Il regime patrimoniale
Il regime patrimoniale è l’insieme delle regole che determinano la titolarità e l’amministrazione dei beni durante il matrimonio. In Italia al matrimonio viene applicato il regime della comunione dei beni (regime patrimoniale legale della famiglia) come previsto dall’art.159 Codice Civile. Tale regime è stato introdotto con l’entrata in vigore della Legge n.151/1975 (nuovo diritto di famiglia) ed ha sostituito il precedente regime legale che era la separazione dei beni. Il regime legale della comunione dei beni si applica anche alle unioni civili, istituite con Legge n.76/2016, fatta salva la possibilità per le parti di optare per la separazione dei beni o la formazione di una convenzione patrimoniale (art.1, comma 13 L. 76/2016).
La comunione dei beni
Il regime legale della comunione dei beni è definito dall’art.177 del Codice Civile. Questo regime mira ricomprendere in una titolarità comune la ricchezza che la coppia realizza durante la vita matrimoniale. Rimangono fuori dalla comunione dei beni, oltre quanto posseduto prima del matrimonio, anche tutti i beni strettamente personali quali quelli provenienti da successioni o donazioni destinate al singolo coniuge.
La comunione dei beni si istaura ipso iure con il matrimonio, non è prevista, pertanto, l’apposizione di una annotazione sull’atto di stato civile. Per quanto riguarda l’unione civile, invece, il comma 9 dell’art.1 della Legge n.76/2016 prevede l’indicazione del regime patrimoniale dell’unione civile nella relativa certificazione, pur in assenza di una annotazione, richiedendo (per esclusione della scelta di una deroga) l’esplicitazione dell’adesione al regime patrimoniale legale con l'apposizione nella certificazione della specifica "regime patrimoniale: comunione dei beni".
Deroga al regime patrimoniale legale
Sia prima che dopo la celebrazione del matrimonio possono essere stipulate convenzioni matrimoniali. Le convenzioni matrimoniali possibili sono soltanto quelle “tipiche” ossia quelle previste per legge (separazione dei beni, comunione convenzionale e fondo patrimoniale).
Anche al momento della celebrazione del matrimonio è consentito scegliere la deroga al regime di comunione dei beni, ma soltanto optando per la scelta della separazione dei beni. Gli sposi possono, infatti, manifestare la volontà di deroga sottoscrivendo l’atto di matrimonio. Tale manifestazione è possibile sia nel matrimonio civile che in quello concordatario e in quello acattolico.
Nell’atto di matrimonio civile viene riportata nel corpo la formula 62: “Gli sposi, alla presenza degli stessi testimoni, mi hanno dichiarato di scegliere il regime della separazione dei beni, a norma dell’art.162, secondo comma, del codice civile.”, parallelamente nell’atto di unione civile, troviamo la formula 73-sexies: “Le persone da unire civilmente, alla presenza degli stessi testimoni, mi dichiarano di scegliere il regime della separazione dei beni, a norma dell’art.1, comma 13, della legge 20 maggio 2016, n.76, dell’art.70-quaterdecies, secondo comma, del D.P.R. 3 novembre 2000, n.396.”.
Inoltre a margine dell’atto di matrimonio viene apposta l’annotazione formula 184, seconda ipotesi: “Con dichiarazione resa nell’atto di matrimonio controscritto, gli sposi hanno scelto il regime di separazione dei beni.”. Per l’unione civile, invece, non è stata prevista una formula dell’annotazione, ma risulta necessario provvedervi modificando la formula 187-ter, quarta ipotesi, in questi termini: “Con dichiarazione resa nell’atto controscritto di unione civile tra persone dello stesso sesso, le persone unite civilmente hanno dichiarato di scegliere la separazione dei beni.”).
La scelta in deroga è consentita anche agli sposi minorenni (tra i sedici e i diciotto anni) ammessi a contrarre matrimonio con decreto del Tribunale per i Minorenni. In questo caso, però, l’art.165 del Codice Civile dà validità all’opzione soltanto se il minore è assistito nella sua scelta dai genitori esercenti la potestà o dal tutore o dal curatore speciale nominato dal Tribunale per i Minorenni che ha emesso il provvedimento autorizzatorio al matrimonio. Dopo la formula 62 si farà menzione di tale assistenza con un’aggiunta: “Lo sposo (o la sposa o gli sposi) ha (o hanno) espresso la propria volontà con l’assistenza dei genitori esercenti la potestà (o del tutore o del curatore speciale) segue l’indicazione delle generalità complete e, nel caso di provvedimento di nomina, gli estremi del provvedimento”.
