La Rivista del Sindaco


Conversione del Decreto Salva Casa: le novità

Analisi delle modifiche e delle integrazioni intervenute durante l’iter di conversione
Approfondimenti
di Petrulli Mario
30 Luglio 2024

 

Il Decreto salva-casa n. 69/2024 è stato convertito dal Parlamento con la votazione finale del Senato lo scorso 24 luglio e la relativa legge di conversione è in procinto di essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.
Durante l’iter di conversione si sono avute, come sovente accade, modifiche ed integrazioni importanti, delle quali daremo conto in questa occasione. Rimane fermo il rimando ai precedenti approfondimenti già pubblicati nelle scorse settimane.

Il recupero dei sottotetti (art. 2-bis, comma 1-quater, del Testo Unico Edilizia – DPR n. 380/2001) 
Una prima novità importante riguarda il recupero dei sottotetti, argomento che non era presente nella versione originaria del decreto legge.
Il nuovo comma 1-quater dell’art. 2-bis dispone che, al fine di incentivare l’ampliamento dell’offerta abitativa limitando il consumo di nuovo suolo, gli interventi di recupero dei sottotetti sono comunque consentiti, nei limiti e secondo le procedure previsti dalla legge regionale, anche quando l’intervento di recupero non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, a condizione che: 

  • siano rispettati i limiti di distanza vigenti all’epoca della realizzazione dell’edificio, 
  • non siano apportate modifiche, nella forma e nella superficie, all’area del sottotetto, come delimitata dalle pareti perimetrali, 
  • sia rispettata l’altezza massima dell’edificio assentita dal titolo che ne ha previsto la costruzione.

Resta fermo quanto previsto dalle leggi regionali più favorevoli (1).
Il rispetto delle condizioni deve essere oggetto di particolare attenzione sia da parte del tecnico di fiducia dell’interessato sia da parte dell’ufficio tecnico comunale.

Vetrate panoramiche (art. 6, comma 1, lett. b-bis, del TUE)
L’art. 6, comma 1, lett. b-bis, si arricchisce di una importante precisazione in materia di vetrate panoramiche: la versione iniziale del decreto prevedeva la possibilità di installazione di tali manufatti anche nei porticati (in aggiunta alle classiche ipotesi dei balconi aggettanti dal corpo dell’edificio e delle logge rientranti all’interno dell’edificio); adesso, invece, con la conversione, si precisa che restano esclusi i porticati gravati, in tutto o in parte, da diritti di uso pubblico (ipotesi spesso riscontrabili nei centri storici) o collocati nei fronti esterni dell’edificio prospicienti aree pubbliche.

Tenda a pergola bioclimatica (art. 6, comma 1, lett. b-ter del TUE)
In sede di conversione è stata inserita, quale ipotesi di attività edilizia libera, anche la tenda a pergola bioclimatica con telo retrattile o elementi di protezione mobili o regolabili (2): ovviamente, anche in questo caso valgono i limiti previsti nella versione originaria del decreto, ossia la non creazione di uno spazio stabilmente chiuso, la non variazione di volumi e di superfici, la presenza di caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l'impatto visivo e l'ingombro apparente e la necessità di armonizzazione alle preesistenti linee architettoniche.

Un elemento di attenzione riguarda proprio la copertura della pergola bioclimatica: se è fissa o se il telo non è retrattile, non si è più dinanzi ad un’ipotesi di attività edilizia libera ma ad un manufatto richiedente un titolo edilizio.

Stato legittimo dell’immobile (art. 9-bis, comma 1-bis e comma 1-ter, del TUE)
Rimane ferma la necessità di una verifica dell’ufficio sulla legittimità dei titoli edilizi pregressi che contribuiscono a definire lo stato legittimo dell’immobile; tale verifica dovrebbe svolgersi su due livelli: uno meramente formale, circa l’esistenza “fisica” dei titoli precedenti; uno sostanziale, circa il rispetto fra l’eseguito e l’assentito.

Si precisa che anche se non sono disponibili gli estremi dei titoli edilizi sarà possibile comprovarne l’esistenza con gli apporti probatori già previsti nella versione originaria del decreto (atti notarili, catastali, fotografici, privati e pubblici con data certa).

All’art. 9-bis del Testo Unico Edilizia viene aggiunto il comma 1-ter, secondo cui, ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari, non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell’edificio, di cui all’art. 1117 (3) del codice civile; parallelamente, ai fini della dimostrazione dello stato legittimo dell’edificio non rilevano le difformità insistenti sulle singole unità immobiliari dello stesso.

