Premessa
Il decorso del tempo esplica effetti importanti nell’ordinamento giuridico, potendo influire sull’acquisto e sull’estinzione dei diritti, attraverso l’istituto dell’usucapione, nel primo caso, e della prescrizione e della decadenza, nel secondo.
La disciplina degli istituti della prescrizione e della decadenza è contenuta in primo luogo nel codice civile, in particolare negli artt. 2934 e ss. e negli artt. 2964 e ss.
Per quanto sicuramente noti, si ritiene opportuno in questa sede richiamare sinteticamente e per punti i contenuti più significativi e specifici delle rispettive discipline, portando l’attenzione sulle reciproche differenze.
La disciplina della prescrizione
Fondamento: è rappresentato dall’inerzia prolungata nel tempo, che fa sorgere una presunzione di abbandono del diritto, giustificata dall’esigenza di certezza dei rapporti giuridici.
Natura: trattasi di istituto di ordine pubblico e, in quanto tale, non derogabile, non prorogabile, non abbreviabile, né rinunziabile durante il suo corso.
Effetti del pagamento del debito prescritto: si integra l’adempimento di un’obbligazione naturale, con la conseguente irripetibilità di quanto pagato (art. 2940 c.c.: “Non è ammessa la ripetizione di ciò che è stato spontaneamente pagato in adempimento di un debito prescritto”). È proprio in ragione di quanto appena ricordato, unitamente alla non rilevabilità d’ufficio, che parte della dottrina individua nell’istituto della prescrizione una causa di perdita di forza del diritto e non una causa estintiva del diritto.
Oggetto: tutti i diritti, eccetto quelli indisponibili e il diritto di proprietà, sono soggetti a prescrizione.
Inizio della prescrizione: posto che il fondamento della prescrizione è l’inerzia della parte, il termine iniziale decorre dal momento in cui il diritto può esser fatto valere.
Sospensione: l’inerzia del titolare del diritto può risultare irrilevante allorché sia giustificata (da particolari rapporti tra le parti o particolari condizioni del titolare del diritto), tanto da determinare la sospensione del termine.
Interruzione: in presenza di un atto di esercizio del diritto, il periodo di tempo pregresso deve ritenersi privato del suo significato “presuntivo”, tant’è che la prescrizione risulta interrotta con il conseguente decorrere di un nuovo termine.
Durata: in base alla durata si distinguono le seguenti fattispecie:
Secondo la Cassazione, le due forme di prescrizione sono “ontologicamente differenti, logicamente incompatibili e fondate su fatti diversi”.
Infatti, gli elementi costitutivi della prescrizione estintiva sono il decorso del tempo e l'inerzia del titolare del diritto fatto valere. Inoltre, eccependola, il debitore può liberarsi della pretesa:
Viceversa, la prescrizione impropria si basa su una presunzione iuris tantum, di avvenuto pagamento del debito, «esponendosi colui che la oppone al suo rigetto non solo se ammette di non aver estinto l'obbligazione ma anche se ne contesta la stessa insorgenza» (Cass. 3443/2005).
La disciplina della decadenza
Fondamento: è rappresentato dalla necessità che un diritto, ma molto più spesso un potere, sia esercitato entro un determinato termine, indipendentemente da ogni considerazione circa le situazioni soggettive.
Perché operi è necessario che sussista una previsione normativa specifica: la decadenza, infatti, costituisce un istituto di carattere eccezionale, in quanto deroga al principio generale del libero esercizio dei propri diritti.
È possibile prevedere e disciplinare convenzionalmente la decadenza.
Sospensione: salva diversa espressa previsione, la decadenza non è mai oggetto di sospensione.
Interruzione: la decadenza, per la sua natura, non può mai essere interrotta; una volta esercitato il potere, la decadenza resta definitivamente esclusa.
Prescrizione: il diritto e/o il potere, anche se viene esercitato entro il termine di decadenza, rimane comunque soggetto alle regole sulla prescrizione (art. 2967 c.c.: “Nei casi in cui la decadenza è impedita, il diritto rimane soggetto alle disposizioni che regolano la prescrizione”.).
Solo se riferibile a diritti indisponibili è rilevabile d’ufficio, non rinunziabile e non modificabile; in tutti gli altri casi deve essere eccepita dalla parte interessata, può essere rinunziata e può essere oggetto di disciplina convenzionale.
Prescrizione e decadenza nel diritto tributario: considerazioni generali
In materia tributaria la normativa individua frequentemente termini di decadenza, mentre solo raramente menziona la prescrizione, per la quale valgono in via generale le regole civilistiche. Generalmente, in ambito tributario, si parla di decadenza con riferimento a:
Deve ritenersi invece soggetto a prescrizione il diritto di credito già definitivamente sorto e non ancora attuato per l’inadempimento del debitore (sia esso il privato contribuente, sia l’Amministrazione finanziaria.)
