La Rivista del Sindaco


Pesanti difficoltà per la ripresa dei Comuni infiltrati dalla mafia

Dirigenza degli Enti Locali
di La Posta del Sindaco
05 Luglio 2018

Già da 27 anni, stando alla decisione del legislatore, il modo per rimediare a un esercizio del governo locale in cui si siano riscontrate infiltrazioni dalla criminalità organizzata è quello di sciogliere il Comune, cosa che porta a un'erogazione incerta delle sue funzioni fondamentali per un certo periodo. La natura del provvedimento, che tenta di garantire l'imparzialità e l'andamento delle attività amministrative locali, ha un carattere principalmente sanzionatorio; con questo mezzo il Governo interviene quando un'attività del crimine organizzato viene riconosciuta in un contesto tale da ledere la credibilità e soprattutto la funzionalità di un ente amministrativo.

Ovviamente è tentabile, a fronte di questo provvedimento, ogni possibile tutela davanti al magistrato amministrativo, atta a dimostrarne la legittimità. Questa possibilità ha portato all'accoglimento (ad oggi) di soli 25 procedimenti a fronte dei 306 avanzati; vedendo quindi annullati, un enorme numero di scioglimenti disposti.

Ciò nonostante, l'aspetto che vogliamo analizzare è quello che riguarda la fase successiva l'annullamento, ovvero quello in cui gli organi eletti vengono deposti e la gestione dell'ente locale affidata a una commissione straordinaria (come da articolo 144 del TUEL). Della commissione entrano a far parte da tre membri scelti tra i funzionari dello Stato, in servizio o in pensione, o tra ex magistrati ordinari o amministrativi. Per 12/18 mesi (con proroga fino a un massimo di 2 anni) questo comitato si ritrova a sostituire sindaco, giunta e consiglio. Il bisturi legislativo può estendersi anche all'apparato burocratico, se il collegamento con il gruppo mafioso risultasse tanto esteso da giustificare un simile intervento di altre cariche come segretari comunale, dirigenti e dipendenti di qualsiasi categoria.

Questo taglio porta a una certa difficoltà nel garantire l'efficacia del comitato sostitutivo, per quanto riguarda aspetti quali: funzionamento amministrativo; produzione dell' efficienza istituzionale (che porta le cicatrici del periodo di patimento criminale); intervento di "igiene" sociale da realizzare nei rapporti con la collettività del territorio (in genere, afflitta dal peso della malavita che ha contaminato le relazioni tra la PA locale e cittadini); risanamento dei bilanci ereditati (se occorre); e infine una vera e propria sollecitazione verso la partecipazione democratica, in modo da poter favorire la generazione di una buona classe politica, a cui lasciare in seguito la gestione dell'ente.

Nei (pochi) casi in cui il Comune sia stato sciolto in seguito alla connessione con attività mafiose, queste misure non sono state realizzate: tranne in alcuni casi rari, poco o nulla è stato fatto dalla commissione entrata in sostituzione degli organi eletti, spesso anche a causa del peso burocratico e del poco tempo a disposizione per recuperare un'amministrazione ferita in maniera profonda dalla criminalità.

Il problema va quindi affrontato con maggior serietà ed efficacia, si è quindi proposto di affidare la gestione dei Comuni sciolti, non più a un gruppo di figure spesso non abbastanza professionalizzate e prive dei mezzi e tempi burocratici per riassestare una PA scossa dal fenomeno dell'infiltrazione criminale, ma (rispettando l'autonomia degli enti locali) a un ente in capo, una specie di "prefetto di scopo" o "sindaco della Repubblica", con a disposizione un ampio mandato (si parla di durata  quinquennale). Un simile provvedimento, serve anche a far percepire al cittadino quanto grave può essere la situazione di un Comune ammalato di mafia, e che la cura, seppur possibile, deve seguire un percorso con tempi ampi, atti a garantire il risanamento amministrativo necessario. Questa complessa attività pretende anche una sinergia e collaborazione tra Comune e Provincia e una forte esperienza amministrativa e sensibilità sociale, da parte dell'ente a capo della ristrutturazione. Questi sono gli aspetti sottolineati e portati alla luce dal procuratore calabrese Nicola Grattezi, per fare in modo che " la cultura antimafia vinca sulla cultura mafiosa".


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