Mutamento della destinazione d’uso (art. 9-bis, comma 1-ter e art. 23-ter del TUE)
In sede di conversione è stato modificato il comma 2 dell’art. 10 del Testo Unico Edilizia: adesso si precisa che il potere regionale di individuare interventi di mutamento della destinazione d’uso subordinati a permesso di costruire o a SCIA, in aggiunta a quelli già indicati nel Testo Unico Edilizia (DPR n. 380/2001), non può essere in contrasto con la disciplina di cui al comma 1-quinquies dell’art. 23-ter, che riconosce la SCIA quale strumento per la realizzazione dei mutamenti di destinazione d’uso senza opere (ferma restando l’eventuale disciplina regionale più favorevole).

Ancora, si precisa che il mutamento della destinazione d’uso di un immobile o di una singola unità immobiliare si considera senza opere se non comporta l’esecuzione di opere edilizie ovvero se le opere da eseguire sono riconducibili agli interventi di cui all’art. 6 in materia di attività edilizia libera.

Si modifica anche il testo originario del comma 1-quinquies dell’art. 23-ter del Testo Unico Edilizia: adesso, si precisa che è sufficiente la SCIA per i mutamenti di destinazione d’uso senza opere e per quelli che si accompagnano ad opere assoggettate a CILA; per i mutamenti con opere, invece, vale il titolo necessario per le opere realizzate.

Le Regioni sono chiamate ad adeguare le proprie normative e le indicazioni del decreto trovano, comunque, applicazione diretta; altresì, possono prevedere livelli ulteriori di semplificazione.

Resta fermo l’eventuale pagamento, ove dovuto, degli oneri di urbanizzazione secondaria.

Per le unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate il cambio di destinazione d'uso è disciplinato dalla legislazione regionale, che prevede i casi in cui gli strumenti urbanistici comunali possono individuare specifiche zone nelle quali le disposizioni dei commi da 1-ter a 1-quinquies dell’art. 23-ter del Testo Unico si applicano anche alle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate (ossia, le disposizioni che, come detto prima, consentono l’utilizzo della SCIA per i mutamenti senza opere e per quelli che si accompagnano ad opere soggette a CILA, mentre per i mutamenti con opere vale il titolo necessario per realizzare l’opera).

Alienazione immobili abusivi (art. 31, comma 5, del TUE)
Rilevano anche gli interessi culturali e paesaggistici, in senso di mancato contrasto, nella decisione del Comune di procedere all’alienazione di immobili abusivi.

Agibilità (art. 24, comma 5-bis, del TUE)
In attesa che veda la luce il decreto del Ministro della salute, da adottarsi, previa intesa in Conferenza unificata, con cui definire i requisiti igienico-sanitari di carattere prestazionale degli edifici, è consentito al professionista tecnico asseverare, ai fini dell’agibilità, fermo restando il rispetto degli altri requisiti igienico-sanitari previsti dalla normativa vigente, la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie nelle seguenti ipotesi:

  • locali con un’altezza minima interna inferiore a 2,70 metri fino al limite massimo di 2,40 metri;
  • alloggio monostanza, con una superficie minima, comprensiva dei servizi, inferiore a 28 metri quadrati, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, per una persona, e inferiore a 38 metri quadrati, fino al limite massimo di 28 metri quadrati, per due persone.

L’asseverazione può essere resa ove sia soddisfatto il requisito dell’adattabilità, in relazione alle specifiche funzionali e dimensionali, previsto dal regolamento di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236, e sia soddisfatta almeno una delle seguenti condizioni:

  • i locali siano situati in edifici sottoposti a interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie;
  • sia contestualmente presentato un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell’alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell’alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di un’adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre, dai riscontri d’aria trasversali e dall’impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliari.

Restano ferme le deroghe ai limiti di altezza minima e superficie minima dei locali previste a legislazione vigente.

Demolizione e termine di esecuzione (art. 31, comma 3, del TUE)
Si aggiunge un nuovo periodo all’art. 31, comma 3, del Testo Unico Edilizia, prevedendo che il termine di 90 giorni previsto per l’esecuzione dell’ordinanza di demolizione adottata per interventi realizzati in assenza del permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, possa essere prorogato con atto motivato dell’ufficio tecnico fino a un massimo di duecentoquaranta giorni nei casi di serie e comprovate esigenze di salute dei soggetti residenti nell’immobile all’epoca di adozione dell’ordinanza o di assoluto bisogno o di gravi situazioni di disagio socio-economico, che rendano inesigibile il rispetto del termine di 90 giorni. 

