La Rivista del Sindaco


L’istanza di rimborso dei tributi versati e non dovuti

Disciplina dell’istituto e adempimenti a carico degli uffici comunali
Approfondimenti
di Martini Lorella
30 Novembre 2022


Disciplina dell’istituto
Tra i procedimenti amministrativi che caratterizzano il rapporto con il contribuente, particolarmente insidioso è il diritto al rimborso del tributo versato e non dovuto.
Come spesso accade, l’istituto del rimborso è disciplinato da una normativa frammentata e lacunosa che obbliga ad uno sforzo di riordino e chiarificazione.
In proposito, la prima disposizione che è necessario richiamare è il comma 164 dell’articolo 1 della legge n. 296/2006[1], che disciplina la prescrizione del diritto ad ottenere il rimborso di somme non dovute: la norma in commento prevede che l’istanza debba essere presentata entro cinque anni dal giorno del versamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione, e dà indicazioni sui tempi del rimborso, che deve avvenire entro centottanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza.
Per completezza, si precisa che, da qualche anno, la giurisprudenza ha fatto chiarezza su un’importante problematica interpretativa, ovvero sulle modalità di calcolo del termine quinquennale in presenza di contenzioso. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22545/2019 ha statuito che il termine per avanzare richiesta di rimborso decorre dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, ossia dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza che ha riconosciuto la debenza delle somme di cui si chiede il rimborso, e non dal giorno del pagamento[2].
Se ad una prima e superficiale lettura, la regola temporale potrebbe risultare analoga al sistema di decadenza per la fase accertativa, in realtà un esame più approfondito fa emergere una sorta di discrasia temporale: infatti se, ad esempio, l’IMU versata in acconto al 16 giugno di un certo anno, ad esempio il 2017, non può più essere richiesta a rimborso a fine 2022, il termine per accertare è invece ancora aperto, basandosi sul principio di annualità dell’obbligazione.
Il comma 164 dell’articolo 1 della legge n. 296/2006 deve essere coordinato poi con le regole previste per l’impugnazione del rifiuto, sia tacito sia esplicito, come disciplinate dal d.lgs. n. 546/1992, recante il codice del processo tributario.
L’articolo 19 del d.lgs. n. 546/1992, al comma 1, lettera g), elenca, tra gli atti impugnabili, il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti. La disposizione scrive uno dei pochi casi di silenzio significativo in materia di tributi locali, parificando la mancata risposta al rigetto dell’istanza e prevedendo che il decorso di un determinato lasso di tempo permetta l’impugnazione.
I tempi entro i quali si può agire contro tale silenzio significativo sono disciplinati dal successivo articolo 21. La norma appena richiamata prevede che “Il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato. […] Il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione di cui all’art. 19, comma 1, lettera g), può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto. La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”. La legge riconosce pertanto ben cinque anni di tempo, decorrenti dal novantunesimo giorno dalla data di presentazione della domanda di rimborso, per presentare ricorso contro il silenzio dell’Amministrazione.
Si ricorda che anche la fattispecie del rimborso accede all’istituto del reclamo/mediazione per importi fino a 50.000 euro.
L’istanza di rimborso attiva un vero e proprio procedimento amministrativo ai sensi della legge n. 241/1990, con indicazione esplicita, contenuta nel comma 164 dell’articolo 1 della legge n. 296/2006, del termine ultimo entro il quale concludere il procedimento, comprensivo della liquidazione delle somme, individuato in centottanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza.
Il provvedimento di rimborso, per il suo carattere di definitività, comporta un’analisi completa della situazione del contribuente, alla stregua di un accertamento, che si estende alla base imponibile, alle dichiarazioni presentate, ai versamenti eseguiti, al calcolo del termine di prescrizione dal giorno del versamento rispetto alla data di presentazione dell’istanza ovvero dalla data in cui è stato accertato il diritto al rimborso, al prospetto di liquidazione con gli interessi calcolati dalla data del versamento.
Il riscontro dell’Ente potrà quindi essere di accoglimento, totale o parziale, ovvero di rigetto. In ipotesi di accoglimento parziale o di rigetto, l’Ente dovrà preventivamente far pervenire al contribuente un preavviso che consenta a quest’ultimo di aggiungere nuovi elementi a sostegno della sua istanza.
La successiva fase di erogazione delle somme necessita di un puntuale controllo fino all’accredito materiale del rimborso, da eseguirsi sul canale indicato per iscritto dal diretto interessato.
È bene precisare che in nessun modo il Comune può rimborsare un accertamento pagato e non impugnato nei termini, atteso che il rimborso si esegue solo ed esclusivamente su somme versate spontaneamente dal contribuente. Infatti, in caso di accertamento non impugnato, il contribuente ha assunto un comportamento di acquiescenza che ha prodotto l’effetto amministrativo del consolidamento[3].

