Vademecum operativo
Premessa
La comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) rappresenta un titolo edilizio peculiare, spesso oggetto di dubbi operativi da parte dei cittadini e degli addetti ai lavori. In questa occasione cercheremo di affrontare alcuni fra gli aspetti più interessati di tale strumento, fornendo utili consigli alla luce della giurisprudenza più recente.
La natura della CILA
Siamo dinanzi ad un atto privato di mera comunicazione (TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 22 dicembre 2020, n. 2033), qualificabile come “istituto intermedio tra l’attività edilizia libera e la s.c.i.a., ascrivibile, al pari del secondo, nel genus della liberalizzazione delle attività private” (Consiglio di Stato, parere reso il 4 agosto 2016, n. 1784, sullo schema di Decreto Legislativo n. 222/2016).
Caratteristica peculiare, evincibile dal testo dell’art. 6 bis del Testo Unico edilizia (D.P.R. n. 380/2001), è il carattere residuale (TAR Basilicata, sez. I, sent. 20 giugno 2018, n. 419), ossia utilizzabile per tutti gli interventi che non ricadono nell’attività edilizia libera (di cui all’art. 6 del Testo Unico Edilizia – D.P.R. n. 380/2001) né sono soggetti alla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA, di cui all’art. 22 del Testo Unico), né richiedono il preventivo rilascio del permesso di costruire (di cui all’art. 10 del Testo Unico).
I controlli e gli interventi conseguenti
Nessun dubbio che anche la CILA sia soggetta controlli, sebbene secondo modelli differenti rispetto alla SCIA e al permesso di costruire.
Due possono essere le ipotesi concrete.
- La prima è quella in cui l’interessato presenta regolarmente la CILA prima dell’esecuzione dell’intervento: in questo caso, l’ufficio dovrà verificare che l’intervento ricada nell’alveo di operatività della comunicazione in discorso:
- se l’esito è positivo, la CILA andrà semplicemente archiviata senza la necessità di interventi ulteriori, fatta salva la possibilità di verifiche successive all’intervento;
- se l’esito è negativo, in quanto la CILA non è lo strumento utilizzabile per l’intervento (in quanto serve la SCIA o il permesso di costruire), l’ufficio dovrà adottare gli strumenti sanzionatori tipici previsti per gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire (ordine di sospensione lavori e ordine di demolizione e riduzione in pristino), ovvero in assenza di SCIA (sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a 516 euro ovvero, ricorrendone i presupposti, ordine di restituzione in pristino a cura e spese del responsabile e l’irrogazione della sanzione pecuniaria da 516 a 10.329 euro).
- La seconda ipotesi è che l’interessato presenti la CILA in corso d’opera o al termine dell’intervento, con la conseguenza che, se l’intervento rientra nell’ambito di operatività della CILA, dovrà comminarsi la sanzione prevista dall’art. 6-bis, comma 5 (secondo cui “La mancata comunicazione asseverata dell'inizio dei lavori comporta la sanzione pecuniaria pari a 1.000 euro. Tale sanzione è ridotta di due terzi se la comunicazione è effettuata spontaneamente quando l'intervento è in corso di esecuzione”). Se l’intervento non rientra nell’ambito di operatività della CILA, l’ufficio dovrà procedere come indicato nell’ipotesi precedente, dinanzi ad interventi subordinati a SCIA o a permesso di costruire in assenza del titolo prescritto.
Le differenze fra CILA e SCIA in merito ai controlli: la giurisprudenza rilevante
Il TAR Lombardia, Brescia, sez. II, nella sent. 3 agosto 2021, n. 721, ha sintetizzato le differenze fra CILA e SCIA in merito ai controlli, affermando che “come evidenziato dal Consiglio di Stato, nella sentenza n. 1784/2016, la CILA «non è sottoposta a un controllo sistematico, da espletare sulla base di procedimenti formali e di tempistiche perentorie, ma deve essere soltanto conosciuta dall’amministrazione, affinché essa possa verificare che, effettivamente, le opere progettate importino un impatto modesto sul territorio». Essa si differenzia dalla SCIA in quanto rispetto alla CILA il Comune può esercitare “un potere meramente sanzionatorio”, mentre nel caso della SCIA il potere può essere “repressivo, inibitorio e conformativo, nonché di autotutela”. Tutto ciò non fa venire meno il potere del Comune di verificare il contenuto della CILA per accertare se il suo uso sia conforme all’intervento da realizzare e, nel caso non risulti legittimo in quanto necessitante di un permesso di costruire o totalmente precluso dallo strumento urbanistico, la CILA non può essere né annullata, né inibita, con la conseguenza che il Comune può solo sanzionare l’intervento, una volta realizzato, o perché in assenza di titolo idoneo (il permesso di costruire) o perché in difformità rispetto al Piano”.
