Il quadro normativo di riferimento
In materia di imposte locali sugli immobili una delle questioni più problematiche è da sempre stata la previsione di esenzione per gli enti non commerciali.
Già la normativa sull’ICI, ovvero il Decreto Legislativo n. 504/1992, conteneva un’apposita previsione di esclusione. In proposito l’articolo 7 prevedeva che fossero esentati dalla tassazione:
Al comma 2 la norma precisava che l'esenzione spettava “per il periodo dell'anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte”.
La previsione dell’esenzione è stata replicata anche in seno alla normativa sull’IMU. Il comma 759, lettera g) dell’articolo 1 della legge n. 160/2019 prevede che: “759. Sono esenti dall’imposta, per il periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte (…) g) gli immobili posseduti e utilizzati dai soggetti di cui alla lettera i) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali delle attività previste nella medesima lettera i)”.
La norma continua prevedendo che “si applicano altresì, le disposizioni di cui all'articolo 91-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nonchè il regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 novembre 2012, n. 200”.
A sua volta, il richiamato art. 91-bis del decreto legge n. 1/2012 così dispone:
I requisiti per beneficiare dell’esenzione
La normativa richiamata richiede quindi la sussistenza di ben precisi requisiti per beneficiare dell’esenzione.
Il requisito “soggettivo”
Il primo requisito è di natura soggettiva e richiede che l’immobile sia posseduto da un ente pubblico o privato che non svolga in modo esclusivo o principale attività commerciale.
In tale insieme rientrano quindi:
Ricordiamo che l’Agenzia delle Entrate con risoluzione n. 168/E del 26.01.1998 ha precisato che non tutte le organizzazioni non lucrative di utilità sociale cd. ONLUS rientrano nell’ambito applicativo dell’art. 7, c.1, lettera i) del D. Lgs. N. 504/1992. L’Agenzia delle Entrate ha precisato come “la riconducibilità nella categoria soggettiva delle ONLUS prescinde da qualsiasi indagine sull’oggetto esclusivo o principale dell’ente e, quindi, sulla commercialità o meno dell’attività di fatto dallo stesso svolta”, fermo restando, comunque, che “i comuni, le province, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono deliberare nei confronti delle ONLUS la riduzione o l’esenzione dal pagamento dei tributi di loro pertinenza e dai connessi adempimenti”.
Per completezza ricordiamo che dell’esenzione possono beneficiare anche gli Enti del Terzo settore di cui al D.Lgs. n. 117/2017. L’art. 82, c.6, infatti, esenta dall’IMU gli immobili posseduti e utilizzati dagli enti non commerciali del Terzo settore destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali, di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, religiose e di culto.
Il requisito oggettivo
Il secondo requisito previsto dalla normativa per fruire dell’esenzione è di tipo oggettivo e richiede che nell’immobile per cui si invoca l’esenzione venga svolta una delle seguenti attività:
È inoltre necessario che tali attività siano esercitate con modalità non commerciale.
Ai sensi del D.M. n. 200/2012 le attività istituzionali sono considerate svolte in modo non commerciale quando:
Per quanto attiene in particolare alle attività sportive, il requisito oggettivo risulta integrato “se le medesime attività sono svolte a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un corrispettivo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio». In aggiunta l’esenzione viene limitata agli immobili destinati all’esercizio di «attività rientranti nelle discipline riconosciute dal CONI svolte dalle associazioni sportive e dalle relative sezioni non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti ai sensi dell’art. 90 della L. n. 289/2002".
Per la giurisprudenza di legittimità (vedasi Cass.Civ., n. 25621/2021) anche le società sportive dilettantistiche (SSD), nonostante la loro natura di società di capitali, possono beneficiare dell’esenzione come le associazioni sportive dilettantistiche (ASD), attesa l’equiparazione prevista per legge (art. 90 legge n. 289/2002).
Problematiche applicative: l’utilizzo “misto” dell’immobile
Nella realtà è tutt’altro che raro che gli immobili degli enti non commerciali abbiano un’utilizzazione “mista”.
