Previsto dall’art. 14 del Testo Unico Edilizia (DPR n. 380/2001), il permesso di costruire in deroga è un istituto che consente al Consiglio Comunale, di fronte a situazioni particolari, di non tenere conto di alcune norme pur di realizzare comunque un intervento edilizio che soddisfa anche l’interesse collettivo. Come efficacemente evidenziato dalla giurisprudenza, “Il permesso di costruire in deroga di cui all'art. 14 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, è un istituto di carattere eccezionale rispetto all'ordinario titolo edilizio e rappresenta l'espressione di un potere ampiamente discrezionale che si concretizza in una decisione di natura urbanistica, da cui trova giustificazione la necessità di una previa delibera del Consiglio comunale. In particolare, il Consiglio comunale è chiamato ad operare una comparazione tra l'interesse pubblico al rispetto della pianificazione urbanistica e quello del privato ad attuare l'interesse costruttivo” (Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 28 gennaio 2022, n. 616).
Diversi sono i punti su cui focalizzare l’attenzione: di seguito ne indicheremo i principali.
L’eccezionalità e la discrezionalità
Secondo giurisprudenza consolidata (cfr., ad esempio, TAR Piemonte, sez. II, sent. 9 dicembre 2022, n. 1099; TAR Lazio, Roma, sez. II quater, sent. 4 luglio 2022, n. 9089; TAR Sicilia, Palermo, sez. II, sent. 3 novembre 2022, n. 3096), il permesso di costruire in deroga costituisce sempre un istituto di carattere eccezionale rispetto all’ordinario titolo edilizio ed espressione di un potere ampiamente discrezionale, che si concretizza in una decisione di natura urbanistica giustificata dalla necessità di soddisfare esigenze straordinarie rispetto agli interessi primari garantiti dalla disciplina urbanistica generale, cui consegue anche la necessità di una previa delibera del Consiglio comunale.
Su tali presupposti, i benefici previsti dall’art. 5 sono ammessi solo se rivolti alla razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente o a promuovere o agevolare la riqualificazione di aree degradate, nell’ottica di un miglioramento del tessuto urbano.
Il rilascio del permesso in deroga non è, quindi, un atto dovuto, cui l’amministrazione è necessariamente tenuta una volta che sia stata accertata la sussistenza dei presupposti di legge. L’ente, infatti, può rilasciare eccezionalmente un permesso di costruire in deroga senza necessità di passare attraverso una previa modifica formale dello strumento urbanistico. Pertanto, non è obbligata ad accogliere qualsiasi richiesta di edificazione presentata da privati in deroga per il solo fatto che questa consenta di razionalizzare il patrimonio edilizio esistente, con edifici dismessi o in via di dismissione, e di riqualificare aree urbane degradate.
La possibilità di rilasciare permessi di costruire in deroga, in quanto eccezione al principio generale che impone l’osservanza delle regole locali di pianificazione, è assentita dall'amministrazione comunale non solo in presenza dei presupposti previsti dalla legge, ma anche “nell'esercizio di poteri ampiamente discrezionali che possono afferire anche agli indirizzi politici di fondo dell'amministrazione in carica in materia di governo del territorio (…); per tale motivo, si tratta di valutazioni di merito dell'amministrazione comunale, di carattere latamente politico, che potrebbero persino prescindere da particolari motivazioni di carattere tecnico” (TAR Piemonte, sez. II, sent. 18 settembre 2018, n. 1028).
Dal carattere del tutto facoltativo di detto istituto, come pure dall’amplissima discrezionalità di cui gode l’amministrazione nel valutare il progetto presentato del privato, deriva che quest’ultima è sostanzialmente libera nella decisione di negare il permesso in deroga ove non lo ritenga di pubblico interesse, né tantomeno tale facoltà è limitata ai soli casi in cui non siano ravvisabili i requisiti minimi richiesti dalla legge (TAR Piemonte, sez. II, sent. 30 settembre 2022, n. 776). Una diversa conclusione, infatti, oltre a conferire alla disciplina in questione un carattere obbligatorio che non le è proprio, finirebbe per sottrarre all’amministrazione comunale la funzione di pianificazione e governo del territorio, di cui il permesso di costruire in deroga rappresenta pur sempre uno strumento, anche se di carattere eccezionale.
L’inammissibilità della regola del silenzio-assenso
Secondo la giurisprudenza (TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 11 ottobre 2021, n. 6376), la generale regola del silenzio-assenso, prevista per il procedimento di rilascio del permesso di costruire dall’art. 20, comma 8, del d.P.R. n. 380/2001, non può operare nel caso del permesso di costruire in deroga, “attesa l’esigenza di una compiuta valutazione degli interessi pubblici coinvolti nella pianificazione urbanistica” (TAR Campania, Napoli, sez. VII, sent. 28 ottobre 2019, n. 5107, richiamando Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 26 luglio 2017, n. 3680 e TAR Abruzzo, Pescara, sez. I, sent. 11 dicembre 2017, n. 352).
