La Rivista del Sindaco


La tariffazione puntuale dei rifiuti urbani

12/04/2023 Approfondimenti
Componenti, determinazione, operatività della TARI puntuale

 

1 - I principi europei in materia ambientale
È noto come la materia del finanziamento del servizio rifiuti sia fortemente influenzata da principi di diritto comunitario, la cui piena attuazione continua a rappresentare il fine del perdurante sviluppo della relativa normativa.
La politica della Comunità europea in materia ambientale, finalizzata a garantire un elevato livello di tutela, è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio “chi inquina paga” (cd. P.P.P. - polluter pay principle)[1].

1.1 - “Chi inquina paga”
Secondo questo principio, il costo del servizio rifiuti deve essere ripartito tra i cittadini in modo tale per cui chi contribuisce maggiormente alla produzione dei rifiuti è anche chiamato a partecipare in misura più significativa, in termini economici, al costo del loro smaltimento.
Il principio "chi inquina paga" risponde evidentemente a tre diverse esigenze:

  1. tutela ambientale: il produttore di rifiuti (= inquinatore), dovendo sostenere i costi derivanti dalla gestione dei suoi rifiuti, è incentivato ad evitarne e/o a ridurne la produzione;
  2. equità: i costi legati alla produzione di rifiuti vengono addossati non alla collettività né a chi non li ha prodotti, bensì a chi è responsabile dell’inquinamento;
  3. parità di trattamento e non discriminazione: si garantisce che situazioni analoghe non siano trattate in maniera dissimile e che situazioni diverse non vengano trattate in maniera uguale.

1.2 -Paghi quanto butti”
Il principio "chi inquina paga" si è quindi evoluto nel principio “paghi quanto butti” (cd. P.A.Y.T. – “pay as you throw”, che è stato declinato in "regimi di tariffe puntuali che gravano sui produttori di rifiuti sulla base della quantità effettiva di rifiuti prodotti e forniscono incentivi alla separazione alla fonte dei rifiuti riciclabili e alla riduzione dei rifiuti indifferenziati[2].
Per attuare il principio P.A.Y.T. l’ammontare della tariffa deve quindi essere correlato alla quantità e alla qualità di rifiuti prodotti da ciascuna utenza: chi produce più rifiuti, soprattutto non differenziati, e conseguentemente usufruisce di più servizi, dovrà pagare di più, mentre dovrà essere avvantaggiato, e quindi ulteriormente incoraggiato, chi ha comportamenti più virtuosi[3]. L’applicazione di tale principio, in definitiva, fa sì che gli utenti siano cointeressati al raggiungimento di importanti obiettivi ambientali, quali la minore produzione di rifiuti, l’incentivazione della differenziazione, un minor utilizzo del servizio di discarica, un aumento del riciclo.

2 - L’applicazione dei principi europei nell’ordinamento nazionale
Il diritto europeo è sempre stato indifferente rispetto alla natura giuridica del prelievo per finanziare il servizio di gestione dei rifiuti, ritenendo che possa essere effettuato “indifferentemente, mediante una tassa, un contributo o qualsiasi altra modalità” (Corte di Giustizia Europea, sentenza 30/03/2017, C-335/16).

2.1 - Il prelievo quale tassa o quale corrispettivo
La nostra normativa statale, come ben si sa, prevede due tipologie di prelievo, tributario e non tributario, e tre diverse modalità di tariffazione.
Infatti, il nostro ordinamento, da un lato, prevede la tassa sui rifiuti (Ta.Ri.), disciplinata dall’art. 1, comma 640 e ss. (tranne commi 667e 668), della legge 147/2013, e che, a secondo del metodo tariffario adottato, si articola in Ta.Ri. presuntiva e Ta.Ri. puntuale.
Dall’altro, prevede la tariffa avente natura corrispettiva (Ta.Ri.P.), disciplinata dall’art. 1, c. 668, della legge n. 147/2013, ai sensi del quale “I comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico possono, con regolamento di cui all'art. 52 del d.lgs. n. 446/1997, prevedere l'applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva in luogo della TARI”.