Gli adempimenti a carico degli Uffici comunali
Se la disciplina dell’istanza di rimborso appena vista può risultare relativamente semplice, più problematica può essere la concreta “gestione” delle pratiche di rimborso da parte degli Uffici comunali, atteso che le fattispecie presupposte dalla domanda del contribuente possono essere molto diverse tra loro.
La accennata complessità di gestione si è venuta a configurare in particolare a seguito dell’emanazione della legge n. 147/2013, in particolare del suo art.1, commi da 722 a 727, e del decreto interministeriale del 24 febbraio 2016, aventi ad oggetto le procedure di riversamento, rimborso e regolazioni relative ai tributi locali[4].

Versamento a Ente locale incompetente
(art. 1, comma 722, legge n. 147/2013, artt. 2 e 6 del decreto 24 febbraio 2016)
La prima fattispecie che viene presa in esame dal decreto interministeriale citato è quella del versamento ad un Ente locale incompetente[5].
Il Legislatore è dovuto intervenire per risolvere le criticità manifestatesi negli anni pregressi, allorché i Comuni che non avevano ricevuto le somme dei tributi di loro pertinenza procedevano alla notifica di avvisi di accertamento e si rifiutavano di annullare in autotutela gli avvisi stessi, nonostante il contribuente avesse dimostrato di aver effettuato il versamento, anche se ad un Comune incompetente. Tale criticità era dovuta anche dalla circostanza che l’Ente risultato erroneamente beneficiario del pagamento non riversava le somme al Comune competente, fondando tale comportamento proprio sulla mancanza di una norma specifica che gli imponesse il riversamento.
Il contribuente, pertanto, era costretto a proporre istanza di rimborso al Comune incompetente e contestualmente a regolarizzare la propria posizione, pagando anche sanzioni e interessi, nei confronti del Comune competente.
Come premesso, il Legislatore è intervenuto disciplinando espressamente la fattispecie, tant’è che, ad oggi, il contribuente che si sia accorto di avere effettuato un versamento a un Comune incompetente, è tenuto a presentare una semplice comunicazione sia al Comune competente sia a quello incompetente, indicando, ai sensi del comma 2 dell’art. 2 del Decreto:

  • gli estremi del versamento;
  • l’importo versato;
  • i dati catastali dell’immobile cui si riferisce il versamento;
  • l’ente locale destinatario delle somme;
  • l’ente locale che ha ricevuto erroneamente il versamento.

A sua volta, l’Ente locale deve, nel momento in cui viene a conoscenza dell’errato versamento, procedere direttamente, entro il termine di centottanta giorni, al riversamento all’Ente locale competente delle somme indebitamente percepite.
Si precisa che tale evenienza si può verificare non solo a seguito di segnalazione da parte del contribuente, ma anche quando è il Comune stesso ad avvedersi in via autonoma di aver ricevuto un versamento non di propria competenza.
In via generale, di dette somme dovrà tenersi conto nell’ambito delle eventuali regolazioni relative al Fondo di solidarietà comunale (FSC)[6]. A tal fine, gli Enti locali interessati devono comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze, che ne notizierà il Ministero dell’Interno, gli esiti della procedura del riversamento in parola, mediante le modalità telematiche disciplinate all’art. 7 del Decreto, trasmettendo entro sessanta giorni dall’emanazione del provvedimento di rimborso o dalla data di comunicazione al contribuente dell’esito dell’istruttoria relativa alle comunicazioni, i dati necessari per l’attuazione delle procedure in oggetto, mediante il loro inserimento nell’apposita sezione del Portale del federalismo fiscale[7].

