Nonostante i primi approcci alla stabilizzazione avviati nel 2013 con il Decreto Carrozza e proseguiti con la Buona Scuola nel 2015, all'inizio dell'anno scolastico, tra i vari problemi che riguardano la scuola italiana, ne spicca ormai da anni uno in particolare: il mulinello che coinvolge gli insegnanti di sostegno, spezzando la continuità del loro lavoro che, rivolgendosi a uno studente diversamente abile, risulta ancora più importante del nomale. Dopo le numerose richieste delle famiglie interessate, anche la Corte dei conti ha focalizzato parte del suo interesse su questo argomento, mentre il ministro Marco Busetti si appresta ad affrontare questa delicata questione.
La settimana scorsa, i magistrati contabili hanno pubblicato la relazione riguardante gli "interventi per la didattica a favore degli alunni con disabilità e bisogni educativi speciali", dove mettono in luce la normativa e i suoi meccanismi rugginosi, principalmente basate sulla frammentarietà dei finanziamenti e la ripartizione in cinque diversi livelli delle competenze: comunitaria, comunale, di istituto, regionale, nazionale. La spesa mobilitata è significativa; si parla di 900milioni complessivi solo per le supplenze, attraverso le quattro linee di credito da sfruttare (con difficoltà) di concerto: i fondi della legge 104/1992; le assegnazioni dirette alle scuole attraverso il Fondo per l' offerta formativa di cui alla legge 440/1997; le poste di bilancio previste da norme ad hoc (deficit sensoriali, Dsa, Bes); i fondi Ue.
Altro punto debole è la carenza di insegnanti di sostegno: per 254mila studenti disabili, abbiamo a disposizione solo 139mila professori. Nemmeno la metà (88mila circa) di questi è di ruolo, mentre un grosso numero corrisponde a chi ha un contratto a tempo determinato (52mila circa) o "in deroga" (40mila circa). Gli insegnanti in deroga sono attivati per decisione del giudice o sulle ore aggiuntive di un prof ogni due studenti rispetto al tetto nazionale. A questo quadro si aggiunge che molti insegnanti questo canale solo come primo passo, per raggiungere il posto fisso e farsi passare al ruolo di insegnante ordinario il prima possibile, causando un'ulteriore carenza di maestri specializzati. Questo porta spesso i dirigenti a dover utilizzare precari senza specializzazione; qualche migliaio ogni anno. A causa di queste carenze e soprattutto di un sistema di gestione delle mobilità (di cui si è molto discusso negli anni passati), che sembra non premiare la continuità, circa 1 insegnante su 3 si vede cambiare l'alunne assistito, che a sua volta si vede tolto un importante punto di riferimento.
Le prime contromisure proposte dal ministro Bussetti coinvolgono la richiesta di autorizzazione almef al fine di stabilizzare circa 13mila insegnanti di sostegno e l'attivazione di un nuovo ciclo di Tirocini formativi attivi (circa 5mila). Inoltre si è premunito di portare avanti il dossier riguardante il decreto legislativo 66/2017, per la realizzazione di una deroga della Buona Scuola. Il precedente governo aveva rimandato questi decreti, e l'attuale ministro ne ha messi a punto cinque dei restanti otto riguardanti: definizione dei profili professionali del personale destinato all'assistenza per l'autonomia e la comunicazione; formazione iniziale dei docenti di sostegno nell'infanzia e nella primaria; definizione degli indicatori per la valutazione chiesti dall'Invalsi; piano per l'inclusione; continuità didattica.
Proprio sulla questione della continuità, si è già arrivati ad un accordo sulla mobilità permettendo a insegnanti non specializzati ma in conclusione del percorso di specializzazione di ottenere un'assegnazione provvisoria, anche se la parte più importante riguarderà le supplenze pluriennali, già previste (ma non ancora attuate) dalla Buona Scuola.
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