2.2 - L’attuazione del principio “paghi quanto butti” nell’ordinamento nazionale
Se, a livello comunitario, si è ritenuto che anche la Ta.Ri. presuntiva soddisfi il principio "chi inquina paga"[4], è certo che essa non sia conforme al sistema “paghi quanto butti: L’astrattezza delle presunzioni non consente infatti di differenziare l’importo del finanziamento del servizio in capo a ciascun utente in proporzione al suo effettivo comportamento. È inevitabile, pertanto, che anche a livello nazionale ci si stia impegnando per dare piena attuazione al principio P.A.Y.T., abbandonando la Ta.Ri. presuntiva in favore di quella puntuale.
La tariffazione puntuale, peraltro, attraverso l’assegnazione di un costo, rende evidente la produzione di rifiuti. La maggiore consapevolezza si fa così leva per la modifica dei comportamenti individuali che sola può condurre ad una più attenta gestione dei rifiuti e, in ultima analisi, delle risorse naturali.

2.3 - Le componenti della Ta.Ri. puntuale
Ovviamente, anche la Ta.Ri. puntuale deve assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani e assimilati.

  • La quota fissa deve coprire le componenti essenziali del costo del servizio, riferite, in particolare, agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti, nonché ad altri costi di esercizio non ricompresi nella parte variabile, oltre ai costi destinati al godimento collettivo di un ambiente pulito e alla tutela dell’ambiente (quali i costi per lo spazzamento delle strade). La quota fissa è quindi associata a costi del servizio non direttamente legati alla produzione di rifiuto.
  • La quota variabile della tariffa deve invece essere commisurata alla quantità di rifiuto conferito da ciascuna utenza, ai servizi forniti e all’entità dei costi di gestione.

Anche in ipotesi di Ta.Ri. puntuale, il mancato utilizzo del servizio nonché il mancato ritiro delle dotazioni per la raccolta, in presenza del presupposto impositivo, non può comportare alcun esonero o riduzione dell’imposta, dovendo essere comunque applicata la parte fissa e la parte variabile relativa agli svuotamenti minimi.
In proposito è fondamentale che il Comune garantisca alla singola utenza un facile accesso alle informazioni che lo riguardano, in particolare, indicando negli avvisi di pagamento:

a) i criteri applicati per la determinazione della parte fissa e della parte variabile della tariffa;

b) il numero degli svuotamenti minimi ove applicati e il costo unitario degli svuotamenti eccedenti i minimi;

c) le voci di costo che compongono la parte fissa e variabile della tariffa;

d) il numero e la data dei conferimenti delle frazioni oggetto di misurazione;

e) le riduzioni eventualmente applicate.

2.4. - La determinazione della parte variabile della Ta.Ri. puntuale
Le modalità per la determinazione della parte variabile della tariffa possono essere più d’una.

Esempio 1.
A titolo esemplificativo, secondo un primo approccio, sarebbe possibile valorizzare il minor numero di conferimenti rispetto ad un valore massimo predeterminato in sede di preventivo, attraverso il riconoscimento a conguaglio di una riduzione della tassa proporzionale ai conferimenti non effettuati, e fatta salva l’attribuzione di un numero minimo di conferimenti, come nel caso della tariffa corrispettiva.
L’entità della riduzione applicabile sarebbe predeterminata e dipenderebbe dall’ampiezza della forbice, tra conferimenti massimi e minimi, definita in sede di approvazione delle tariffe dal singolo Comune.
In caso di superamento dei conferimenti massimi previsti in sede di preventivo, in fase di conguaglio, si imputerebbero comunque i costi relativi alla parte eccedente.
Tale sistema presuppone l’individuazione di un costo unitario per ogni singolo svuotamento. Il suddetto costo verrebbe utilizzato per quantificare sia l’importo dovuto in sede preventiva, sia l’importo massimo della riduzione applicabile, sia la parte aggiuntiva della tassa in caso di conferimenti superiori al massimo preventivato.
In sede di calcolo della tariffa puntuale dovuta a preventivo, si terrebbe conto di due diversi parametri che rappresentano, rispettivamente, i conferimenti minimi, comunque attribuiti, a prescindere dal numero effettivo di conferimenti, e i conferimenti massimi, che corrispondono ai conferimenti attribuiti per la determinazione preventiva dell’importo della quota variabile[5].
In sede di conguaglio:

