La Rivista del Sindaco


I COMUNI DI MILANO E BOLOGNA AL FIANCO DEI FOOD RIDERS

Presentata la “Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano”. Si punta anche al rilascio di un “patentino” per i riders
Finanza Locale
di La Posta del Sindaco
05 Giugno 2018
Invece che “fattorini” o “addetti alle consegne”, per lo più si preferisce chiamarli con un anglicismo: “riders”. Sono quasi sempre giovani lavoratori che consegnano a domicilio, a bordo di una bicicletta o di uno scooter, il cibo ordinato on line attraverso una delle tante piattaforme internet di “food delivery” (o di consegna del cibo). Questo tipo di lavoro, insieme a tanti altri che si vanno diffondendo sempre di più, fanno parte di quelli che si prenotano e contrattano attraverso piattaforme web o app e sono generalmente considerati esempi di “lavoro digitale” (anche se, in questo caso, si basano sul lavoro fisico e sui muscoli necessari a guidare una bicicletta su e giù per una città). “Gig economy”, con ennesimo anglicismo, viene anche definito questo nuovo modello economico che non si basa più su prestazioni di lavoro continuative, ma su richiesta (on demand), solo quando ce n’è bisogno. Ultimamente si è parlato molto dell’argomento, soprattutto dal punto di vista degli scarsi livelli di garanzie e di diritti che questi nuovi lavori sembrano offrire ai propri addetti. Questa è la ragione principale per cui il Comune di Milano ha pensato di chiedere l’istituzione di un tavolo di confronto, da tenersi presso l’Anci, per affrontare il tema delle maggiori tutele, sicurezza e diritti da garantire ai riders che effettuano consegne di cibo nel traffico delle nostre città.
 
All’appello ha subito risposto il Comune di Bologna, che ha di recente presentato una “Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano”, frutto del confronto tra assessorato al Lavoro, la Riders Union di Bologna, la Cgil, Cisl e Uil e un paio di piattaforme di food delivery che operano in città. Si tratta di una novità importante, che si candida a fare da apripista nel nostro Paese. Secondo Cristina Tajani, assessore alle Politiche per il lavoro, le attività produttive e il commercio del Comune di Milano: «l’adesione di Bologna all’appello del Comune di Milano è il primo passo verso una collaborazione che auspichiamo più ampia con le principali città coinvolte da questo fenomeno, come Torino, Firenze e Roma, poiché ci troviamo di fronte ad una realtà ancora poco normata. Auspichiamo che il trasporto del cibo e delle merci al dettaglio in città avvenga sempre più con mezzi green, ma chi transita per le strade, in particolare se lo fa per lavoro e in maniera intensiva, deve rientrare in un pensiero condiviso di città, di sviluppo e di sicurezza. Il Comune di Milano vuole fare la propria parte, ma chiede alle piattaforme maggiori tutele e garanzie per i lavoratori, a partire dalle assicurazioni per concludere con le dotazioni di sicurezza personale. Noi possiamo metterci a disposizione fin da subito ad esempio sul tema della formazione e della sicurezza sul lavoro. Le piattaforme hanno risposto dicendosi pronte a individuare degli standard cui aderire. Il grande lavoro intrapreso da Milano e da Bologna credo che possa e debba essere messo a disposizione di un tavolo comune tra le amministrazioni e istituzioni, dal quale verranno di certo arricchimenti e nuovi spunti». L’intenzione è quella di arrivare, attraverso la messa a punto di un percorso formativo ad hoc, al conseguimento di un attestato o di una sorta di “patentino” per i riders. Queste le parole del sindaco di Bologna, Virginio Merola, per motivare l’impegno che la sua amministrazione intende profondere sul tema: «Tutto può cambiare nel lavoro, tranne questo: le condizioni di sicurezza del lavoro e la dignità del lavoratore, qualunque si il tipo di lavoro che queste piattaforme promuovono. Quello che possiamo fare come amministrazione lo faremo, segnalando quali piattaforme aderiscono alla Carta, il resto dipende dalla sensibilità dei cittadini e delle imprese e dai riders che hanno dimostrato che non sono condannati a correre da soli e che le cose si possono fare insieme in un cammino condiviso».

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