Similmente, il TAR Campania, TAR Campania, Napoli, sez. VII, nella sent. 25 febbraio 2021, n. 1273, ha evidenziato che:
- nell’ipotesi “in cui la comunicazione sia utilizzata al di fuori della fattispecie legale, ossia per eseguire opere che richiedano il permesso di costruire (o la stessa SCIA) o, comunque, in violazione della normativa in materia ... l’amministrazione non può che disporre degli ordinari poteri repressivi e sanzionatori dell’abuso, come peraltro implicitamente previsto dalla stessa disposizione, laddove fa salve «le prescrizioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia […]»”;
- “resta ovviamente fermo ... che, nei casi in cui un’opera che avrebbe richiesto un permesso di costruire o una SCIA è stata eseguita dall’interessato sotto il regime di CILA, l’abuso non viene sanato con le sanzioni relative alla CILA”; “in questi casi, come si è detto, la CILA è del tutto inidonea a legittimare un’opera che è, e resta, sine titulo: la sua natura totalmente abusiva continua a poter essere rilevata, in ogni momento e senza limiti di tempo, dall’amministrazione competente”.
Conseguentemente, è legittimo, stante la mancanza della legittimità urbanistico-edilizia dell’immobile, precludere la realizzazione di ulteriori interventi, ancorché in astratto soggetti a semplice CILA, ed azionare i propri ordinari poteri repressivi, di cui la P.A. rimane senz’altro titolare.
Casistica
Fermo restando che le Regioni (cfr., ad esempio, l’art. 136 comma 2 lett. f-ter) della L.R. Toscana 10 novembre 2014, n. 65, che subordina alla CILA “le occupazioni di suolo per esposizione o deposito di merci o materiali che non comportino trasformazione permanente del suolo stesso”) sono facoltizzate ad ampliare l’operatività della CILA, ricordiamo che possono essere eseguiti tramite detta comunicazione i seguenti interventi:
- la manutenzione straordinaria c.d. leggera (Tabella allegata al d.lgs. n. 222/2016, Ricognizione degli interventi edilizi e dei relativi regimi amministrativi, punto 3: “Opere e modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso. Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso; ivi compresa l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le parti strutturali dell’edificio”);
- il restauro e risanamento conservativo c.d. leggero (Tabella allegata al d.lgs. n. 222/2016, Ricognizione degli interventi edilizi e dei relativi regimi amministrativi, punto 5: “Interventi edilizi rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurare la funzionalità mediante un intervento sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costituitivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze d’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio”);
- l’eliminazione delle barriere architettoniche cc.dd. pesanti (Tabella allegata al d.lgs. n. 222/2016, Ricognizione degli interventi edilizi e dei relativi regimi amministrativi, punto 22: “Gli interventi volti all’eliminazione delle barriere architettoniche che comportino la realizzazione di ascensori esterni ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio”;
- l’attività di ricerca nel sottosuolo in aree interne al centro edificato (Tabella allegata al d.lgs. n. 222/2016, Ricognizione degli interventi edilizi e dei relativi regimi amministrativi, punto 31: “Opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico, ad esclusione di attività di ricerca di idrocarburi, eseguite in aree interne al centro abitato”;
- i movimenti di terra non inerenti all’attività agricola (Tabella allegata al D.Lgs. n. 222/2016, Ricognizione degli interventi edilizi e dei relativi regimi amministrativi, punto 32: “Movimenti di terra non strettamente pertinenti all’esercizio dell’attività agricola e le pratiche agro-silvo-pastorali”);
- la realizzazione di serre mobili stagionali con strutture in muratura (Tabella allegata al d.lgs. n. 222/2016, Ricognizione degli interventi edilizi e dei relativi regimi amministrativi, punto 33: “Serre mobili stagionali funzionali allo svolgimento dell’attività agricola”);