Secondo le regole generali in materia di proroga, è onere dell’interessato richiederla prima della scadenza del termine previsto per l’esecuzione della demolizione e comprovare le condizioni previste dalla norma; l’ufficio dovrà valutare l’istanza ed esprimersi con provvedimento motivato (al pari, ad esempio, della proroga dei termini di inizio o conclusione dei lavori). 
La necessità di una motivazione esclude l’applicabilità del silenzio-assenso.

Tolleranze (art. 34-bis del TUE)
Per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, il mancato rispetto dell'altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il 6% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 60 metri quadrati. 

Ricordiamo che il testo originario del decreto disponeva il 5% per le unità immobiliari con superficie utile fino a 100 metri quadrati; con la novità introdotta, si avrà il 5% per le unità immobiliari con superficie compresa fra 60 e 100 metri quadrati ed il 6% sotto i 60 metri quadrati.

Si prevede, inoltre, che gli scostamenti fino al 2% rispetto alle misure progettuali valgono anche per le misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze (si pensi ai 10 metri fra le costruzioni) e di requisiti igienico-sanitari (si pensi ai 2,70 metri di altezza minima per i vani abitabili e ai 2,40 metri di altezza per i vani accessori o ai rapporti aeroilluminanti di 1/8). Questa è una novità importante, che agevola ulteriormente il cittadino.

Immobili in zona sismica (art. 34-bis del TUE)
Per quanto concerne le unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche diverse da quelle a bassa sismicità, la versione originaria del decreto prevedeva che il tecnico attestasse che gli interventi fossero rispettosi della normativa in materia sismica; in sede di conversione viene precisato che l’attestazione dovrà essere riferita al rispetto delle norme tecniche di costruzione vigenti al momento della realizzazione.

Casi particolari di interventi eseguita in parziali difformità dal titolo (art. 34-ter del TUE)
Il nuovo art. 34-ter prevede che gli interventi realizzati come varianti in corso d'opera che costituiscono parziale difformità dal titolo rilasciato prima della data di entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977, n. 10, e che non sono riconducibili ai casi di cui all'articolo 34-bis (in materia di tolleranze costruttive) possono essere regolarizzati secondo modalità ben precise, indicate nei commi 2 e 3 del medesimo art. 34, sentite le amministrazioni competenti secondo la normativa di settore.

L'epoca di realizzazione delle varianti di cui al comma 1 è provata mediante la documentazione di cui all'art. 9-bis, comma 1-bis, quarto e quinto periodo (pagamento sanzioni, informazioni catastali di primo impianto, ecc.). 
Nei casi in cui sia impossibile accertare l'epoca di realizzazione della variante mediante documentazione, il tecnico incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità, anche penale. 

In tali casi, il responsabile dell'abuso o il proprietario dell'immobile possono regolarizzare l'intervento mediante presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività e il pagamento, a titolo di oblazione, di una somma determinata ai sensi dell'art. 36-bis, comma 5 (ossia, pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi, in misura compresa tra 1.032 euro e 30.984 euro); ovviamente, sulla SCIA scatteranno i classici controlli e l’eventuale adozione dei poteri inibitori e/o conformativi nei primi 30 giorni.

Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 36-bis, commi 4 e 6 per quanto concerne l’autorizzazione paesaggistica:

  • qualora gli interventi siano eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, il dirigente o il responsabile dell'ufficio richiede all'autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell'intervento; l'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni; se i pareri non sono resi entro i termini di cui al secondo periodo, il dirigente o responsabile dell'ufficio provvede autonomamente;
  • rimane la possibilità di richiedere integrazioni istruttorie: in questo caso, il termine è interrotto e ricomincia a decorrere dopo la ricezione di dette integrazioni;
  • su richiesta dell’interessato, l’amministrazione è tenuta a rilasciare un’attestazione in via telematica circa il decorso dei termini; contro l’inerzia è possibile il ricorso al giudie amministrativo.

Per gli interventi di cui al comma 1 eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica resta fermo quanto previsto dall'art. 36-bis, comma 5-bis. 
Le parziali difformità, realizzate durante l'esecuzione dei lavori oggetto di un titolo abilitativo, accertate all'esito di sopralluogo o ispezione dai funzionari incaricati di effettuare verifiche di conformità edilizia, rispetto alle quali non sia seguito un ordine di demolizione o di riduzione in pristino e sia stata rilasciata la certificazione di abitabilità o di agibilità nelle forme previste dalla legge, non annullabile ai sensi dell'art. 21-nonies della Legge 7 agosto 1990, n. 241, sono soggette, in deroga a quanto previsto dall'art. 34, alla disciplina delle tolleranze costruttive di cui all'articolo 34-bis: ciò significa che devono essere dichiarate dal tecnico.