Nell’approfondire i temi in oggetto, è impossibile non citare lo Statuto del contribuente (Legge n. 212/2000) che, all’art. 3, ha previsto che i termini di prescrizione e decadenza per gli accertamenti d’imposta non possano essere prorogati.
Secondo l’art. 1 del medesimo provvedimento le norme dello Statuto non sarebbero derogabili, se non espressamente, e mai con norme speciali. Il sopra indicato art. 3 ha certamente abrogato il vecchio art. 1 del d.l. 21 giugno 1961 n. 498 secondo il quale, qualora gli Uffici finanziari non siano in grado di funzionare regolarmente a causa di eventi eccezionali, i termini di prescrizione e decadenza possono essere prorogati con D.M. del Ministero competente (all’epoca delle Finanze). Ciò premesso, residua però il dubbio se, e in quali limiti, la proroga possa essere prevista dal Legislatore, e quale sia dunque concretamente la “forza” dello Statuto.
Tant’è che è stato lo stesso Legislatore, poco dopo l’approvazione dello Statuto del contribuente, con la Legge n. 289/2002 ovvero la Legge Finanziaria per il 2003 - che sicuramente non è una legge di carattere generale - a prevedere un’ipotesi di proroga dei termini di decadenza (e conseguentemente anche dei successivi termini di prescrizione per il recupero dell’imposta) per l’accertamento dell’imposta sui redditi e dell’Iva nei confronti dei contribuenti che non si fossero avvalsi di quel condono tributario.
Quanto appena esposto ci spinge inevitabilmente ad una riflessione: se lo Statuto fosse stato adottato con legge costituzionale, allora non sussisterebbe alcun dubbio che una legge ordinaria non possa violare il precetto dell’art. 3; viceversa resta difficile riconoscere a quest’ultimo quella forza maggiore che l’art. 1 sembrerebbe evocare in virtù dei principi costituzionali (artt. 3, 23, 53 e 97 Cost.) ai quali con essa si è inteso dare attuazione.
La prescrizione in diritto tributario: disciplina
In via generale può affermarsi che anche in materia tributaria la prescrizione non può essere rilevata d’ufficio; ad essa si applicano gli istituti della sospensione e della interruzione, secondo l’ordinaria disciplina civilistica. Per quanto riguarda le ipotesi più significative, la decorrenza per i diritti dell’Amministrazione finanziaria coincide con il momento nel quale il ruolo diventa esecutivo. La notifica di una cartella di pagamento o di una ingiunzione fiscale produce invece un effetto interruttivo, mentre l’impugnazione del ruolo, della cartella o dell’ingiunzione produce un effetto sospensivo.
Relativamente ai diritti del contribuente qualunque atto di messa in mora è idoneo a produrre un effetto interruttivo.
In materia tributaria i termini di prescrizione variano da tributo a tributo; essi decorrono, come abbiamo visto, dalla data di notifica della cartella di pagamento o dal momento in cui l’avviso di accertamento è divenuto definitivo, cioè entro 60 giorni dalla notifica.
Per quanto riguarda la prescrizione del credito relativo ai tributi locali, l’articolo di riferimento è il 2948 del codice civile secondo cui essi devono essere riscossi nel termine breve di cinque anni dal giorno in cui il tributo è dovuto o dal giorno dell’ultimo atto interruttivo tempestivamente notificato al contribuente.
L’applicabilità del termine breve ai tributi locali è stata affermata dalla Cassazione con sentenza del 23 febbraio 2010 che ha sostenuto che i tributi locali, diversamente da quelli erariali, sono prestazioni periodiche.
La decadenza in diritto tributario: disciplina
Come già anticipato in termini generali, può dirsi che si ha decadenza allorché, per espressa previsione di legge, l’infruttuoso decorso di un termine “consuma” la possibilità di esercitare un potere idoneo a far acquistare un diritto.
Con particolare riferimento alla materia tributaria, può aggiungersi che l’infruttuoso decorso del termine, idoneo - per volontà del Legislatore - a determinare la decadenza, può consistere o nella mancata conclusione di un procedimento, se si tratta dell’Amministrazione finanziaria, o nella omissione di un comportamento attivo, qualora si tratti del contribuente.
In entrambi i casi, l’applicazione di questa particolare “sanzione” prevista dall’ordinamento deve conseguire ad un accertamento.
In ipotesi di decadenza riferibile all’Ufficio finanziario, il relativo accertamento spetterà direttamente al Giudice tributario, in sede di impugnazione del provvedimento emesso in violazione del termine di legge.