Versamento in misura superiore al dovuto al Comune competente e/o allo Stato
(art. 1, comma 724, legge n. 147/2013, art. 3, comma 1 e art. 5 del decreto 24 febbraio 2016)
La procedura che regola il caso in esame prevede che il contribuente presenti un’apposita istanza di rimborso all’Ente locale, sia nel caso di versamento di competenza del Comune sia nel caso di versamento di competenza dell’Erario, come può avvenire per l’IMU quota Stato o per la maggiorazione TARES[8].
L’esigenza di presentare l’istanza di rimborso al Comune è dettata dalla circostanza che, anche nell’ipotesi di errato versamento nei confronti dello Stato, l’Ente locale è l’unico soggetto legittimato alla verifica dell’esatto assolvimento dell’obbligo tributario. Si ricorda, inoltre, che, sia per l’IMU quota Stato sia per la maggiorazione TARES, il Legislatore, rispettivamente con l’art. 13, comma 11, del d.l. n. 201/2011 e con l’art. 1, comma 705 della legge n. 147/2013, ha previsto che le relative attività di accertamento e riscossione siano svolte dai Comuni, ai quali spettano le maggiori somme derivanti dallo svolgimento delle suddette attività a titolo di tributo, interessi e sanzioni.
A sua volta, l’Ente locale, a norma del comma 1 dell’art. 4 del Decreto, procede alla verifica della fondatezza delle istanze ricevute, completando tale fase istruttoria entro centottanta giorni dal loro ricevimento e dandone contestuale comunicazione al contribuente.
Nel caso di esito positivo dell’istruttoria, l’Ente locale comunica al Ministero dell’economia e delle finanze, mediante le già accennate modalità telematiche di cui all’art. 7, l’importo totale da rimborsare al contribuente, la quota già rimborsata o da rimborsare, la parte a proprio carico e quella a carico dell’Erario.
Si deve sottolineare che, a norma del comma 3 dell’art. 4 del Decreto, l’Ente locale, qualora all’esito delle ordinarie attività di controllo si avveda di un versamento eccedente quello dovuto, attiva d’ufficio l’istruttoria e adotta i conseguenti provvedimenti, dandone comunicazione al contribuente e al Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi del comma 1 dell’art. 6 del Decreto.
È bene evidenziare che l’Ente locale, una volta appurato il diritto al rimborso del contribuente, ha l’obbligo, a norma del comma 724 dell’art. 1 della legge n. 147/2013 e del comma 1 dell’art. 5 del Decreto, di provvedere al rimborso per la quota di propria competenza entro il termine previsto dall’art. 1, comma 164 della legge n. 296/2006, vale a dire “entro centottanta giorni dalla data di presentazione dell'istanza”.
Il Decreto non esclude, tuttavia, che i Comuni possano procedere, all’esito positivo dell’istruttoria sopra descritta, direttamente al rimborso al contribuente delle somme erroneamente versate allo Stato; a questo proposito, si rammenta che il comma 3 dell’art. 5 del Decreto prevede che, nel caso in cui si verifichi detta eventualità, occorre darne comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi dell’art. 4.
Se le somme devono essere rimborsate al contribuente dallo Stato, la Legge n. 147/2013 al comma 724 dell’art. 1 e il comma 2 dell’art. 5 del Decreto prevedono che quest’ultimo effettui la restituzione ai sensi dell’art. 684 delle istruzioni sul servizio di tesoreria dello Stato di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 29 maggio 2007, ovvero a valere sul capitolo “3866 restituzione e rimborsi” per la parte capitale e sul capitolo “3830 interessi passivi su somme in deposito o indebitamente riscosse ed interessi di mora sulle restituzioni all’esportazione” per la parte interessi[9].
Per quanto riguarda gli interessi, occorre precisare che gli stessi sono calcolati applicando il tasso d’interesse legale e decorrono dal giorno successivo a quello di effettivo versamento fino alla data di emissione del mandato di pagamento.
I competenti uffici del Dipartimento delle finanze, Direzione agenzie ed enti della fiscalità, attraverso la procedura telematica disponibile sul Portale del federalismo fiscale, dopo avere ricevuto dal Comune la comunicazione del rimborso spettante ai sensi dell’articolo 4, comma 2, del Decreto, effettuano il rimborso in questione entro novanta giorni dalla data di ricezione.
Nell’ipotesi in cui le somme erroneamente versate dal contribuente allo Stato siano anticipatamente rimborsate dall’Ente locale, lo Stato provvederà al riversamento delle somme dovute nei confronti dell’Ente locale, avvalendosi dei dati comunicati telematicamente da quest’ultimo, ed effettuerà le conseguenti regolazioni a valere sullo stanziamento di apposito capitolo - anche di nuova istituzione - del proprio stato di previsione, oltre alle eventuali regolazioni nell’ambito del FSC.