-    qualora i conferimenti effettivi (misurati) fossero inferiori al valore massimo preventivato ma superiore ai minimi, sarebbe riconosciuta una riduzione proporzionale ai conferimenti non effettuati sulla base dell’importo unitario (euro/litro - euro/svuotamento) della frazione oggetto di misurazione;

-    qualora i conferimenti effettivi (misurati) fossero inferiori ai conferimenti minimi, sarebbe riconosciuta una riduzione proporzionale ai conferimenti non effettuati della frazione oggetto di misurazione fino ad un importo massimo (della riduzione) determinato dal prodotto tra l’importo unitario (euro/litro - euro/svuotamento) della frazione oggetto di misurazione e la differenza tra litri/vuotamenti massimi e minimi;

-    qualora i conferimenti effettivi (misurati) fossero superiori ai conferimenti massimi determinati in sede di calcolo della tariffa dovuta a preventivo, sarebbe addebitato, oltre alla quota variabile preventivata, anche il costo dei vuotamenti aggiuntivi, determinato come il prodotto tra l’importo unitario (euro/litro - euro/vuotamento) della frazione oggetto di misurazione e il numero di litri/vuotamenti effettuati oltre il massimo;

-    al fine di disincentivare l’abbandono e il “turismo dei rifiuti”, nel caso di utenza domestica con residenza attiva, in assenza di vuotamenti del rifiuto urbano residuo nel corso dell’anno, sarebbe addebitata, oltre alla quota fissa, la quota variabile determinata a partire dagli svuotamenti massimi previsti, salvo la possibilità di prova contraria da parte del contribuente.

Esempio 2.
Secondo un diverso approccio, la tariffa potrebbe essere calibrata sugli svuotamenti minimi obbligatori previsti per l’utenza domestica e non domestica, con addebito a conguaglio degli svuotamenti aggiuntivi rispetto ai minimi addebitati in via ordinaria.
In sede di calcolo della tariffa dovuta a preventivo, si terrebbe conto dei conferimenti minimi, comunque attribuiti, a prescindere dal numero effettivo di conferimenti effettuati[6].
In sede di conguaglio:

-    qualora i conferimenti effettivi (misurati) fossero inferiori ai conferimenti minimi, sarebbero comunque attribuiti i conferimenti minimi deliberati in sede di approvazione delle tariffe, senza necessità di procedere al conguaglio;

-    qualora i conferimenti effettivi (misurati) fossero superiori ai conferimenti minimi, sarebbe addebitato, oltre alla quota variabile preventivata, anche il costo degli svuotamenti aggiuntivi, determinato come il prodotto tra l’importo unitario (euro/litro - euro/vuotamento) della frazione oggetto di misurazione e il numero di litri/svuotamenti effettuati oltre il minimo;

-    al fine di disincentivare l’abbandono e il “turismo dei rifiuti”, nel caso di utenza domestica con residenza attiva, in assenza di svuotamenti del rifiuto urbano residuo nel corso dell’anno, sarebbe addebitata, oltre alla quota fissa, la quota variabile determinata a partire dagli svuotamenti minimi previsti maggiorati di una percentuale, salva la possibilità di prova contraria da parte del contribuente.