- la realizzazione di pertinenze minori (Tabella allegata al d.lgs. n. 222/2016, Ricognizione degli interventi edilizi e dei relativi regimi amministrativi, punto 34: “Realizzazione di pertinenze minori che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, non qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume inferiore al 20% del volume dell’edificio principale”);
- le modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d'impresa, sempre che non riguardino le parti strutturali, ovvero le modifiche della destinazione d'uso dei locali adibiti ad esercizio d'impresa;
- la posa di “fioriere, poggiate a terra, costitute da una sottostante base in muretti privi di fondazione alti circa cm 50” (TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 26 luglio 2017, n. 1103) e di “fioriere, per una lunghezza di circa m. 25, lungo il prospetto dell’edificio […]” (TAR Lazio, Roma, sez. II quater, sent. 24 maggio 2016, n. 6098);
- la posa di una tettoia smontabile in legno lamellare, con copertura in teli (o plexiglass) (TAR Sicilia, Catania, sez. I, sent. 14 febbraio 2020, n. 359);
- la diversa distribuzione degli ambienti interni mediante eliminazione e spostamenti di tramezzature, purché non interessi le parti strutturali dell’edificio (TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 27 maggio 2021, n. 1299; sent. 6 luglio 2018, n. 1042; Napoli, sez. II, sent. 22 agosto 2017, n. 4098);
- la sistemazione di un giardino, con la creazione di un’area a lettura con soppalchi lignei e gazebo a copertura come riparo dal sole, restando questi aperti da quattro lati e la realizzazione di un ulteriore impianto in legno, destinato ad un impiego plurimo, quali l’ospitalità a rappresentazioni, a musicisti e ad attività consimili (TAR Liguria, sez. I, sent. 19 marzo 2018, n. 229);
- la posa in opera di una conduttura in PVC per il collegamento di un impianto igienico alla rete fognante (TAR Campania, Napoli, sez. VIII, sent. 26 febbraio 2016, n. 107);
- la sostituzione del manto di copertura, la relativa impermeabilizzazione con isolamento termico, sostituzione dei lucernari e delle lattoniere ed installazione di linee vita (Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 19 febbraio 2016, n. 686);
- l’esecuzione di un riempimento per il raggiungimento della quota del cortile tramite la realizzazione di un massetto di finitura in calcestruzzo con interposta rete elettrosaldata (TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 13 gennaio 2016, n. 164);
- la posa di una passerella in tubi in sostituzione di una precedente passerella analoga in legno (TAR Liguria, sent. 14 gennaio 2016, n. 43);
- il rifacimento della copertura di una rimessa per autovettura (TAR Molise, sent. 29 gennaio 2016, n. 43);
- la sostituzione di un preesistente e fatiscente pergolato di pertinenza di una struttura ricettiva, con uno nuovo realizzato con forme e materiali diversi, senza alterazione di volumetria e modifica delle destinazioni d’uso (TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 21 gennaio 2016, n. 163);
- l’esecuzione di lavori consistenti in “rimozione pavimenti, rivestimenti, pezzi igienici, vecchi impianti idraulici, posa di nuovi pavimenti, rivestimenti, nuovi impianti idrici ed elettrici, nuovi tramezzi” (TAR Campania, Napoli, sez. VI, sent. 22 dicembre 2020, n. 6353).
I vincoli derivanti dal Codice del paesaggio
L’art. 6-bis del Testo Unico Edilizia, nel disciplinare gli interventi subordinati a CILA, fa “salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”.
Conseguentemente, come evidenziato dal TAR Umbria, sez. I, nella sent. 30 maggio 2022, n. 378, è legittima l’ordinanza di demolizione di un cancelletto in ferro che ha comportato la modifica dei caratteri stilistici e compositivi della scala di accesso al fabbricato privato situato in un contesto edificato storico, con alterazione dello stile architettonico consolidato nel tempo. Ne consegue che detto intervento non può ricondursi nell’ambito degli interventi di edilizia libera, rimanendo invero sempre fermo in capo all’Amministrazione, sulla scorta del regime giuridico di cui all’art. 27, d.p.r. n. 380/2001, un potere di vigilanza contro gli abusi, implicitamente contemplato dal succitato art. 6-bis, del Testo Unico Edilizia (Consiglio di Stato, parere del 4.08.2016, n. 1784).
Articolo di Mario Petrulli
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