Il fatto
La vicenda attiene ad alcuni provvedimenti dell'Agenzia delle entrate contenenti cartelle di pagamento a carico di un contribuente, per le quali, a conclusione dei procedimenti di opposizione tributaria di primo e secondo grado, si sottoponeva il caso al giudizio della Corte di Cassazione.
Nella vicenda e nel procedimento, l'Agenzia delle Entrate procedeva al rinnovo della notifica via PEC in data 5 maggio 2022, dopo che la precedente notifica, anch'essa per via PEC effettuata in data 26 maggio 2020 (quindi a distanza di due anni), era stata rifiutata dal sistema, in quanto la casella del legale del contribuente risultava “piena”.
Il caso prende in esame la valutazione sulla legittimità e sulla corretta applicazione dell’istituto della notificazione dell'atto giudiziario attraverso la posta elettronica certificata (PEC) come primo strumento di comunicazione e conoscenza giuridica dell'atto e la sua eventuale sostituzione, qualora questo strumento non sia possibile, anche per causa imputabile al destinatario.
Nello specifico si prende in considerazione il caso legato alla possibilità che la casella di posta elettronica certificata (PEC) del destinatario risulti piena e che quindi il server non consenta la consegna effettiva al destinatario dell'atto.
La norma in esame
In linea generale, la norma in esame – l’art. 16-sexies del d.l. 179/2012, convertito dalla legge n. 221/2012 - depotenzia la portata dell'elezione del domicilio fisico in favore del domicilio digitale.
Solo qualora non sia possibile procedere alla notificazione dell'atto giudiziario attraverso PEC, è necessario che il notificante provveda ad effettuare l'operazione di deposito dell'atto presso la Cancelleria civile, ovvero che si adoperi alla notificazione al domicilio fisico della controparte.
Le valutazioni della Cassazione
La Corte di Cassazione - in primis - si esprime favorevolmente rispetto al fatto che la notificazione di un atto giudiziario, eseguita ad un soggetto obbligato per legge a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC), si considera perfezionata con la ricevuta, tramite cui l'operatore intermediario attesta di aver rinvenuto la casella di posta elettronica del destinatario come piena.
Anche in questo caso, l’attestazione è equiparata alla ricevuta di avvenuta consegna, in quanto il mancato inserimento nella casella di posta elettronica certificata (PEC) del destinatario per saturazione della capienza, rappresenta un evento imputabile al destinatario, per inadeguata gestione dello spazio di archiviazione e la ricezione di nuovi messaggi.
Lasciare la casella PEC satura equivale quindi, nell'ottica della notifica telematica, ad una sorta di rifiuto a ricevere la notificazione tramite il medesimo mezzo. Fatto e comportamento riconducibile al dettato dell'articolo 138 c.p.c. (“Notificazioni a mani proprie”).
La Cassazione però riconosce validità ad un orientamento successivo, per effetto del quale incombe sul notificante l’onere di attivarsi, nel rispetto del principio della conservazione del procedimento.
Pertanto, il mancato perfezionamento della notificazione attraverso PEC, conseguente all’impossibilità di ricezione dei messaggi nella casella di posta elettronica satura, impone alla parte notificante di provvedere tempestivamente al suo rinnovo, secondo le regole generali del codice di procedura civile.
Questa interpretazione risulterebbe ragionevole per due motivi.
Il primo motivo consiste nel fatto che il notificante controlla quasi subito l'esito del tentativo di notificazione attraverso PEC.
Il secondo motivo è che il notificante, per il citato principio della conservazione del procedimento, ha sempre la possibilità di provvedere alla notificazione presso la domiciliazione fisica del destinatario o attraverso il deposito in Cancelleria civile.
La Cassazione, nel richiamare una precedente decisione del 2022, osserva che il disposto di cui all'articolo 149-bis, terzo comma c.p.c., sancisce che la notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella elettronica certificata del destinatario.
Per tale ragione, il mancato recapito al destinatario, ancorché dovuto al fatto che la sua casella di posta elettronica sia piena, non consente di ottenere il risultato per il quale la notifica si sia compiuta, mancando l'elemento della consegna e, di contro, implica la necessità di rinnovare la notificazione stessa con altro sistema.
La Corte di Cassazione, nella circostanza, ritiene inammissibile il ricorso dell'Agenzia delle Entrate, che sosteneva di aver compiuto sufficientemente il proprio ruolo di notificante dell'atto giudiziario, anche a fronte dell’esito negativo del tentativo dovuto alla non capienza della PEC del destinatario.
Conclusioni
La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 2193 del 24 gennaio 2023, fissa un principio per cui la pubblica amministrazione notificante, attraverso lo strumento della PEC, deve comunque accertarsi delle condizioni della “effettiva consegna” al destinatario dell'atto, affinché nella sfera giuridica dello stesso maturino gli effetti del provvedimento.
Allegato
Articolo di Giuseppe Corfeo
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