2.5 - L’operatività concreta della tariffa puntuale: la dotazione per la raccolta
Presupposto per l’applicazione della Ta.Ri. puntuale è la predisposizione di idonea dotazione per la raccolta, ovvero contenitori ed altri dispositivi (es. badge, sacchi, ecc.) per la raccolta dei rifiuti urbani, consegnati all’utente, attraverso i quali identificare il contribuente che conferisce, registrare il numero degli svuotamenti e misurare la quantità di rifiuto conferito al servizio pubblico con riferimento, quanto meno, al rifiuto urbano residuo.
Nel caso di fornitura della dotazione per la raccolta, il Comune potrà prevedere un deposito cauzionale in carico all’utente a garanzia del corretto adempimento delle obbligazioni derivanti dal servizio garantito, quale la restituzione integra dei contenitori stessi. L’utente risulterà infatti responsabile della dotazione ricevuta. In caso di furto, danneggiamento o perdita della dotazione, dovrà darne immediata comunicazione al Comune, che provvederà alla sostituzione. Nel caso di furto o di danneggiamento dovuto ad atto vandalico, la sostituzione avverrà, a fronte della presentazione della relativa denuncia, con onere a carico del servizio. Nei rimanenti casi, invece, la sostituzione sarà a carico dell’utente.
Il contribuente risponderà degli eventuali conferimenti effettuati con la propria dotazione nel tempo decorrente dall’effettivo furto o perdita fino al giorno della relativa denuncia o comunicazione al Comune.
L’utente sarà tenuto al ritiro dei contenitori o delle dotazioni entro il termine indicato nella comunicazione/avviso da parte del Comune.  Per l’utenza affetta da particolari situazioni di disagio sanitario, debitamente documentate e certificate dall’organo sanitario competente e che comportino l’impossibilità o l’eccessiva difficoltà di ritiro dei contenitori, è bene che il Comune provveda alla consegna domiciliare.
L’utente che non ritiri la propria dotazione entro termini previsti sarà tenuto al pagamento della quota fissa e della parte variabile relativa agli svuotamenti minimi.
Il contribuente non potrà trasferire ad altri la dotazione per la raccolta, salva espressa richiesta al Comune.

3 - Riflessioni conclusive
3.1 - Gli effetti dell’introduzione della tariffa puntuale

I benefici della tariffazione puntuale si distribuiscono lungo due diverse direttrici: da un lato, una di tipo economico, che lega la bolletta alla effettiva produzione di rifiuto residuo indifferenziato (RUR) e ne incentiva la riduzione[7]; dall’altro, una di tipo culturale, atteso che l’intero percorso formativo e informativo che conduce alla sua adozione veicola agli utenti maggiore consapevolezza circa la loro produzione di rifiuto, indifferenziato e differenziato.
Le esperienze di tariffazione puntuale nei Comuni italiani hanno dimostrato che nell’anno di introduzione della tariffa puntuale e nel primo di piena adozione vi è una riduzione della quantità di rifiuto totale prodotto (in media il -4%) a cui fa seguito un recupero dei volumi che riporta la produzione complessiva di rifiuto urbano su valori non lontani da quelli precedenti. La diminuzione inziale è il probabile effetto sia di una maggiore attenzione dei cittadini alla produzione, innescata dalla leva economica, sia, marginalmente, di maggiori fenomeni di “migrazione” dei rifiuti in Comuni limitrofi e di episodi di abbandono del rifiuto.
Il rimbalzo della produzione di rifiuto delle annualità successive si spiega in generale, con la circostanza per cui i fenomeni elusivi ed i comportamenti opportunistici tendono a ridursi, sia per l’aumento del controllo sociale e delle iniziative di prevenzione e repressione degli abbandoni, sia perché diviene più chiara agli utenti l’effettiva portata della leva economica. Quanto alle utenze non domestiche, è stato inoltre rilevato un significativo ritorno al servizio pubblico, anche sulla scorta di scelte di riduzione della tariffa applicata sulla quota misurata.
Persistenti sono invece gli effetti della tariffazione puntuale sull’aumento della quota percentuale di raccolta differenziata, con un aumento, nell’arco di tre anni dall’introduzione della tariffazione puntuale, della quota di rifiuto differenziato pari a circa il 30%. D’altro canto, è inevitabile che sia i cittadini sia le utenze non domestiche consolidino nel tempo una maggiore attenzione alla riduzione della frazione residua, al fine di minimizzare i costi del servizio.
Possiamo quindi concludere dicendo che la tariffazione puntuale sposta, ed anche in modo significativo, la ripartizione dei rifiuti prodotti tra raccolta differenziata e indifferenziata, ma non riesce ad incidere più di tanto sulla quantità complessiva di rifiuti.

