PREMESSE
Di recente, la Corte dei conti (segnatamente, la Sez. controllo per la Emilia-Romagna, deliberazione n. 1/2023/PAR) è stata chiamata ad esprimere il proprio parere, ai, sensi dell’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003 n. 131, in ordine al riconoscimento al personale comunale degli incentivi di cui all’art.1, comma 1091, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di Bilancio 2019).
In particolare, è stato richiesto il parere in ordine alla possibilità riconoscere al personale gli incentivi di cui alla citata disposizione di legge relativamente alle riscossioni delle annualità 2018 e 2019, avendo l’ente regolamentato la materia, accantonato le somme negli anni di competenza ed iscritto le stesse nel bilancio di previsione 2022-2024 in conto residui, ma non ancora erogato “causa la adozione dei documenti contabili nei termini prorogati da norme di legge”.
La fonte normativa degli incentivi IMU e TARI
L’art. 1 comma 1091 della legge n. 145/2018 ha previsto che:
“Ferme restando le facoltà di regolamentazione del tributo di cui all'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, i comuni che hanno approvato il bilancio di previsione ed il rendiconto entro i termini stabiliti dal testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, possono, con proprio regolamento, prevedere che il maggiore gettito accertato e riscosso, relativo agli accertamenti dell'imposta municipale propria e della TARI, nell'esercizio fiscale precedente a quello di riferimento risultante dal conto consuntivo approvato, nella misura massima del 5 per cento, sia destinato, limitatamente all'anno di riferimento:
La quota destinata al trattamento economico accessorio, al lordo degli oneri riflessi e dell'IRAP a carico dell'amministrazione, è attribuita, mediante contrattazione integrativa, al personale impiegato nel raggiungimento degli obiettivi del settore entrate, anche con riferimento alle attività connesse alla partecipazione del comune all'accertamento dei tributi erariali e dei contributi sociali non corrisposti, in applicazione dell'articolo 1 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248. Il beneficio attribuito non può superare il 15% del trattamento tabellare annuo lordo individuale. La presente disposizione non si applica qualora il servizio di accertamento sia affidato in concessione.”
La norma che ha reintrodotto gli incentivi in materia di IMU, estendendoli anche alla TARI, ha avuto la finalità d’incentivare l’azione di contrasto dell’evasione collegando ovviamente l’accertamento con la riscossione. Dunque, tanto più elevato è il livello di riscossione a seguito delle attività accertative, tanto più i vantaggi derivanti dalle nuove disposizioni, applicabili anche ai dirigenti, come, peraltro, osservato dall’ARAN nell’orientamento applicativo AFL51 del 17 aprile 2022, ove è stata chiarita, appunto, l’applicabilità della quota del 5% del maggior gettito, accertato e riscosso in materia di IMU e TARI ai dirigenti.
L’IFEL-Anci (nota del 28.2.2019) ha evidenziato che la norma fa espresso riferimento alla riscossione dell’IMU e della TARI non spontanea, ma indotta da azioni dell’amministrazione, per cui il montante di riferimento per determinare la provvista al fondo incentivante è “il maggiore gettito accertato e riscosso, relativo agli accertamenti dell'imposta municipale propria e della TARI, nell'esercizio fiscale precedente”.
Le condizioni per il riconoscimento degli incentivi secondo la Corte dei conti
La Corte dei conti ricorda che, al fine del riconoscimento degli incentivi IMU e TARI sopra descritti, il Comune deve:
In ogni caso, gli incentivi sono destinabili esclusivamente al personale impiegato nel raggiungimento degli obiettivi, precedentemente determinati, del settore entrate ed esigono che la gestione sia diretta da parte del Comune e che non si tratti di servizio di accertamento delle imposte esternalizzato in concessione.
Solo qualora ricorrano tutte le predette condizioni, ad avviso della Corte dei conti, sarà possibile erogare la quota destinata al trattamento accessorio, nella misura così determinata, al personale impiegato nelle attività di cui trattasi.
Articolo di Eugenio De Carlo
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