Versamento allo Stato di una somma spettante al Comune e successiva regolazione verso il Comune
(art. 1, comma 726, Legge n. 147/2013, art. 3, comma 2, e art. 5 del Decreto 24 febbraio 2016)
Il comma 2 dell’art. 3 del Decreto, in attuazione del comma 726 dell’art. 1 della legge n. 147/2013[10], disciplina un’ipotesi particolare che si verifica nel caso in cui il contribuente abbia:

  • versato allo Stato una somma di spettanza dell’Ente locale;
  • regolarizzato contestualmente la sua posizione nei confronti dello stesso Ente locale con successivo versamento.

In tale ipotesi è previsto che il contribuente presenti un’istanza di rimborso al Comune, avendo versato due volte la stessa somma per la medesima obbligazione.
Risultando il contribuente creditore nei confronti dello Stato, si verificano le stesse condizioni già esaminate nel capitolo precedente per cui valgono le indicazioni già fornite relativamente all’istruttoria, alle comunicazioni da parte del Comune nonché alla procedura di rimborso da parte dello Stato.

Versamento allo Stato di una somma spettante al Comune che non dà luogo a rimborsi
(art. 1, comma 725, Legge n. 147/2013 e art. 3, comma 3, del Decreto 24 febbraio 2016)
Ciò che distingue la fattispecie in discorso da quelle esaminate nei capitoli precedenti è che i versamenti erronei non hanno comportato somme da restituire, atteso che il contribuente ha corrisposto l’esatto importo dovuto ma ad un ente diverso da quello competente[11].
In tale ipotesi, il comma 3 dell’art. 3 del Decreto prevede che il contribuente presenti al Comune una semplice comunicazione in cui rappresenta la circostanza di aver versato l’esatto importo allo Stato anziché al Comune.
Ai sensi dell’art. 4, comma 1 del Decreto, l’Ente locale deve quindi procedere all’istruttoria delle comunicazioni inoltrate dai contribuenti per verificarne la fondatezza, completando tale fase istruttoria entro centottanta giorni dal ricevimento delle stesse e dandone contestuale comunicazione al contribuente.
Nel caso di esito positivo dell’istruttoria, l’Ente locale comunica al Ministero dell’economia e delle finanze, mediante le modalità telematiche di cui all’art. 7, l’importo totale e la quota versata all’Erario ma di pertinenza del Comune.
L’Ente locale può, ai sensi del comma 3 dell’art. 4 in esame, comunque attivare autonomamente l’istruttoria e adottare i conseguenti provvedimenti, sulla base delle evidenze emerse nell’ambito delle attività di controllo del tributo.
Il Ministero dell’economia e delle finanze trasmette i dati risultanti dalle comunicazioni inviate dai Comuni al Ministero dell’interno, il quale effettua le conseguenti regolazioni a valere sullo stanziamento di apposito capitolo - anche di nuova istituzione - del proprio stato di previsione. I due Ministeri provvedono altresì alle eventuali regolazioni nell’ambito del FSC.

Versamento al Comune di una somma spettante allo Stato che non dà luogo a rimborsi
(art. 1, comma 727, Legge n. 147/2013 e art. 3, comma 3, del Decreto 24 febbraio 2016)
Il comma 3 dell’art. 3 del Decreto disciplina, in virtù del comma 727[12] dell’art. 1 della legge n. 147/2013, anche l’ipotesi in cui sia stata versata all’Ente locale una somma spettante allo Stato e che tale versamento non comporti comunque somme da restituire, poiché il contribuente ha corrisposto l’esatto importo dovuto.
In tale ipotesi il contribuente è tenuto a presentare al Comune una semplice comunicazione in cui rappresenta la circostanza di aver versato l’esatto importo al Comune anziché allo Stato.
L’Ente locale deve procedere, ai sensi dell’art. 4, comma 1 del Decreto, all’istruttoria delle comunicazioni inoltrate dai contribuenti per verificarne la fondatezza, completando tale fase istruttoria entro centottanta giorni dal ricevimento delle stesse e dandone contestuale comunicazione al contribuente.
Anche in questo caso, se l’istruttoria si conclude con esito positivo, l’Ente locale comunica al Ministero dell’economia e delle finanze, mediante le modalità telematiche di cui all’art. 7, l’importo totale e la quota versata dal contribuente all’Ente stesso ma di pertinenza dell’Erario.
L’Ente locale può, ai sensi del comma 3 dell’art. 4 in esame, comunque attivare autonomamente l’istruttoria e adottare i conseguenti provvedimenti, sulla base delle evidenze emerse nell’ambito delle attività di controllo del tributo.
In ogni caso, il Comune, all'esito positivo dell'istruttoria, dispone il riversamento all'Erario delle somme ad esso spettanti, come disposto dall’art. 6, comma 3, del Decreto, mentre il Ministero dell’economia e delle finanze e il Ministero dell’interno provvedono, a norma del comma 4 dell’art. 6 del Decreto, alle eventuali regolazioni nell’ambito del FSC.


