Nonostante quello che si crede, spesso i comuni hanno a disposizione i fondi per iniziare o portare a compimento determinate opere, atte a migliorare la vita del cittadino, ma questi si ritrovano in diverse occasioni bloccati a causa di pesanti regolamenti che non ne permettono l'utilizzo. Quindi se è vero che i soldi sono importanti, lo è altrettanto renderli usufruibili senza lasciarli ingarbugliati in cause o ricorsi, come accade fin troppo spesso.
Il presidente dell'Associazione nazionale comuni italiani (o Anci), Antonio Decaro, dopo un'esperienza quadriennale alla guida del grande comune di Bari ha dichiarato: "Bisogna tornare alla possibilità di utilizzare l'appalto integrato, con regole che evitino gli abusi, e superare l'effetto bloccante del contenzioso, pensando a modalità che permettano di andare avanti con l'opera anche in caso di ricorso e prevedano il pagamento di una quota dell' utile se l'impresa perde la causa".
Nell'assemblea nazionale di venerdì, tenuta dai piccoli Comuni Anci, si è parlato della questione degli avanzi di bilancio (circa il 92% ne ha a disposizione, ma si ritrova nell'impossibilità di poterli spendere), chiarendo come non sia facile arrivare a un equilibrio tra i freni delle strutture tecniche e le richieste della politica. Durante l'assemblea, il viceministro all'Economia Laura Castelli ha promesso di intervenire riguardo questa questione per tentare di risolvere un problema considerato urgente e condiviso.
Una volta liberati i fondi, questi devono poter tornare in fretta ad essere utilizzati, per questo verrà presentato all'Associazione nazionale costruttori edili (o Ance) un pacchetto "sblocca-cantieri", il cui scopo sarà quello di far tornare in vigore l'appalto integrato, dove il progetto esecutivo sarà realizzato dall'impresa, basandosi sul definitivo preparato dall'amministrazione. Già nel Codice appalti si era visto introdurre il divieto utile a fermare abusi e sprechi, prodotti in genere dalle grandi stazioni appaltanti. In seguito, però, le Ferrovie e l'Anas sono riuscite a ottenere delle deroghe, lasciando ai comuni la sgradevole responsabilità di gestire la questione, quegli stessi comuni che, dopo anni di blocco, non hanno modo né competenze per eseguire la progettazione esecutiva.
Già il governo Gentiloni aveva provato a frenare questi blocchi delle opere, ma si era trovato davanti ad insormontabili ostacoli tecnici. Intano, con il tempo la situazione diventa sempre più insostenibile: lo stesso Consiglio di Stato presenta addirittura sentenze opposte su aspetti tecnici (come, ad esempio, i metodi di calcolo nella valutazione dell'offerta). Si è resa necessaria l'attuazione di filtri, per evitare che una decisione dell'Anac si veda bloccata da un ricorso al Tar, impedendo che questo intrico di corsi e ricorsi blocchi la possibilità dei comuni di portare avanti le proprie opere indispensabili. Piccoli passi avanti sono stati fatti solo nel turn over, con leggi nazionali atte all'assunzione di vigili urbani, educatori e assistenti sociali, ma ancora ci sono troppi vincoli e difficoltà, spesso generati dall'ignoranza dello stato riguardo le necessità specifiche di ogni comune. Anche riguardo alla questione del personale, si è infatti proposto un ritorno all'autonomia dei Comuni, con regole generali imposte dal governo ma una certa liberta di scelta in mano alle amministrazioni locali.
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