Invece, in ipotesi di decadenza riferibile al contribuente, potrà essere la stessa Amministrazione finanziaria a rilevarla nell’eventuale provvedimento di diniego che consegua al tardivo esercizio di un diritto da parte del contribuente; salva ovviamente la possibilità per quest’ultimo di richiedere ed ottenere una verifica in sede giurisdizionale, mediante impugnativa, sempre dinanzi alla Commissione Tributaria, del provvedimento di rigetto dell’Amministrazione finanziaria.
A tal proposito sarà opportuno ricordare il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale la decadenza del contribuente in materia di rimborso di imposta indebitamente versata, scaturendo da un regime legale che esclude qualsiasi potere di disposizione delle parti, è sempre rilevabile di ufficio, anche in sede di gravame (fatti salvi gli eventuali effetti preclusivi del giudicato interno), senza che possa farsi distinzione alcuna tra le varie cause di erroneo versamento.
In proposito si ricorda la sentenza della Corte di Cassazione n. 4670 del 23.3.2012 per la quale: “In tema di contenzioso tributario la decadenza stabilita dalle leggi fiscali in favore dell’A.F. per il mancato rispetto dei termini fissati per richiedere il rimborso di un tributo indebitamente versato è rilevabile di ufficio anche in grado di appello, perché attiene a situazioni indisponibili determinate dall’esigenza di assicurare la stabilità delle entrate tributarie entro un periodo di tempo definito e costituisce, quindi, una mera argomentazione, tesa a contrastare la sfavorevole decisione di primo grado, che come tale non integra una domanda o eccezione nuova, la cui proposizione per la prima volta nel giudizio di appello è vietata dall’art. 57 del d.lgs. n. 546/1992”; (conforme Cass. 8.3.2013 n. 5862).
Al contrario, si ritiene che il termine di decadenza previsto a favore dell’Amministrazione finanziaria per l’esercizio dei suoi poteri, non possa considerarsi indisponibile ai sensi dell’art. 2969 c.c. così che la relativa eccezione non è da ritenersi sottratta alla disciplina del succitato articolo 57 (tale diversità di disciplina è giustificata dalla indisponibilità dei diritti dell’Amministrazione finanziaria, da un lato, contro la generale disponibilità dei diritti del contribuente, dall’altro) (v. Cass. 24.8.2007, n. 18019: “In materia tributaria la decadenza dell'amministrazione finanziaria dall'esercizio di un potere nei confronti del contribuente, in quanto stabilita a favore e nell'interesse esclusivo di quest'ultimo in materia di diritti da esso disponibili, configura un'eccezione in senso proprio che, in sede giudiziale, deve essere dedotta dal contribuente, non potendo essere rilevata "ex officio".).
Si precisa che, in riferimento alla decadenza prevista a carico dell’ufficio, l’Amministrazione finanziaria, al fine di evitare il maturare del termine, deve, entro i termini prescritti, non solo adottare l’atto di sua competenza, ma anche notificarlo al contribuente, attesa la natura recettizia degli atti impositivi.
Prescrizione e decadenza in materia di tributi locali
La legge n 296 del 27.12.2006 (cd. Legge Finanziaria 2007) ha unificato per tutti i tributi locali i termini entro cui l’Amministrazione finanziaria deve procedere all’accertamento e alla riscossione, ovvero:
Per quanto riguarda le sanzioni tributarie il Legislatore ha invece individuato sin da subito un termine univoco di cinque anni - sia in ordine alla decadenza che alla prescrizione - nell’articolo 20 del decreto legislativo 472/97.
Per atti di contestazione o irrogazione delle sanzioni, la notifica deve avvenire pena decadenza entro il 5° anno successivo entro cui è avvenuta la violazione, salvo il diverso termine previsto per i tributi a cui si riferiscono. In tal caso il termine di contestazione segue la disciplina del tributo a cui si riferisce. Anche il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive in cinque anni.
Il diritto di credito, una volta sorto, poiché non travolto da decadenze derivanti dalla violazione del termine per l’accertamento, per la liquidazione e per la riscossione, sarà soggetto all’ordinaria prescrizione di dieci anni, decorrenti dalla notifica della cartella.
Anche il diritto al rimborso del contribuente è soggetto a termini di decadenza e prescrizione. In riferimento ai tributi locali, il contribuente è tenuto a chiedere il rimborso delle somme versate e non dovute entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione (art. 1, comma 164, L. n. 296/2006)
La domanda, una volta presentata nei termini, ed evitata così la decadenza, o viene accolta, ed allora non si pone più nessun problema; o si forma il silenzio-rigetto. In questo secondo caso trova applicazione l’art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992 secondo il quale il ricorso avverso il rifiuto tacito può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto. Anche in questo caso trova applicazione il termine ordinario decennale.
Articolo di Lorella Martini
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