Invero, detta tipologia di permesso è caratterizzata da una fattispecie a formazione progressiva che si snoda, a seguito della domanda dell’interessato, dapprima nella delibera consiliare e poi nel concreto rilascio del titolo edilizio da parte degli uffici amministrativi, mentre l’art. 20, comma 8, cit. riconnette la formazione del provvedimento tacito solo alla domanda di permesso di costruire, senza quindi richiamare il, (diverso), istituto del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici, come definito dal precedente art. 14.
Inoltre, non è superfluo notare che il provvedimento silenzioso di assenso può perfezionarsi solo quando l’istanza di permesso di costruire è conforme agli strumenti urbanistici; viceversa, è escluso che possa verificarsi siffatta evenienza in presenza di una richiesta di permesso di costruire in deroga, dal momento che in tal caso l’amministrazione comunale, lungi dal limitarsi ad accertare la mera conformità del progetto edilizio allo strumento urbanistico, è tenuta a valutare, innovativamente e con amplissima discrezionalità, la sussistenza dei presupposti di interesse pubblico per introdurre deroghe puntuali alla disciplina urbanistica vigente e alle destinazioni d’uso dalla stessa consentite.
In sintesi, va ribadita l’inapplicabilità del silenzio assenso all’istituto del permesso di costruire in deroga di cui all’art. 14 del TUE.
I due diversi momenti dell’iter procedimentale
Come affermato dalla giurisprudenza (cfr., ad esempio, TAR Piemonte, sez. II, sent. 17 febbraio 2021, n. 156), il permesso di costruire in deroga costituisce una fattispecie a formazione progressiva che contempla due distinti momenti:
Conseguentemente, sebbene nessuna norma di legge fissi il termine entro cui il Consiglio Comunale deve provvedere a rendere il parere di sua competenza, da intendersi come atto interno necessario nell’ambito del procedimento amministrativo delineato dall’art. 14 del TUE (cfr. TAR Piemonte, sez. II, sent. 29 gennaio 2016, n. 91), l’obbligo di provvedere della pubblica amministrazione sussiste comunque in tutte quelle ipotesi in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, ex art. 97 Cost., sorga in capo al privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni amministrative, quali che esse siano: ergo, anche nel caso del permesso di costruire, è necessaria l’adozione di un provvedimento espresso (positivo o negativo) da parte del Consiglio Comunale (TAR Piemonte, sez. II, sent. 7 giugno 2021, n. 589).
Dall’esegesi della norma dell’art. 14 del TUE, sembra corretto ritenere che il Consiglio si esprime con delibera sulla richiesta del permesso di costruire e che il Responsabile dell’Ufficio Tecnico dovrà adeguarsi, rilasciando o negando il titolo richiesto sulla base delle indicazioni dell’organo consiliare. Quindi, la decisione del Consiglio è fondamentale per l’esistenza della deroga e vincolante per l’operato dell’ufficio. Estremamente chiara sul punto è la giurisprudenza che ha affermato che “Se la deliberazione preliminare del Consiglio comunale costituisce un elemento necessario del procedimento amministrativo destinato a sfociare nel rilascio o diniego della concessione in deroga, con la conseguenza che la sua assenza vizia il procedimento stesso, d'altro canto, la giurisprudenza amministrativa, da sempre (quantomeno a partire da Consiglio Stato, sez. V, 6 giugno 1984, n. 433), reputa che l'atto terminale del procedimento è costituito dal permesso di costruire in deroga, mentre la previa deliberazione del Consiglio comunale (salvo il caso di determinazione negativa) si configura come atto interno del procedimento, non immediatamente lesivo, impugnabile assieme agli atti di uguale natura confluiti nel procedimento stesso, solo congiuntamente all'atto finale, una volta emanato (così T.A.R. Milano, Sez. II, 9 aprile 1998, n. 728; più recentemente, T.A.R. Sardegna sez. II, 4 giugno 2012, n. 556). Ciò premesso, quello che conta maggiormente sottolineare è che la delibera consiliare è deputata soltanto a dettare gli indirizzi al soddisfacimento dei quali viene subordinato il rilascio della concessione in deroga; per contro, sono demandate agli uffici competenti, le verifiche e gli accertamenti volti a verificare la fattibilità del progetto che l'istante presenta al momento della richiesta del titolo edilizio” (TAR Campania, Napoli, sez. VIII, sent. 23 luglio 2014, n. 4110).