Allegato


Articolo di Lorella Martini


[1] Così il comma 164 dell’art.1 della legge n. 296/2006: “Il rimborso delle somme versate e non dovute deve essere richiesto dal contribuente entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione. L’ente locale provvede ad effettuare il rimborso entro centottanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza”.
[2] Nel caso trattato dalla Suprema Corte il contribuente aveva presentato l’istanza di rimborso per l’ICI versata nel 2007 e 2008 nell’anno 2014, dopo la pronuncia della sentenza di determinazione della nuova rendita catastale, emessa dalla CTR della Campania in data 22.2.2013, poi passata in giudicato per mancata impugnazione in Cassazione. Il Giudice di appello ha ritenuto tale istanza tempestiva, in quanto rispettosa del termine di cinque anni decorrente dal giorno dell’accertamento del diritto alla restituzione di cui alla legge n. 296 del 2006, art. 1, comma 164, e dunque dal passaggio in giudicato della sentenza determinativa della rendita catastale.
[3] Tale principio trova conferma nella giurisprudenza. Nella sentenza n. 7086/2010 la Corte di Cassazione ha stabilito che “qualora il contribuente non impugni l’atto col quale l’amministrazione ha esplicitato la pretesa tributaria, ma presenti istanza di rimborso, dopo aver pagato nei termini richiesti, dalla definitività per mancata impugnazione dell’atto impositivo deriva l’inammissibilità dell’istanza, perché contrastante con il titolo, ormai definitivo, che giustifica l’attività esattiva dell’amministrazione (Cass. n. 672/2007) … solo l’impugnazione tempestiva dell’atto impositivo è idonea ad evitare che il presupposto della pretesa tributaria divenga definitivo, rendendo improponibile la richiesta di rimborso (tra le altre, Cass. n.12009/2006 e n. 8456/2004)”.
[4] Si ricorda che tali procedure sono state introdotte dall’art. 1, commi da 722 a 727, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, con riferimento, inizialmente, alla sola imposta municipale propria (IMU).
Successivamente l’art. 1, comma 4, del d.l. 6 marzo 2014, n. 16 convertito, con modificazioni, dalla legge 2 maggio 2014, n. 68, ha esteso tali procedure a tutti i tributi locali e ha, altresì, stabilito che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono individuate le modalità applicative delle predette disposizioni. Ricordiamo altresì che l’art. 1 del Decreto 24 febbraio 2016 ha stabilito che le procedure in argomento riguardino prioritariamente l’IMU, la maggiorazione standard del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, l’imposta municipale immobiliare istituita nella Provincia autonoma di Bolzano e l’imposta immobiliare semplice istituita nella Provincia autonoma di Trento. Trattasi, cioè, dei tributi per cui si è verificata la parte più consistente di erronei versamenti, determinati dalla contemporanea presenza di due distinte obbligazioni da assolvere sia nei confronti dello Stato sia nei confronti del Comune.
[5] Il citato art. 2 del Decreto dà attuazione al comma 722 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013, ai sensi del quale “A decorrere dall'anno di imposta 2012, nel caso in cui il contribuente abbia effettuato un versamento relativo all'imposta municipale propria a un comune diverso da quello destinatario dell'imposta, il comune che viene a conoscenza dell'errato versamento, anche a seguito di comunicazione del contribuente, deve attivare le procedure più idonee per il riversamento al comune competente delle somme indebitamente percepite. Nella comunicazione il contribuente indica gli estremi del versamento, l'importo versato, i dati catastali dell'immobile a cui si riferisce il versamento, il comune destinatario delle somme e quello che ha ricevuto erroneamente il versamento”.
[6] In proposito il comma 723 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 così prevede: Per le somme concernenti gli anni di imposta 2013e seguenti, gli enti locali interessati comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero dell'interno gli esiti della procedura del riversamento di cui al comma 722 al fine delle successive regolazioni, per i comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della regione Sardegna, in sede di Fondo di solidarietà comunale di cui all'articolo 1, comma 380, lettera b), della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e, per i comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in sede di attuazione del comma 17 dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214".