Prima e dopo la celebrazione del matrimonio la deroga (che può riguardare anche le altre convenzioni matrimoniali) deve essere espressa in un atto pubblico (art. 2699 Codice Civile). Sarà, perciò, il notaio a provvedere con proprio atto al rogito della volontà derogatoria degli sposi. Provvederà, poi, a comunicare tale volontà all’ufficiale dello stato civile del Comune che ha l’atto di matrimonio iscritto (matrimonio civile) o trascritto (matrimonio concordatario, dei riti ammessi o dall’estero) nei propri registri, così che possa provvedere alla relativa annotazione.
Le modalità di comunicazione e trasmissione degli atti redatti dai notai agli uffici di stato civile dei Comuni sono illustrate nel D.M. 12 febbraio 2014 emesso dal Ministero dell’Interno di concerto con il Ministero per la P.A. e la semplificazione che stabilisce: “Le comunicazioni e le trasmissioni degli atti ai Comuni, anche ai fini delle annotazioni delle convenzioni matrimoniali, sono effettuate dai notai a mezzo di posta elettronica certificata. Gli atti trasmessi unitamente alla comunicazione sono firmati digitalmente per attestare la conformità all’originale.” Tale D.M. è stato emesso in adempimento a quanto disposto con D.L. n.5 del 9 febbraio 2012 all’art.6, comma 1, lettere a) e c) convertito con modificazioni, dalla Legge n.35 del 4 aprile 2012.
Nel caso di scelta del regime patrimoniale in deroga prima della celebrazione del matrimonio, il notaio potrà inviare la richiesta di annotazione soltanto dopo la celebrazione o la trascrizione del matrimonio. Infatti in questo caso la scelta del regime patrimoniale è condizionata alla creazione del legame di coniugio fra le parti. Lo stesso vale naturalmente anche per chi vuole costituire un'unione civile.
L’annotazione, sull’atto di matrimonio o di unione civile, di un regime patrimoniale in deroga rispetto a quello legale è determinante per la realizzazione della pubblicità dello stesso; senza la prescritta annotazione, infatti, la scelta del regime patrimoniale diverso da quello legale non è opponibile ai terzi.
La separazione dei beni
Con la separazione dei beni ciascun coniuge conserva la titolarità esclusiva dei beni che acquista durante il matrimonio e li amministra autonomamente.
La responsabilità per eventuali debiti grava esclusivamente su quello dei coniugi che ha contratto il debito e il creditore non può aggredire i beni dell’altro coniuge.
L’atto notarile di scelta del regime patrimoniale in deroga verrà annotata con la formula 184 (prima ipotesi) sull’atto di matrimonio.
La comunione convenzionale
Anche la comunione convenzionale dei beni è un regime patrimoniale in deroga con il quale la coppia può apportare alcune modifiche alla comunione legale dei beni (per esempio ampliando il numero dei beni destinati alla contitolarità). La scelta può avvenire soltanto con il rogito notarile e l’ufficiale dello stato civile utilizzerà la formula n.184 (prima ipotesi).
Il fondo patrimoniale
Il fondo patrimoniale è una convenzione matrimoniale, ma non è un regime generale alternativo, di conseguenza è compatibile sia con il regime della comunione dei beni sia con quello della separazione dei beni. Questo significa che sullo stesso atto di matrimonio potremo trovare sia l'annotazione di separazione dei beni (o quella della comunione convenzionale) che quella di costituzione del fondo patrimoniale.
Il fondo riguarda soltanto beni esattamente individuati.
Gli articoli dal 167 al 171 C.C. disciplinano l’istituto del fondo patrimoniale. Questo viene costituito per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia da entrambi i coniugi o anche da uno soltanto oppure da un terzo, anche per testamento, e può riguardare, oltre i beni immobili, i beni mobili registrati e i titoli di credito (art.170 C.C.). L’amministrazione del fondo è regolata dalle norme della comunione legale (art.168 C.C.).
Il coniuge che costituisce il fondo con beni di sua esclusiva proprietà, può anche riservarsi la proprietà sugli stessi (c.d. fondo non traslativo) pur destinandoli a far fronte ai bisogni della famiglia.
Se a costituire il fondo è un terzo con atto inter vivos, questo si perfeziona con l’accettazione dei coniugi.
L’ufficiale dello stato civile che riceve la richiesta di annotazione deve provvedere secondo la formula 184 (prima ipotesi) per gli sposi e 187-ter (prima ipotesi) per gli uniti civilmente. Se il fondo patrimoniale è stato istituito da un terzo, occorrerà apportare una modifica alla formula, pertanto sarà necessaria una formulazione del tipo: “Con atto in data ... a rogito del notaio … del distretto notarile di … il/la signor/a (indicare le generalità complete) ha stipulato convenzione matrimoniale a favore degli sposi/degli uniti civilmente (indicare le generalità complete), che contestualmente (oppure: che con successivo atto in data … a rogito del notaio … del distretto notarile di …) l’hanno accettata.”
