La Rivista del Sindaco


Regolamento Privacy, il caso sulla raccolta differenziata

Approfondimenti
di La Posta del Sindaco
26 Aprile 2018

La larga diffusione su quasi l’intero territorio peninsulare della raccolta dei rifiuti tramite il servizio “porta a porta” sta ottenendo dei grandi risultati, in quanto ne consegue il calo dell’immondizia che finisce in discarica, puntando a quella economia circolare da sempre obiettivo imprescindibile per la salvaguardia dell’ambiente.

Il nodo che le Amministrazioni stanno riscontrando è legato al diritto alla privacy, che potrebbe essere in qualche modo violato dal fatto che aziende terze, intestatarie del servizio di raccolta dei rifiuti, possano identificare e sanzionare i cittadini responsabili di comportamenti irregolari.

La questione nasce sul fatto di utilizzare buste semitrasparenti o totalmente trasparenti, infatti l’imposizione di questa pratica, permetterà al netturbino di verificare che il contenuto non sia difforme da quanto previsto nel ritiro. In caso di errata raccolta differenziata, l’addetto potrà lasciare un avviso sulla busta, questo sistema veniva utilizzato nelle fasi iniziali.

Il Garante della Privacy nel 2005 ha sostenuto che questa metodologia non è proporzionata, infatti ciò che il cittadino butta non può entrare in possesso di chiunque o essere oggetto di sguardi indiscreti, vengono indicati come oggetti sensibili: le bollette, gli estratti conto, le lettere d’amore o le confezioni di medicinali. Il Garante ha ribadito questa decisione durante la presentazione della Relazione Annuale del 2014, tenutasi a Roma nel giugno del 2015.

Alcuni Enti sono in qualche modo crucciati dal lato delle sanzioni, infatti, il compito di punire i comportamenti scorretti dell’utente non spetta all’operatore ecologico, ma secondo la legge n.689/91 che regola “organi addetti al controllo, ufficiali e agenti di polizia giudiziaria”, tale mansione è ad esclusivo appannaggio delle forze di polizia locale.

Stesso discorso può essere esteso agli amministratori di condominio, infatti non si può richiedere loro di controllare i comportamenti dei relativi occupanti lo stabile, si può solamente instaurare un clima collaborativo, senza alcuna misura di natura obbligatoria.

La larga diffusione su quasi l’intero territorio peninsulare della raccolta dei rifiuti tramite il servizio “porta a porta” sta ottenendo dei grandi risultati, in quanto ne consegue il calo dell’immondizia che finisce in discarica, puntando a quella economia circolare da sempre obiettivo imprescindibile per la salvaguardia dell’ambiente.

Il nodo che le Amministrazioni stanno riscontrando è legato al diritto alla privacy, che potrebbe essere in qualche modo violato dal fatto che aziende terze, intestatarie del servizio di raccolta dei rifiuti, possano identificare e sanzionare i cittadini responsabili di comportamenti irregolari.

La questione nasce sul fatto di utilizzare buste semitrasparenti o totalmente trasparenti, infatti l’imposizione di questa pratica, permetterà al netturbino di verificare che il contenuto non sia difforme da quanto previsto nel ritiro. In caso di errata raccolta differenziata, l’addetto potrà lasciare un avviso sulla busta, questo sistema veniva utilizzato nelle fasi iniziali.

Il Garante della Privacy nel 2005 ha sostenuto che questa metodologia non è proporzionata, infatti ciò che il cittadino butta non può entrare in possesso di chiunque o essere oggetto di sguardi indiscreti, vengono indicati come oggetti sensibili: le bollette, gli estratti conto, le lettere d’amore o le confezioni di medicinali. Il Garante ha ribadito questa decisione durante la presentazione della Relazione Annuale del 2014, tenutasi a Roma nel giugno del 2015.

Alcuni Enti sono in qualche modo crucciati dal lato delle sanzioni, infatti, il compito di punire i comportamenti scorretti dell’utente non spetta all’operatore ecologico, ma secondo la legge n.689/91 che regola “organi addetti al controllo, ufficiali e agenti di polizia giudiziaria”, tale mansione è ad esclusivo appannaggio delle forze di polizia locale.

Stesso discorso può essere esteso agli amministratori di condominio, infatti non si può richiedere loro di controllare i comportamenti dei relativi occupanti lo stabile, si può solamente instaurare un clima collaborativo, senza alcuna misura di natura obbligatoria.


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