata direttamente nei confronti del soggetto che ha reso noto all'Amministrazione finanziaria di essere subentrato nella posizione ereditaria del de cuius (rendendola edotta dei propri dati anagrafici), appare non meno irrispettosa del diritto di difesa rispetto alla notificazione della cartella eseguita presso l'ultimo domicilio del de cuius impersonalmente nei confronti degli eredi, peraltro già palesatisi con la dichiarazione di successione”.
La Corte conclude, quindi, esplicitando di non condividere “il precedente orientamento di questa Corte, che - sotto pena di nullità insanabile - prescriveva che la notifica degli atti impositivi o della riscossione, ove l'evento fosse stato noto all'Ufficio, dovesse essere rigidamente effettuata, in assenza della comunicazione dall' art. 65 d.P.R. n. 600/1973, presso l'ultimo domicilio del de cuius collettivamente ed impersonalmente, ovvero personalmente e nominativamente presso il domicilio degli eredi nell'ipotesi in cui gli stessi avessero effettuato tale incombente (ovvero gli insegnamenti contenuti nella sentenza n. 13760/2019 sopra richiamata ).
Nell’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione riprende i principi espressi già in una precedente pronuncia di legittimità ovvero la sentenza n. 15544/2023.
Come si legge in quest’ultima pronuncia, la comunicazione ex art. 65, c.2, D.P.R. n. 600/1973 “configura un vero e proprio onere, diretto a consentire agli uffici di azionare direttamente nei confronti degli eredi le obbligazioni tributarie, il cui presupposto si sia verificato anteriormente alla morte del de cuius.
Si deve, invece, ritenere che la notificazione impersonale collettiva degli atti intestati al dante causa al domicilio dello stesso, viceversa, sia una mera facoltà dell'amministrazione, e non un obbligo.
Il sistema configura, infatti, un obbligo, nel diverso senso di notifica al domicilio personale del singolo erede, solo alla condizione che quest'ultimo abbia provveduto a comunicarlo all'amministrazione finanziaria […]. Tale principio trova la sua ragione nell'assunto, da tempo affermato in sede di legittimità, secondo cui la notifica collettiva e impersonale è posta ad esclusiva tutela degli interessi erariali e la comunicazione configura un onere di informazione che, ove non assolto, espone gli eredi alle relative conseguenze dispensando gli uffici finanziari dalla ricerca specifica e individuale di ciascun erede, quale sia il tempo trascorso dall'apertura della successione”.
Ne consegue che, in assenza della comunicazione di cui all’art. 65, c.2 D.P.R. n. 600/1973, la notifica può essere eseguita personalmente al singolo erede presso il suo domicilio, ove conosciuto dall’ufficio.
Tanto più se perfezionatasi a mani dell’erede, la notifica deve quindi ritenersi valida per raggiungimento dello scopo che le è proprio come previsto dall’art. 156 c.p.c..
In tali ipotesi, la ratio dell’art. 65 D.P.R. n. 600/1973, ovvero l’agevolazione degli interessi erariali, risulterebbe del tutto soddisfatta.
Il principio di diritto che se ne ricava è quindi che in ipotesi di decesso del contribuente, ove gli eredi non abbiano assolto all'onere di comunicazione del proprio domicilio, ai sensi dell’art. 65 del D.P.R. n. 600/1973, la circostanza che la notifica non sia stata fatta impersonalmente e collettivamente agli eredi non inficia la validità del procedimento notificatorio, qualora l'ente stesso abbia notificato l'atto a mani proprie ad uno degli eredi. E ciò perchè la modalità di notifica “impersonale e collettiva” non integra un diritto degli eredi, quanto piuttosto una forma di tutela e di agevolazione per gli enti impositori.
Resta ovviamente fermo l’obbligo di procedere con l’intestazione e notificazione diretta e personale a ciascun erede nel rispettivo domicilio in ipotesi di trasmissione della comunicazione di cui all’art. 65 D.P.R. n. 600/1973.
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