IL PAREGGIO DI BILANCIO FUNZIONA (MA SOLO IN PARTE)

Solo 31 Comuni fuori dal pareggio (di Matteo Barbero su Italia Oggi del 20 luglio 2017) 
La normativa che ha introdotto il principio del pareggio di bilancio, mandando in pensione il poco rimpianto Patto di stabilità interno, sembrerebbe aver dato buoni frutti, almeno per quanto riguarda il rischio di sforamento da parte dei Comuni. Al termine del suo primo anno di entrata in vigore - il 2016 -  sono infatti soltanto 31 i Comuni risultati inadempienti. Ad essi il ministero dell’Interno, con il dm 17/7/2017 diffuso ieri, ha comminato una sanzione complessiva di circa 5,5 milioni di euro. Il successo del nuovo meccanismo è confermato anche dal raffronto con i dati del 2015, ultimo anno di validità del “vecchio” Patto, allorché furono ben 126 i Comuni a sforare. Sembrerebbe quindi essersi dimostrata una scelta efficace quella di passare da obiettivi positivi declinati in termini di competenza mista (competenza e cassa) del vecchio Patto all’obbligo di non superare con gli impegni di spesa quanto si accerta in entrata (al netto dei prestiti e dell’applicazione dell’avanzo) del nuovo meccanismo del pareggio di bilancio. Inoltre sono state maggiormente garantite anche le somme reimputate da un esercizio all’altro grazie alla parziale inclusione nel saldo del fondo pluriennale vincolato. Peraltro, oltre ad aver ridotto in maniera significativa il numero degli sforamenti, il pareggio di bilancio ha anche contribuito a ridurne l’entità degli importi: quello più grande, che riguarda il Comune di Mazzarino (CL), è stato di “appena” 1,2 milioni di euro. Molto meno lusinghieri, però, i risultati per quanto riguarda le capacità di programmazione dei Comuni: la spesa “buona” in conto capitale è praticamente ferma. Qui i nuovi criteri non sembrano essere riusciti nell’intento di stimolare gli investimenti dei Comuni, che continuano ad accumulare inutili surplus, oltre a sprecare buona parte dei bonus distribuiti dallo Stato e dalle Regioni. Questo al di là della “guerra di cifre” tra chi, come il Mef, stima il cosiddetto overshooting (il superamento degli obiettivi di risparmio) accumulato complessivamentedai Comuni per il 2016 alla cifra record di 6,4 miliardi, mentre secondo l’Ifel non supererebbe quella, comunque ragguardevole, di 2,5 miliardi. Appare ormai chiaro a tutti come occorra intervenire con misure finalmente incisive se si vuole provare ad invertire il trend degli investimenti in conto capitale da parte dei Comuni. I tentativi finora messi in campo dal legislatore si sono rivelati scarsamente efficaci: l’esclusione dai riparti dell’anno successivo per gli Enti che sprecano gli spazi fiscali acquisiti dalle intese nazionali e regionali e, viceversa, il bonus dell’innalzamento della propria capacità di assunzione di personale dal 75 al 90% per chi riesce ad avanzare meno dell’1% delle proprie entrate, si sono dimostrate alla stregua di semplici palliativi. Forse - conclude l’articolo di Italia Oggi - “al di là dell’auspicata stabilizzazione della normativa sugli appalti (che con il nuovo Codice ha certamente rappresentato un freno agli investimenti), sarebbe necessario un ripensamento generale dei vincoli finanziari, dove il combinato disposto della legge 243/2012 e della armonizzazione rischia di rappresentare una camicia di forza.