Le rubriche dell’art. 36 e dell’art. 36-bis
Scompare dalla rubrica dell’art. 36 il riferimento alle variazioni essenziali (e, conseguentemente, anche dal testo della disposizione): adesso detto articolo disciplina l’accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o di totale difformità.
Le variazioni essenziali vengono “traslocate” nell’art. 36-bis, la cui nuova rubrica le richiama insieme alle ipotesi di parziali difformità e ne disciplina il relativo accertamento di conformità.

L’accertamento di conformità nel caso della parziale difformità e delle variazioni essenziali (art. 36-bis del TUE)
Viene prevista una importante novità: il rilascio del permesso in sanatoria non potrà più essere condizionato all’esecuzione di interventi necessari per assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati e al superamento delle barriere architettoniche, come invece previsto nel testo originario del decreto.
Possiamo affermare che le parziali difformità e le variazioni essenziali sono adesso accomunate nella disciplina e considerate meno gravi rispetto all’assenza del titolo o alla totale difformità.

Analizzando l’art. 36-bis si scopre un’altra novità assoluta: è prevista, infatti, la possibilità di ottenere l’accertamento di compatibilità paesaggistica anche nei casi di creazione di volume o superficie, nonché l’aumento di quelli legittimamente esistenti. In questi casi, l’autorità competente deve esprimersi entro il termine perentorio di 180 giorni, previo parere vincolante della Soprintendenza, da rendersi entro il termine perentorio di 90 giorni. In assenso di tale parere, si intende formato il silenzio assenso e l’autorità competente si esprime autonomamente sulla richiesta di rilascio del titolo edilizio.

Inoltre, le nuove regole valgono anche in presenza di interventi incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione.

Appare evidente il contrasto con la disposizione di cui al comma 4 dell’art. 167 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs. n. 42/2004), che non consente l’autorizzazione paesaggistica postuma nei casi di aumento di volumi/superfici o loro creazione ex novo. Bisognerà seguire l’orientamento giurisprudenziale e/o attendere un nuovo intervento legislativo per capire se si è dinanzi ad una abrogazione implicita del divieto di cui al citato comma 4.

Sono cambiate anche le norme per il calcolo dell’oblazione, che adesso prevedono:

  • il doppio del contributo di costruzione ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, determinato in misura pari a quella prevista dall’art. 16, incrementato del 20% in caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire, nelle ipotesi di cui all’articolo 34, e in caso di variazioni essenziali ai sensi dell’articolo 32. Non si applica l’incremento del 20% nei casi in cui l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda;
  • pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile valutato dai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, in una misura, determinata dal responsabile del procedimento, non inferiore a 1.032 euro e non superiore a 10.328 euro ove l’intervento sia eseguito in assenza della segnalazione certificata di inizio attività o in difformità da essa, nei casi di cui all’articolo 37, e in misura non inferiore a 516 euro e non superiore a 5.164 euro ove l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.

Restano le sanzioni di natura paesaggistica in aggiunta già previste nella versione originaria del decreto.

Sanzione pecuniaria per gli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla SCIA (art. 37 del TUE)
Viene aumentata dal doppio al triplo dell’aumento del valore venale dell’immobile ed il minimo passa da 516 a 1.032 euro.

Utilizzo somme derivanti da oblazione e sanzioni (art. 37, comma 2, del TUE)
Le entrate derivanti dall'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 31, comma 5, secondo e quarto periodo (alienazione immobile abusivo per il quale non si procede alla demolizione per la presenza delle condizioni previste), all'art. 34-ter (casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo) e all'art. 36-bis, commi 5 e 5-bis (oblazione e sanzione correlata al maggior importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito a seguito di accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali), sono utilizzate, in misura pari ad un terzo, per la demolizione delle opere abusive presenti sul territorio comunale, fatta salva la ripetizione delle spese nei confronti del responsabile, per il completamento o la demolizione delle opere pubbliche comunali incompiute e per la realizzazione di opere e di interventi di rigenerazione urbana, anche finalizzati all'incremento dell'offerta abitativa, di riqualificazione di aree urbane degradate, di recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi o in via di dismissione e per iniziative economiche, sociali, culturali o di recupero ambientale ovvero per il consolidamento di immobili per la prevenzione del rischio idrogeologico.

