Già da 27 anni, stando alla decisione del legislatore, il modo per rimediare a un esercizio del governo locale in cui si siano riscontrate infiltrazioni dalla criminalità organizzata è quello di sciogliere il Comune, cosa che porta a un'erogazione incerta delle sue funzioni fondamentali per un certo periodo. La natura del provvedimento, che tenta di garantire l'imparzialità e l'andamento delle attività amministrative locali, ha un carattere principalmente sanzionatorio; con questo mezzo il Governo interviene quando un'attività del crimine organizzato viene riconosciuta in un contesto tale da ledere la credibilità e soprattutto la funzionalità di un ente amministrativo.
Ovviamente è tentabile, a fronte di questo provvedimento, ogni possibile tutela davanti al magistrato amministrativo, atta a dimostrarne la legittimità. Questa possibilità ha portato all'accoglimento (ad oggi) di soli 25 procedimenti a fronte dei 306 avanzati; vedendo quindi annullati, un enorme numero di scioglimenti disposti.
Ciò nonostante, l'aspetto che vogliamo analizzare è quello che riguarda la fase successiva l'annullamento, ovvero quello in cui gli organi eletti vengono deposti e la gestione dell'ente locale affidata a una commissione straordinaria (come da articolo 144 del TUEL). Della commissione entrano a far parte da tre membri scelti tra i funzionari dello Stato, in servizio o in pensione, o tra ex magistrati ordinari o amministrativi. Per 12/18 mesi (con proroga fino a un massimo di 2 anni) questo comitato si ritrova a sostituire sindaco, giunta e consiglio. Il bisturi legislativo può estendersi anche all'apparato burocratico, se il collegamento con il gruppo mafioso risultasse tanto esteso da giustificare un simile intervento di altre cariche come segretari comunale, dirigenti e dipendenti di qualsiasi categoria.
Questo taglio porta a una certa difficoltà nel garantire l'efficacia del comitato sostitutivo, per quanto riguarda aspetti quali: funzionamento amministrativo; produzione dell' efficienza istituzionale (che porta le cicatrici del periodo di patimento criminale); intervento di "igiene" sociale da realizzare nei rapporti con la collettività del territorio (in genere, afflitta dal peso della malavita che ha contaminato le relazioni tra la PA locale e cittadini); risanamento dei bilanci ereditati (se occorre); e infine una vera e propria sollecitazione verso la partecipazione democratica, in modo da poter favorire la generazione di una buona classe politica, a cui lasciare in seguito la gestione dell'ente.
Nei (pochi) casi in cui il Comune sia stato sciolto in seguito alla connessione con attività mafiose, queste misure non sono state realizzate: tranne in alcuni casi rari, poco o nulla è stato fatto dalla commissione entrata in sostituzione degli organi eletti, spesso anche a causa del peso burocratico e del poco tempo a disposizione per recuperare un'amministrazione ferita in maniera profonda dalla criminalità.
Il problema va quindi affrontato con maggior serietà ed efficacia, si è quindi proposto di affidare la gestione dei Comuni sciolti, non più a un gruppo di figure spesso non abbastanza professionalizzate e prive dei mezzi e tempi burocratici per riassestare una PA scossa dal fenomeno dell'infiltrazione criminale, ma (rispettando l'autonomia degli enti locali) a un ente in capo, una specie di "prefetto di scopo" o "sindaco della Repubblica", con a disposizione un ampio mandato (si parla di durata quinquennale). Un simile provvedimento, serve anche a far percepire al cittadino quanto grave può essere la situazione di un Comune ammalato di mafia, e che la cura, seppur possibile, deve seguire un percorso con tempi ampi, atti a garantire il risanamento amministrativo necessario. Questa complessa attività pretende anche una sinergia e collaborazione tra Comune e Provincia e una forte esperienza amministrativa e sensibilità sociale, da parte dell'ente a capo della ristrutturazione. Questi sono gli aspetti sottolineati e portati alla luce dal procuratore calabrese Nicola Grattezi, per fare in modo che " la cultura antimafia vinca sulla cultura mafiosa".
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