È costituzionalmente illegittimo l’art. 214 c. 8 C.d.S. nella parte in cui dispone che «Si applicano le sanzioni amministrative accessorie della revoca della patente e della confisca del veicolo», anziché «Può essere applicata la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente e si applica la sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo».
Lo ha deciso la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 52, depositata in cancelleria il 28 marzo 2024.
La ricognizione dell’evoluzione normativa dell’art. 214 C.d.S.
Il caso
Il G.d.P. di Forlì, chiamato a pronunciarsi sull’opposizione proposta avverso l’ordinanza con cui il prefetto ha disposto la revoca della patente di guida, in aggiunta alla sanzione amministrativa pecuniaria, per aver consentito la circolazione di un veicolo affidato in custodia nonostante fosse stato sottoposto a fermo amministrativo, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 214 c. 8 C.d.S., nella parte in cui prevede, in via automatica, la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente.
La motivazione della Consulta
La Corte ribadisce che il principio di necessaria proporzionalità della sanzione alla condotta illecita trova applicazione anche al trattamento sanzionatorio di natura amministrativa; in particolare, richiama i numerosi scrutini in merito alle disposizioni legislative che prevedono la revoca, in via automatica, del titolo abilitativo alla guida, sia quale sanzione accessoria disposta dal giudice penale con la sentenza di condanna, sia quale sanzione amministrativa applicata dal prefetto (sentenze 9/2/2018 n. 22; 19/2/2019 n. 88; 20/2/2020 n. 24; 27/5/2020 n. 99).
Sulla base di tale contesto, la Consulta ricorda che, con sentenza 9/12/2022 n. 246, in relazione all’art. 213 c. 8 C.d.S., aveva già ritenuto censurabile la scelta del legislatore di applicare, sempre e comunque, la sanzione accessoria, stante che la previsione di un indifferenziato automatismo della revoca della patente indipendentemente dalla gravità del fatto, dà luogo a un trattamento sanzionatorio uniforme per qualsivoglia condotta di messa in circolazione di un veicolo assoggettato al vincolo del sequestro, in ragione di una precedente violazione.
Nel caso de quo, quindi, non resta che ribadire che la previsione rigida e automatica della revoca della patente, che preclude al prefetto (e al giudice in sede di impugnazione) di graduare la sanzione alla gravità della violazione, si appalesa carente sotto il profilo della necessaria proporzionalità della sanzione all’illecito commesso.
Infatti, a fronte del bene giuridico protetto dalla norma, consistente nell’effettività della custodia del veicolo sottoposto a fermo, rimane in ombra l’esigenza di sicurezza della circolazione stradale, tanto che non rileva né quale sia stata la pregressa trasgressione che ha dato luogo al fermo, né chi l’abbia commessa, non essendoci necessariamente coincidenza tra trasgressore e custode - considerato che il comma 1 dell’art. 214 C.d.S. prevede che possano essere nominati custodi, alternativamente, il proprietario, il conducente o altro soggetto obbligato in solido - né l’idoneità, o meno, del veicolo alla circolazione.
La reductio ad legitimitatem, come soluzione costituzionalmente adeguata, viene adottata con una pronuncia sostitutiva, che previa eliminazione dell’automatismo, consente che la revoca della patente possa, e non già necessariamente debba, essere applicata come sanzione accessoria in aggiunta a quella principale.
Articolo di Fabio Piccioni
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