3.2 - Strategie operative
Per permettere alla tariffa puntuale di divenire uno strumento veramente efficace nell’ottica della tutela ambientale è fondamentale disegnare per l’utenza un poliedrico sistema incentivante.
Ovviamente, importantissimo, soprattutto per un riscontro immediato, sarà l’incentivo economico, anche attraverso leve indirette, quali l’aumento della corrispettività del disegno tariffario per le frazioni non misurate in modo diretto (quote variabili per le raccolte differenziate).
Ma la leva economica da sola non può bastare, dovendo accompagnarsi a leve di matrice “culturale”. Da qui l’importanza di azioni di informazione/sensibilizzazione o “spinte comportamentali” che abbiano l’obiettivo di far comprendere a cittadini e imprese il senso più intimo della tariffazione puntuale e il contesto nella quale la stessa si inserisce, andando - per l’appunto - oltre la questione monetaria.
Per esempio, approcci tipo K.A.Y.T. (“know as you throw” - conosci quello che getti) mirano a migliorare la raccolta rifiuti tramite un continuo rapportarsi al cittadino, informandolo circa le migliori pratiche e abitudini[8]. Rendere il cittadino “colto” rispetto al mondo dei rifiuti significa, ad esempio, renderlo edotto circa la differenza fra “tasso di riciclaggio” e “quota di raccolta differenziata” e di come entrambi questi obiettivi siano da perseguire simultaneamente. O ancora è necessario informare il cittadino circa i fabbisogni impiantistici dei territori e delle scelte ottimali in termini di localizzazione, superando così la sindrome N.I.M.B.Y. (“not in my backyard - non nel mio cortile), e anche di scelta dell’impianto stesso di destino.
È solo un’efficace attività formativa rivolta al più ampio pubblico possibile che può garantire risultati duraturi. È la consapevolezza, infatti, che porta gli utenti a modificare anche i propri modelli di consumo, ad esempio evitando ovunque sia possibile l’utilizzo di prodotti monouso, riducendo gli sprechi e i prodotti inutili o non necessari, sostenendo l’acquisto di prodotti sfusi o dando spazio alla riparazione ed alla condivisione dei beni, e che così allea tutti i contribuenti nel comune sforzo verso uno sviluppo sostenibile.
Un altro sentiero che può essere utile imboccare è il ricorso agli strumenti dell’economia comportamentale, ovvero ai nudge o alla spinta gentile: costruire un nuovo contesto per la raccolta dei rifiuti che sfrutti “l’umanità” dei cittadini affinché la ricerca della sostenibilità divenga un agire automatico.
È noto, infatti, che leve comportamentali che spingono esclusivamente all’aumento della quantità delle frazioni differenziate rischino di condurre ad effetti indesiderati, quali elusioni, abbandoni e/o errati conferimenti. Diversamente, la flessibilità offerta dall’economia comportamentale, che affonda la sua natura più intima nella psicologia dell’essere umano, permette di supportare i processi decisionali ed i comportamenti complessivi dei cittadini. La spinta gentile può, infatti, aiutare a migliorare le condotte più difficili da osservare, come ad esempio l’impegno profuso nella differenziazione dei rifiuti nelle abitazioni, da cui dipende la qualità delle raccolte differenziate e la loro valorizzazione. In tale modo sarebbe più semplice riuscire a raggiungere il traguardo dell’aumento, simultaneo, sia della quantità sia della qualità delle frazioni differenziate.
Un’ulteriore possibile strategia è il ricorso a tecniche di gamification, quali competizioni fra cittadini, Comuni, territori, per stimolare i progressi nella qualità delle raccolte differenziate e nella riduzione dei rifiuti complessivamente prodotti.
In definitiva, la prevenzione dei rifiuti e la loro corretta gestione devono essere l’esito non solo di una spinta “razionale”, ma di un comportamento guidato dall’etica e dalla responsabilità collettiva. Solo così potranno mutare in modo durevole e profondo i comportamenti individuali e collettivi e solo così potranno essere raggiunti i prefissati traguardi in materia di tutela ambientale.