In tale ipotesi l’art. 91 bis, c. 2, del D.L. n. 1/2012 – già sopra richiamato - prevede che l’esenzione si applica alla sola frazione di unità immobiliare nella quale si svolge l’attività di natura non commerciale, se identificabile e delimitabile.
Qualora tale frazionamento non sia possibile, il successivo comma 3 precisa che l’esenzione si applica in proporzione all’utilizzazione non commerciale dell’immobile che deve risultare da apposita dichiarazione.
L’utilizzo dell’immobile da parte di terzi: la rivoluzione della Legge di Stabilità 2024
Una delle questioni negli anni più dibattute è stata se l’esenzione sotto esame potesse essere riconosciuta anche nel caso in cui l’immobile fosse stato concesso in godimento a soggetti terzi.
In alcuni casi, la Corte di Cassazione aveva riconosciuto l’esenzione anche nell’ipotesi di concessione dell’immobile in comodato gratuito ad altro ente non commerciale che ivi svolgeva i propri compiti istituzionali con modalità non commerciale (Cass. Civ. n. 25508/2015); in altri, e decisamente maggioritari, la Corte di legittimità aveva escluso l’esenzione, ritenendo che questa potesse applicarsi solo nelle ipotesi di utilizzo diretto da parte dell’ente proprietario per lo svolgimento delle proprie attività istituzionali (Cass.Civ. n. 4047/2019, n. 4048/2019, n. 4049/2019, n. 4050/2019, n. 13691/2019, n. 8964/2020).
Da ultimo, è intervenuto il Legislatore a fare chiarezza sulla questione.
Il comma 71 dell’art. 1 della legge n. 213/2023, cd. Legge di stabilità 2024, così recita: “L'articolo 1, comma 759, lettera g), della legge 27 dicembre 2019, n. 160, nonchè le norme da questo richiamate o sostituite si interpretano, per gli effetti di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel senso che:
La portata della norma richiamata è oltremodo significativa se si considera che essa si qualifica come “di interpretazione autentica” e, pertanto, trova applicazione anche per il passato.
La norma fornisce di fatto un’interpretazione estensiva delle nozioni di “possesso” e di “utilizzo” in riferimento all’applicazione dell’esenzione IMU, slegando quest’ultimo beneficio dal requisito dell’utilizzo diretto degli immobili da parte degli enti non commerciali.
Infatti, per prima cosa, la norma precisa che devono ritenersi “posseduti”, e quindi possono beneficiare dell’esenzione, anche gli immobili degli enti non commerciali che siano stati ceduti in comodato gratuito ad altro ente non commerciale, purchè funzionalmente o strutturalmente collegato al concedente e purchè nell’immobile vengano esercitate solo attività istituzionali con modalità non commerciale.
Quindi, la norma chiarisce che gli immobili che ambiscono a beneficiare dell’esenzione si intendono “utilizzati”, anche in assenza dell’attuale esercizio dell’attività istituzionale, almeno fino a quando non venga meno in via definitiva il nesso della strumentalità. Ciò che conta è quindi l’astratta destinazione dell’immobile, restando irrilevante una eventuale sospensione dell’esercizio dell’attività istituzionale
Considerati, da un lato, l’applicabilità a situazioni pregresse della norma in commento e, dall’altro, il suo portato precettivo di senso opposto all’indirizzo giurisprudenziale dominante, è facile immaginare quante saranno le pronunce giudiziali da riformare in favore del contribuente, oltre alle istanze di rimborso che verranno presentate.
Articolo di Lorella Martini
(1) In proposito ricordiamo che la Commissione dell’Unione europea, con decisione del 19 dicembre 2012, ha qualificato commerciale “qualunque attività organizzata per la prestazione di servizi a terzi dietro pagamento […] di un corrispettivo funzionale ed adeguato alla copertura dei costi e alla remunerazione dei fattori della produzione (ivi compresi i capitali investiti)”; mentre, ha definito non commerciale “l’attività di prestazione di servizi che vengano offerti gratuitamente, ovvero dietro pagamento di corrispettivi o contributi meramente simbolici o comunque radicalmente inferiori ai costi di produzione”.
Ricevi via email i nuovi contenuti pubblicati nel portale
In collaborazione con: