Il quorum del Consiglio comunale: inquadramento e definizioni
Il quorum del Consiglio comunale indica il numero di Consiglieri occorrenti per lo svolgimento delle sedute, differente a seconda che si tratti di prima o di seconda convocazione, e per l’approvazione delle proposte deliberative, che può essere differenziato a seconda del tipo e della natura della proposta (ad es., esigendo un quorum più elevato per l’approvazione di provvedimenti di particolare importanza quali il bilancio, il rendiconto, lo statuto comunale, determinati tipi di regolamenti comunali, piani urbanistici generali et similia, in modo da evitare che minoranze variabili ed occasionali possano incidere sull’attività amministrativa dell’ente al di fuori di un contesto programmato e coerente nell’ambito della maggioranza che governa l’ente stesso).
La fonte statutaria e quella regolamentare comunale
La materia è regolata dallo statuto dell’ente locale, che fissa i principi generali, e dal regolamento sul funzionamento del consiglio comunale che attua detti principi e disciplina in concreto i lavori del consiglio e dei propri organi.
Infatti, l’art. 38, comma 2 TUEL dispone che il funzionamento dei consigli, nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto, è disciplinato dal regolamento, approvato a maggioranza assoluta, che prevede, in particolare, le modalità per la convocazione e per la presentazione e la discussione delle proposte.
Il regolamento indica, altresì, il numero dei consiglieri necessario per la validità delle sedute, prevedendo che in ogni caso debba esservi la presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all'ente, senza computare a tale fine il sindaco.
Nel caso in cui si verifichi contrasto in tema di quorum strutturale per la validità delle sedute del consiglio comunale, tra previsione statutaria e normativa regolamentare, si ritiene che, seguendo la gerarchia delle fonti, conformemente anche all’articolo 7 del citato decreto legislativo che disciplina l’adozione dei regolamenti comunali “nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dallo statuto” (cfr. sentenza TAR Lombardia, Brescia, n. 2625 del 28 dicembre 2009, TAR Lazio, n. 497 del 2011) la citata disposizione regolamentare dovrebbe essere disapplicata, prevalendo la norma statutaria (v. parere Min. Interno, 7 luglio 2016).
Tuttavia, è stato successivamente precisato che qualora lo statuto preveda regole generali dettate per la generalità degli organi collegiali mentre il regolamento contenga una specifica disciplina per il quorum del consiglio comunale, la supposta antinomia normativa potrebbe risolversi in base al principio della prevalenza della disciplina speciale, dettata dal regolamento, considerato altresì il disposto dell’art. 38, comma 2, del TUEL, che demanda alla competenza della fonte regolamentare la disciplina in materia di validità delle sedute del consiglio (v. parere Min. Interno, 21 marzo 2019).
Il computo del quorum
Come osservato dal Ministero dell’Interno, sulla scorta della giurisprudenza amministrativa, nelle ipotesi in cui l'ordinamento non ha inteso computare il sindaco, o il presidente della provincia, nel quorum richiesto per la validità di una seduta, lo ha indicato espressamente usando la formula “senza computare a tal fine il sindaco ed il presidente della provincia". Tale espressione è contenuta, in particolare, nell’art. art. 38, comma 2, del decreto legislativo n. 267/00 ed è valida solo per la invalicabilità della soglia di un terzo. Pertanto, ove manchi nel regolamento comunale l’esclusione esplicita del sindaco, si ritiene che lo stesso debba essere incluso nel computo (v. parere Min. Interno del 26.10.2016).
Dunque, il Ministero dell’Interno, anche alla luce della sostanziale acquisita uniformità della giurisprudenza, ritiene di non doversi discostare dall’orientamento già espresso in molteplici occasioni, secondo il quale, nelle ipotesi in cui l'ordinamento non ha inteso computare il sindaco, o il presidente della provincia, nel quorum richiesto per la validità di una seduta, lo ha indicato espressamente usando la formula “senza computare a tal fine il sindaco ed il presidente della provincia". Tale espressione è contenuta, in particolare, nell’art. art. 38, comma 2, del decreto legislativo n. 267/00 ed è valida solo per la invalicabilità della soglia di un terzo.
Inoltre, deve rammentarsi che secondo la giurisprudenza (v. del C.d.S. n. 8823 del 22.10.2007, TAR Calabria - RC - n. 709 del 18.12.2013 e l’ordinanza del TAR Liguria n. 239 del 9.07.2014) “il calcolo della maggioranza assoluta nei collegi formati da un numero dispari di membri implica pacificamente che la “metà più uno” sia data dal numero che, raddoppiato, supera il totale dei componenti almeno per un’unità.
L’arrotondamento del quorum
Ove la disciplina statutaria o regolamentare dell’ente locale non risolva il modo di calcolo del quorum nei casi di frazioni di numero, la giurisprudenza propende per il criterio puramente aritmetico, in quanto più semplice e lineare, secondo il quale, nel silenzio del legislatore, dovrebbe applicarsi sempre l'arrotondamento all'unità superiore, in quanto l'esito con decimali dell'operazione (cui segue l'arrotondamento) deve soddisfare sempre il requisito minimo posto dalla disposizione da applicare.
La preferenza per l’arrotondamento per eccesso trova, come detto, ampio riscontro nella giurisprudenza, secondo la quale “nei casi in cui il computo del quorum costitutivo o deliberativo previsto da norme di rango primario o secondario per la valida deliberazione di provvedimenti collegiali conduca all’individuazione di una cifra decimale, l’arrotondamento deve essere operato per eccesso all’unità superiore, dal momento che la soluzione contraria dell’arrotondamento per difetto all’unità inferiore, con il troncamento delle cifre decimali, ridurrebbe la soglia di maggioranza al di sotto di quella normativamente richiesta” (Cons. Stato, Sez. V, 5 settembre 2012, n. 4694; Id. 11 marzo 2005, n.1038; 23 aprile 1998, n 476; TAR Piemonte, Sez. II, 15 novembre 2017, n. 1224).
La legittimazione e l’interesse a ricorrere dei consiglieri
I consiglieri sono legittimati a ricorrere avverso l’approvazione di una deliberazione consiliare in eventuale difetto del quorum regolamentare previsto in quanto detto difetto incide sulle prerogative istituzionali dei consiglieri, quale conseguenza dell’illegittimità inficiante il funzionamento dell’organo rappresentativo in seno al quale le loro prerogative individuali si manifestano (cfr. TAR Napoli, Sez. VII, 13 luglio2015, n. 3679; TAR Liguria, Sez. I, 19 ottobre 2007, n. 1773; TAR Lombardia, Brescia, 11 agosto 2004, n. 889).
In particolare, è stato rilevato che ciascun componente del Consiglio comunale ha un preciso interesse al corretto svolgimento di tutti i lavori consiliari e certamente può far valere il vizio inficiante il procedimento seguito per approvare una deliberazione che, evidentemente, non condivide (cfr. TAR Catanzaro, Sez. I, 26 febbraio 2008, n. 174).
Il quorum strutturale regolamentare deve permanere per l’intero svolgimento delle operazioni consiliari
È principio giurisprudenziale consolidato quello secondo cui il quorum strutturale per la valida costituzione della seduta previsto dalle norme regolamentari dell’ente locale deve esistere per tutta la durata della stessa e prima di tutto, ovviamente, nella fase più delicata della votazione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 11maggio 2007, n. 2351).
Inoltre, è ritenuto che nel caso in cui i consiglieri abbiano dichiarato di non partecipare alla votazione, l’effetto inciderà sul quorum deliberante o funzionale (relativo a chi partecipa alle votazioni) mentre, nel caso in cui i consiglieri si allontanino dall’aula, l’effetto inciderà sul quorum strutturale (relativo ai presenti in aula).
Ancora, è da escludere che la previsione del quorum legale minimo di 1/3 dei consiglieri comunali previsto dal citato art. 38, comma 2, TUEL possa essere interpretata nel senso di poter applicare detto quorum sia alle sedute consiliari di prima che di seconda convocazione in quanto detta interpretazione, oltre che illogica e irragionevole, è in contrasto con il consolidato principio che vede la previsione di quorum “discendenti” da una convocazione all’altra degli organi collegiali, per evidenti ragioni di funzionalità degli stessi.
Una recente vicenda risolta dalla giurisprudenza
A seguito dell’approvazione di alcune deliberazioni in tema di assestamento generale e di salvaguardia degli equilibri di bilancio, alcuni consiglieri comunali proponevano ricorso lamentando il mancato rispetto del quorum strutturale necessario ai fini della seduta a causa dell’allontanamento degli stessi dall’aula.
Nell’occasione, il TAR Sardegna, con la sentenza n. 27 del 20.1.2023, facendo applicazione dei suddetti principi ha ritenuto di accogliere il ricorso annullando la deliberazione impugnata, appunto, per difetto del quorum deliberativo richiesto dalle norme dell’ente civico a cui i consiglieri ricorrenti appartenevano.
Nel caso specifico, in mancanza di una norma regolamentare e in applicazione delle norme statutarie dell’ente civico - che dettano i principi informatori della disciplina regolamentare che ad essi deve necessariamente attenersi - essendo previsto che, nelle sedute di prima convocazione è necessaria la presenza di almeno la metà dei consiglieri escluso il Sindaco, mentre nel caso posto innanzi al TAR erano presenti alla votazione solo cinque consiglieri e il Sindaco, il Giudice amministrativo ha ritenuto irrimediabilmente viziata d’illegittimità la deliberazione impugnata, con conseguente inevitabile annullamento della stessa.
Articolo di Eugenio De Carlo
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