Articolo di Lorella Martini

 

 

 

 

 

 

[1] Così l’art. 174, comma 2, del Trattato istitutivo della Comunità Europea e l’art.14 della Direttiva 2018/851/CE.

[2] Così la Direttiva 2018/851 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30/05/2018, Ricordiamo anche che per la Comunità europea l’adozione di regimi di tariffe puntuali rappresenta uno degli strumenti per promuovere l’economia circolare (prevenzione, riutilizzo, riciclaggio, recupero per altri scopi - come l’energia - smaltimento).

[3] Dal punto di vista pratico, l’applicazione del sistema P.A.Y.T. fa sì che due famiglie di analoghe caratteristiche (es. 3 componenti) o due aziende (per es. bar) con superfici abitative/produttive simili non abbiano più tariffe uguali, ma differenziate in ragione della loro effettiva produzione di rifiuti e del servizio fruito. Grazie alla leva economica, questo sistema incentiva tutti i produttori di rifiuti, siano essi famiglie o imprese.

 

[4] Così Corte di Giustizia, sentenza 16 luglio 2009, causa C-258 Futura Immobiliare: "come ha rilevato l’avvocato generale (..) è spesso difficile, persino oneroso, determinare il volume esatto dei rifiuti urbani conferito da ciascun detentore... In tali circostanze, ricorrere a criteri basati, da un lato, sulla capacità produttiva dei detentori, calcolata in funzione della superficie dei beni immobili che occupano nonché della loro destinazione e/o, dall’altro, sulla natura dei rifiuti prodotti, può consentire di calcolare i costi dello smaltimento di tali rifiuti e ripartirli tra i vari detentori, in quanto questi due criteri sono in grado di influenzare direttamente l’importo di detti costi".

 

[5] Il numero di svuotamenti obbligatori sarebbe determinato per le utenze domestiche anche considerando il numero degli occupanti e per le utenze non domestiche anche valorizzando la natura dell’attività svolta e/o della dotazione minima attribuita.

[6] Anche in questo caso, il numero di svuotamenti obbligatori sarebbe determinato, per le utenze domestiche, anche considerando il numero degli occupanti e, per le utenze non domestiche, anche valorizzando la natura dell’attività svolta e/o della dotazione minima attribuita.

 

[7] Prescindendo per un istante dall’esistenza di conferimenti minimi, la tariffazione puntuale rende effettivo un incentivo economico per la riduzione del rifiuto indifferenziato conferito. Ugualmente, l’incentivo economico spinge verso la separazione dei rifiuti e l’aumento delle raccolte differenziate, ponendo le premesse per l’avvio a riciclo delle stesse e per la loro valorizzazione.

 

[8] Rientrano in questa tipologia tutte le iniziative volte a generare consapevolezza e cultura nei cittadini, di cui però le esperienze di comunicazione sono solo la manifestazione di un processo fatto di misurazioni, tracciabilità, analisi merceologiche.


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