Zone devastate dalla catastrofe del Vajont del 9 ottobre 1963 (art. 2-bis del DL n. 69/2024)
Per le unità immobiliari e gli edifici pubblici assistiti dai benefici previsti dalla legge 4 novembre 1963, n. 1457, il rilascio del certificato di collaudo o di regolare esecuzione ovvero l'accertamento dello stato dei lavori sulla base dei quali è stata erogata la rata di saldo del contributo tiene luogo, a tutti gli effetti, del certificato di abitabilità o di agibilità, ferma restando la conformità delle opere realizzate alla disciplina edilizia e urbanistica vigente al momento della realizzazione dell'intervento edilizio.

Conclusioni
Le novità sono numerose e l’impianto originario del decreto si è notevolmente arricchito.
Non mancano problemi di coordinamento (ad esempio, con riferimento alla possibilità di sanare, in alcuni casi, anche aumento di volumi in zona paesaggistica) e sicuramente la giurisprudenza sarà chiamata a esprimersi su molti aspetti.
Per tali motivi e considerata la necessità di approfondire le novità complessive del decreto n. 69/2024, si valuterà l’opportunità di intervenire ulteriormente in futuro sugli aspetti più problematici con ulteriori contributi.


Articolo dell'Avv. Mario Petrulli


(1) Ricordiamo le norme regionali, ad oggi in vigore, che contengono disposizioni in materia di sottotetti: Abruzzo: LR 18 aprile 2011, n. 10; Basilicata: LR 4 gennaio 2022, n. 8; Calabria: LR 16 aprile 2002, n. 19 e LR 7 luglio 2022, n. 25; Campania: LR 28 novembre 2000, n. 15; Emilia-Romagna: LR 6 aprile 1998, n. 11; Friuli Venezia Giulia: LR 11 novembre 2009, n. 19; Lazio: LR 16 aprile 2009, n. 13; Liguria: LR 6 agosto 2001, n. 24; Lombardia: LR 11 marzo 2005, n. 12; Marche: LR 20 aprile 2017, n. 15; Molise: LR 18 luglio 2008, n. 25; Piemonte: LR 4 ottobre 2018, n. 16; Puglia: LR 15 novembre 2007, n. 33; Sardegna: LR 23 ottobre 2023, n. 9; Sicilia: LR 10 agosto 2016, n. 16; Toscana: LR 8 febbraio 2010, n. 5; Umbria: LR 21 gennaio 2015, n. 1; Veneto: LR 23 dicembre 2019, n. 51.
(2) Ricordiamo che la giurisprudenza ha affermato che, “perché possa parlarsi di pergotenda, anche cd. bioclimatica, è necessario che l’opera, per le sue caratteristiche strutturali e per i materiali utilizzati, non solamente non determini la stabile realizzazione di nuovi volumi/superfici utili, ma deve anche trattarsi di una struttura leggera, non stabilmente infissa al suolo, sostanzialmente idonea a supportare una “tenda”, anche in materiale plastico, ma a condizione che: - l’opera principale sia costituita, appunto, dalla “tenda” quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata a una migliore fruizione dello spazio esterno; - la struttura rappresenti un mero elemento accessorio rispetto alla tenda, necessario al sostegno e all'estensione della stessa; - gli elementi di copertura e di chiusura (la “tenda”) siano non soltanto facilmente amovibili, ma anche completamente retraibili, in materiale plastico o in tessuto, comunque privi di elementi di fissità, stabilità e permanenza tali da creare uno spazio chiuso, stabilmente configurato che possa alterare la sagoma ed il prospetto dell’edificio “principale” (Cons. Stato, sez. IV, 1 luglio 2019, n. 4472; sez. VI, 3 aprile 2019, n. 2206; sez. VI, 9 luglio 2018, n. 4177; sez. VI, 25 dicembre 2017, n. 306; sez. VI, 27 aprile 2016. n. 1619). 
In altri termini, per aversi una “pergotenda” e non già una “tettoia”, è necessario che l’eventuale copertura in materiale plastico sia completamente retrattile, ovvero “impacchettabile”, così da escludere la realizzazione di nuovo volume (su tale punto, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2021, n. 3393; Cons. Stato, sez. II, 28 gennaio 2021 n. 840)”: Consiglio di Stato, sez. II, sent. 15 novembre 2023, n. 9808.
(3) L’art. 1117 del codice civile elenca le parti comuni dell’edificio nell’ambito del condominio, che sono:

  • tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune,
  • le aree destinate a parcheggio nonché' i locali per i servizi in comune,
  • le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune. 

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