Anche la modifica del fondo deve essere annotata, utilizzando nel matrimonio la formula 185 e, nel caso dell’unione civile, la formula 187-ter, seconda ipotesi.
Pubblicità ed opponibilità ai terzi
L’annotazione relativa al regime patrimoniale della coppia pubblicizza la scelta di derogare al regime patrimoniale legale con una scelta diversa.
Ai sensi dell’art.162 C.C. può essere opposto ai terzi soltanto il regime patrimoniale in deroga annotato.
Anche la costituzione del fondo patrimoniale è soggetta alle disposizioni dell’art.162 C.C., pertanto l’opponibilità ai terzi è condizionata alla presenza dell’annotazione del relativo contratto a margine dell’atto di matrimonio, mentre la trascrizione nei registri immobiliari del vincolo per gli immobili ai sensi dell’art.2647 C.C. ha funzione di mera “pubblicità notizia” e non può sopperire alla mancanza dell’annotazione nei registri di stato civile.
Quando si appone l’annotazione formula n.184 (atto notarile) questa deve essere compilata in ogni sua parte riportando data del contratto, nome del notaio rogante e generalità dei contraenti.
L’omessa annotazione
Se il regime patrimoniale in deroga non risulta annotato, i creditori sono giustificati dall’aggredire i beni che risultano acquistati dopo il matrimonio (indipendentemente da chi dei coniugi ha sottoscritto il contratto).
La responsabilità dell'omessa annotazione ricade in primis sul Sindaco, in quanto ufficiale di Governo che potrà, poi, rivalersi sull’ufficiale dello stato civile che non ha provveduto all’annotazione.
Da quanto fin qui esposto è facile comprendere l’importanza dell’apposizione delle annotazioni che indicano il regime patrimoniale della famiglia e quanto danno può determinare una annotazione non apposta.
Per cercare di evitare il danno, se si è scoperto di non aver provveduto all'apposizione dell'annotazione circa il regime patrimoniale in deroga su un atto di matrimonio celebrato dall'ufficiale dello stato civile od un matrimonio concordatario o acattolico trascritto, il Massimario del Ministero dell’Interno (edizione 2012) specifica: “Nel caso in cui l’omessa indicazione della scelta operata dagli sposi in ordine al loro regime patrimoniale possa essere assimilata ad un errore commesso nella stesura della trascrizione, si ritiene ammissibile la correzione mediante un’apposita annotazione che renda conto dell’integrazione operata dall’ufficiale dello stato civile. È possibile, infatti, ricorrere all’istituto della correzione in ogni ipotesi di errore od omissione la cui rimozione, non conducendo ad un mutamento dello status della persona cui l’atto si riferisce e non incidendo sul contenuto sostanziale dell’atto, ripristini la giusta corrispondenza tra atto e realtà. Ovviamente gli effetti sananti dell’annotazione “de qua” decorreranno dalla data della sua apposizione.”
Il Ministero, dunque, sostiene la possibilità di intervento sull’atto carente di annotazione con la procedura della correzione dell’errore materiale. Questo permette un intervento diretto ed immediato sull’atto per ripristinare la corretta informazione relativa al regime patrimoniale grazie all’art.98, 1^ comma, DPR 396/2000. In pratica, sull’atto di matrimonio verrà apposta una annotazione del seguente tenore: "Ai sensi dell’art.98, c.1 del D.P.R. n.396/2000 l’atto controscritto viene corretto nel senso che a margine dell’atto di matrimonio là dove non compare alcuna annotazione, deve invece leggersi ed intendersi: Con dichiarazione resa nell’atto di matrimonio controscritto gli sposi hanno scelto il regime della separazione dei beni".
L’annotazione in correzione, ovviamente, riporterà la data nella quale effettivamente viene apposta e nell’estratto comparirà soltanto la parte precedentemente omessa ovvero, riportandosi all’esempio sopra esposto: “Con dichiarazione resa nell’atto di matrimonio controscritto gli sposi hanno scelto il regime della separazione dei beni”.
La correzione permette di intervenire in tempi brevi sull’atto, tuttavia, non esplica i propri effetti retroattivamente nei confronti dei terzi in quanto sarà effettivamente opponibile soltanto dal momento in cui risulta apposta.
Diverso è il caso dell'atto del notaio regolarmente inviato e dimenticato da parte dell'ufficiale dello stato civile. In questa ipotesi non rimane che provvedere all'annotazione nel più breve tempo possibile da quando c'è stato il ritrovamento dell'atto notarile.
Anche in questa ipotesi l'opposizione ai terzi inizia soltanto dall'apposizione dell'annotazione sull'atto di matrimonio, nei confronti degli sposi, invece, la scelta è efficace dalla data del rogito.
Articolo di Roberta Mugnai
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