La Rivista del Sindaco


2017 ANNO RECORD PER LE INTIMIDAZIONI AGLI AMMINISTRATORI LOCALI

Secondo “Amministratori sotto tiro” - il rapporto annuale dell’associazione Avviso pubblico - l’anno scorso si è registrata una minaccia ogni 16 ore
Territorio e governo locale
di La Posta del Sindaco
23 Aprile 2018
Presentato lo scorso 20 aprile nella sede della Federazione della Stampa a Roma il rapporto “Amministratori sotto tiro” per l’anno 2017. Si tratta della settima edizione del censimento curato dall’associazione “Avviso Pubblico” sugli atti intimidatori di cui sono vittime gli amministratori locali – sindaci, assessori o funzionari – in Italia. I dati illustrati anche alla presenza del procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone, e dell’ex presidente della Commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, sono piuttosto eloquenti: nel 2017 Avviso pubblico ha registrato 537 atti intimidatori che equivalgono anche, se si preferisce, ad una intimidazione ogni 16 ore. Si tratta del più alto numero mai registrato – il precedente “record” era del 2015 con 479 casi – dal 2011, anno nel quale Avviso pubblico ha cominciato a registrare questi dati e, da allora, gli atti intimidatori sono aumentati del 153%. Se da una parte, quindi, si assiste ad una “emersione” del fenomeno con maggiori denunce, dall’altro è evidente come sia in allarmante aumento.  Altro record del 2017: per la prima volta si sono registrate minacce e violenze contro amministratori locali in tutte e 20 le regioni italiane. Complessivamente sono stati interessati da atti intimidatori 314 Comuni e 78 province, il 6% in più rispetto al 2016. Immutato rispetto all’edizione dell’anno precedente il “profilo tipo” dell’amministratore sotto tiro: sindaco di un Comune medio-piccolo (entro i 50 mila abitanti) del Sud a cui ignoti bruciano, nottetempo, l’auto parcheggiata in strada. Questa situazione è ormai, secondo Avviso pubblico, diventata una specie di “classico”.
 
Andando a guardare i dati più da vicino – il rapporto è scaricabile al seguente indirizzo – vediamo che il 69% delle intimidazioni si è concentrata al Sud e nelle Isole. Nella poco invidiabile classifica svetta la Campania con 86 casi censiti (+34% sul 2016), quindi la Sicilia (già “prima” nel 2014 e 2015) con 79 casi, la Calabria (prima nel 2016) e la Puglia appaiate con 70 casi e quindi la Sardegna con 48 casi. Prima regione del Centro-Nord, e al sesto posto della classifica con 28 casi, è la Lombardia seguita dal Lazio, con 24 casi. A livello provinciale i territori più colpiti sono stati, nell’ordine, quelli di Napoli (34 casi), Avellino (22 casi), Reggio Calabria, Siracusa e Cosenza (18 casi ciascuna), Roma e Foggia (17 casi) e quindi Milano e Bari (16 casi ciascuna). Il 76% delle intimidazioni registrate sono state di tipo diretto (in aumento del 3%), ovvero con amministratori e funzionari oggetto di minacce dirette e personali. Mentre nel caso delle minacce indirette, sono state danneggiate o distrutte strutture e mezzi di proprietà del Comune o utilizzati per servizi ad esso riconducibili (ad esempio per la raccolta rifiuti). Tra i soggetti maggiormente sotto tiro troviamo gli amministratori locali, con il 65% dei casi. Tra questi al primo posto i sindaci (61%), quindi i consiglieri (20%), gli assessori (10%) e i vice sindaci (6%). Il personale dei Comuni è invece stato oggetto di intimidazione nel 21% dei casi e anche i candidati alle elezioni amministrative vengono a volte preventivamente minacciati (4% dei casi totali).
 
La tipologia di minaccia più utilizzata si conferma essere quella dell’incendio, seppure in calo rispetto al 2016: dal 33 al 28%. Seguono lettere, biglietti e messaggi minatori (13%), aggressioni fisiche (10,5%), danneggiamenti a strutture o mezzi (10%), minacce verbali o telefonate minatorie (9%). Segno dei tempi, la classifica di questa edizione è stata scalata da una particolare fattispecie: quella dell’intimidazione a mezzo “social network” (principalmente Facebook) passata dal 3 al 9% dei casi totali. Quanto alla scala dimensionale degli Enti in cui si sono registrati casi di intimidazioni, per il 72% delle volte questi hanno riguardato Comuni medio-piccoli (sotto i 50 mila abitanti). Più nel dettaglio: il 31,5% in Comuni fino a 10 mila abitanti, il 41% in Comuni compresi tra 10 mila e 50 mila abitanti, il restante 27,5% in Comuni medio-grandi oltre i 50 mila abitanti. Tra tutti questi, i Comuni che in un passato più o meno recente sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose sono stati 49, pari al 16% del totale. Ma secondo Avviso pubblico sono in costante aumento anche le minacce non riconducibili alla mafia o ad altre organizzazioni criminali ma bensì a singoli cittadini o a gruppi di essi che, in molti casi, sfogherebbero le loro frustrazioni e istinti più bassi nei confronti dei politici e dei dipendenti pubblici più facilmente raggiungibili fisicamente. Le minacce di questo tipo, classificate come “non criminali”, hanno rappresentato nel 2017 circa un quarto del totale e circa un terzo di esse sono dovute al malcontento suscitato da una decisione amministrativa. Un altro 23% è riferibile a forme di disagio sociale, magari a una qualche richiesta non esaudita per un sussidio economico o un posto di lavoro, e un 11% circa a casi di “violenza politica” dovuti, secondo l’associazione, ad un periodo storico in cui alcune forme di estremismo sono tornate purtroppo in auge.
 
Tra questi ultimi casi, ad esempio, un 21% è riferibile alle tensioni scatenate per i processi di accoglienza dei profughi cui i Comuni si trovano coinvolti. Spesso, peraltro, anche in condizioni di emergenza, e quindi dovendo prendere decisioni scarsamente popolari. Per ultimo, il rapporto di Avviso pubblico fa riferimento alla nuova legge che, dopo un lungo iter parlamentare, la Camera ha definitivamente approvato il 22 giugno del 2017: la legge numero 105 “Norme a tutela dei Corpi politici, amministrativi o giudiziari e dei loro singoli componenti”. Si è trattato proprio di un tentativo di rispondere alla recrudescenza dei fenomeni di intimidazione attraverso un inasprimento delle sanzioni previste. In particolare, le minacce a singoli componenti fatte allo scopo di “ottenere, ostacolare o impedire il rilascio o l’adozione di un qualsiasi provvedimento, anche legislativo” e “a causa dell’avvenuto rilascio o adozione dello stesso” possono essere punite con una pena massima fino a sette anni di reclusione e sarà possibile sia ricorrere alle misure cautelari che alle intercettazioni in fase di indagine.

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