[7] A tale proposito, infatti, si evidenzia che solo con l’ausilio dello strumento telematico è possibile l’incrocio dei dati trasmessi dai Comuni con quelli risultanti dalle banche dati in possesso dell’Amministrazione finanziaria, come, ad esempio, i codici fiscali dei contribuenti e i versamenti effettuati mediante il modello F24 ovvero il bollettino di conto corrente postale con esso compatibile. Il comma 4 dell’art. 6 del Decreto in commento, al successivo comma 5, precisa quindi che ai fini delle regolazioni in discorso, vengono prese in considerazione solo le comunicazioni pervenute invia telematica ai sensi dell’art. 7 del decreto, entro il 31 luglio dell’anno precedente a quello di riferimento del FSC.
[8] Il comma 724 dell’art. 1 della Legge n. 147 del 2013 prevede che “A decorrere dall'anno di imposta 2012, nel caso in cui il contribuente abbia effettuato un versamento relativo all'imposta municipale propria di importo superiore a quello dovuto, l'istanza di rimborso va presentata al comune che, all'esito dell'istruttoria, provvede alla restituzione per la quota di propria spettanza, segnalando al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero dell'interno l'importo totale, la quota rimborsata o da rimborsare a proprio carico nonché l'eventuale quota a carico dell'erario che effettua il rimborso ai sensi dell'articolo 68 delle istruzioni sul servizio di tesoreria dello Stato di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 29 maggio 2007, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 163 del 16 luglio 2007. Ai fini della regolazione dei rapporti finanziari Stato-comune, si applica la procedura di cui al comma 725”.
[9] L’art. 68 del d.m. 29 maggio 2007, rubricato “Rimborso di somme erroneamente o indebitamente versate all'erario”, recita: 
“1. Le Tesorerie non debbono dare corso a richieste di riduzione o annullamento di documenti di entrata contro rimborso diretto - in contante o con qualsiasi altro mezzo - a favore delle parti.
2. Al rimborso delle somme erroneamente o indebitamente versate all'erario provvede l'Amministrazione che le ha acquisite, con le modalità previste per il pagamento delle spese dello Stato.
3. La DPSV è competente a disporre il rimborso delle somme erroneamente o indebitamente versate in conto entrate del MEF (Capo X), ovvero a capi diversi dal Capo X, nel caso in cui le Amministrazioni competenti non abbiano, nel proprio stato di previsione, apposito capitolo di spesa”.
[10] Il comma 726 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 stabilisce che “A decorrere dall'anno di imposta 2012, nel caso in cui il contribuente abbia versato allo Stato una somma, a titolo di imposta municipale propria, di spettanza del comune, e abbia anche regolarizzato la sua posizione nei confronti dello stesso comune con successivo versamento, ai fini del rimborso della maggiore imposta pagata si applica quanto previsto dal comma 724”.
[11] Il comma 725 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 dispone che “A decorrere dall'anno di imposta 2012, nel caso in cui sia stata versata allo Stato, a titolo di imposta municipale propria, una somma spettante al comune, questo, anche su comunicazione del contribuente, dà notizia dell'esito dell'istruttoria al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero dell'interno il quale effettua le conseguenti regolazioni a valere sullo stanziamento di apposito capitolo anche di nuova istituzione del proprio stato di previsione. Relativamente agli anni di imposta 2013 e successivi, le predette regolazioni sono effettuate, per i comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della regione Sardegna, in sede di Fondo di solidarietà comunale di cui all'articolo 1, comma 380, lettera b), della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e, per i comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in sede di attuazione del comma 17 dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214”.
[12] Il comma 727 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 stabilisce che: “A decorrere dall'anno di imposta 2012, nel caso in cui sia stata versata al comune, a titolo di imposta municipale propria, una somma spettante allo Stato, il contribuente presenta al comune stesso una comunicazione nell'ipotesi in cui non vi siano somme da restituire. L'ente locale impositore, all'esito dell'istruttoria, determina l'ammontare del tributo spettante allo Stato e ne dispone il riversamento all'erario. Limitatamente alle somme concernenti gli anni di imposta 2013 e successivi, il comune dà notizia dell'esito dell'istruttoria al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero dell'interno al fine delle successive regolazioni, per i comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della regione Sardegna, in sede di Fondo di solidarietà comunale di cui all'articolo 1, comma 380, lettera b), della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e, per i comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in sede di attuazione del comma 17 dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.”



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