Come efficacemente ribadito di recente, “La norma dunque dispone chiaramente che il rilascio del titolo abilitativo derogatorio debba essere preceduto dalla delibera consiliare. In tal senso depone sia la formulazione letterale del citato art. 14, comma 1, sia la ratio dell’istituto ivi disciplinato. Dal punto di vista letterale, infatti, la disposizione prevede testualmente la “previa” deliberazione del consiglio comunale, così sgombrando ogni dubbio in merito alla circostanza che la determinazione dell’organo collegiale debba necessariamente precedere l’adozione, da parte del responsabile del competente ufficio comunale, del titolo edilizio in deroga. Sotto il profilo logico-sistematico, poi, tale inequivoca scansione procedimentale è in linea con la finalità dell’istituto, che è quella di assentire interventi edilizi non in linea con le previsioni dettate dallo strumento urbanistico generale: il relativo assenso, dunque, non può che essere rimesso al discrezionale apprezzamento dell’organo espressione dell’indirizzo politico dell’Ente locale, al quale sono istituzionalmente devolute le scelte di pianificazione urbanistica che confluiscono nel P.R.G., trattandosi di estrinsecazione del potere di “governo del territorio” di competenza del predetto organo collegiale. La “previa” delibera consiliare, infatti, si atteggia in termini di preventiva autorizzazione rispetto a propositi edilizi che, altrimenti, mai potrebbero essere assentiti, e questa non può che essere rimessa al Consiglio comunale, al quale compete, in via esclusiva, la valutazione ex ante (di natura discrezionale, lo si ribadisce) circa l’esistenza delle pregnanti ragioni di pubblico interesse che, sole, legittimano la deroga alla vigente disciplina urbanistico-edilizia di ordine generale (e fermo restando, in ogni caso, il limitato perimetro entro cui tale deroga può operare, come pacificamente desumibile dal disposto di cui al comma 3 dell’art. 14” (TAR Lazio, Roma, sez. II quater, sent. 4 luglio 2022, n. 9089).
Il ruolo dei terzi
Inoltre, poiché la concessione della deroga potrà avere ripercussioni anche nei confronti dei privati terzi (si pensi, ad esempio, ad una deroga in materia di distanza), l’art. 14, comma 2, del TUE richiede il necessario coinvolgimento degli interessati ai sensi dell’art. 7 della Legge n, 241/90, ai quali deve essere inviata, a cura dell’ufficio tecnico, la comunicazione di avvio del procedimento, purché individuati o facilmente individuabili, anche con l’ausilio del richiedente.
Tale comunicazione è funzionale a consentire la partecipazione al procedimento da parte dei soggetti che potrebbero essere pregiudicati dall’intervento, al fine di metterli in grado di esercitare i diritti di cui all’art. 10 della Legge n. 241/1990, consentendo:
Ovviamente, eventuali osservazioni poste dagli interessati dovranno essere rivolte al Consiglio comunale, il quale è l’unico organo deputato alla loro valutazione nell’ambito del procedimento (TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 7 febbraio 2014, n. 417) e sulle quali dovrà motivatamente esprimersi.
Il presupposto di edificabilità dell’area
Un aspetto fondamentale dell’istituto è rappresentato dalla circostanza che il permesso di costruire in deroga presuppone comunque l’edificabilità dell’area nella quale si dovrà realizzare l’intervento edilizio (Corte di Cassazione, sez. III pen., sent. n. 16591 del 28 aprile 2011): detto altrimenti, la deroga non riguarda la capacità edificatoria di un’area ma la possibilità di non tenere conto di alcuni aspetti normativi disciplinanti l’edificazione dell’area medesima.
L’oggetto della deroga
Per espressa previsione legislativa, la deroga, ferme restando le norme igieniche, sanitarie e di sicurezza, può riguardare esclusivamente edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico, con riferimento ai limiti di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati di cui alle norme di attuazione degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi nonché le destinazioni d’uso ammissibili fermo restando in ogni caso il rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 7 (limiti di densità edilizia), 8 (limiti di altezza degli edifici) e 9 (limiti di distanza fra i fabbricati) del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (sulla non derogabilità delle disposizioni di cui al DM n. 1444/1968, cfr. TAR Veneto, sez. II, sent. 5 marzo 2019 n. 290).
La giurisprudenza ammette la deroga anche rispetto ai regolamenti edilizi (Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 25 novembre 2009, n. 5847; TAR Marche, sent. 14 giugno 2006, n. 441).
L’ammissibilità del permesso di costruire in deroga nel caso di immobili privati
L’istituto in discorso è ammissibile anche nel caso di immobili privati (cfr., ad esempio, TAR Puglia, Bari, sez. III, sent. 23 marzo 2022, n. 409), dei quali sia accertato l’interesse pubblico o la possibilità che essi siano destinati alla pubblica fruizione.
Un caso concreto di cattivo esercizio del potere decisionale da parte del Consiglio Comunale
Nella recente sentenza 27 febbraio 2023, n. 278, il TAR Puglia, Lecce, sez. I, ha evidenziato un’ipotesi di cattivo esercizio del potere decisionale da parte del Consiglio Comunale (nel caso specifico, l’intervento edilizio riguardava la realizzazione di una “casa del commiato”) e statuito l’annullamento della relativa delibera (e del conseguente titolo abilitativo in deroga).
Come ribadito dai giudici, il permesso di costruire in deroga necessita di un momento di comparazione tra l’interesse pubblico e l’interesse privato, con apprezzamenti discrezionali che involgono valutazioni essenzialmente urbanistiche circa la sostenibilità della deroga imposta della realizzazione dell’intervento, in termini di compatibilità con le direttrici di sviluppo che interessano la zona di riferimento; detta valutazione, nel caso specifico, era mancata in quanto l’organo consiliare:
Articolo di Mario Petrulli
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