La deliberazione della Corte dei conti, Sezione Autonomie, n. 20/2024, stabilisce che, qualora sia stato adottato entro l’anno il provvedimento di costituzione definitiva del fondo della contrattazione decentrata, è possibile anche sottoscrivere il contratto decentrato l’anno successivo a quello di riferimento ed erogare la parte variabile del fondo perché può confluire nella quota vincolata del risultato di amministrazione. In questo modo la Corte fornisce indirettamente una serie di preziose indicazioni.
In particolare, la deliberazione permette di individuare esattamente i punti focali del processo della contrattazione decentrata e comprendere appieno anche scadenze e conseguenze connesse.
Sottoscrivere il contratto decentrato entro l’anno di riferimento è inutile?
Alcuni primi commentatori della deliberazione della Sezione Autonomie hanno espresso la suggestione secondo la quale essa di fatto rende inutile la “corsa” alla sottoscrizione del contratto decentrato. Gli enti, consapevoli che anche le risorse variabili possono confluire nella quota vincolata del risultato, possono non affannarsi alla ricerca della sottoscrizione del contratto decentrato.
Questa suggestione, tuttavia, non può considerarsi corretta, per ragioni in primo luogo di diritto ed in secondo di natura pratica.
Sul piano strettamente giuridico, non si deve dimenticare quanto prevede l’articolo 8, comma 4, del Ccnl 16.11.2022 (norma che trova adesso una simmetrica anche nel Ccnl 16.7.2024 per la dirigenza): “Al fine di garantire la piena funzionalità dei servizi e la puntuale applicazione degli istituti contrattuali, la sessione negoziale, di cui al comma 1, ultimo periodo, va avviata entro il primo quadrimestre dell’anno di riferimento, compatibilmente con i tempi di adozione degli strumenti di programmazione e di rendicontazione. Nell’ambito di tale sessione negoziale, l’Ente fornisce una informativa sui dati relativi alla costituzione del fondo di cui all’art. 79 (Fondo risorse decentrate: costituzione)”.
Dunque, il Ccnl impone in particolare al datore di lavoro una vera e propria obbligazione, quella di avviare celermente le trattative.
Ma, avviare le trattative, significa anche condurle a termine altrettanto celermente. Infatti, ai sensi del comma 6 del citato articolo 8 e con specifico riferimento alle materie di contrattazione per le quali vi sia l’obbligo a sottoscrivere il contratto “Il termine minimo di durata delle sessioni negoziali di cui all’art. 40, comma 3-ter del D. Lgs. n. 165/2001 è fissato in 45 giorni, eventualmente prorogabili di ulteriori 45”.
Dunque, dall’avvio della sessione negoziale alla sua conclusione, in via normale possono decorrere circa 90 giorni.
Poiché si tratta di contrattazione, non si applicano le regole del diritto amministrativo, ma opera sempre il codice civile: non sono, quindi, termini considerabili come perentori o ordinatori, bensì sempre obbligazioni procedurali, la cui violazione, specie se contrastante con i principi e di correttezza e buona fede, può far scattare responsabilità risarcitorie.
La conclusione è che le amministrazioni datori debbono in ogni caso attivarsi per tempo ad avviare le trattative, sapendo che vanno chiuse entro 90 giorni. Se i termini massimi venissero rispettati, entro luglio si dovrebbe giungere sempre quanto meno alla sottoscrizione dell’ipotesi di contratto decentrato.
Ma, al di là delle regole giuridiche, sono evidenti le ragioni di opportunità per sottoscrivere i contratti decentrati senza ritardo. A meno, infatti, di non voler attribuire al contratto decentrato una funzione meramente burocratica e formale, bisogna ritenere che l’elaborazione e sottoscrizione di un contratto assolva a specifici fini volti, ovviamente, a conciliare esigenze di maggiori risultati in termini di efficienza organizzativa con leve di vario genere di natura retributiva accessoria, per incentivare i dipendenti al miglioramento continuo.
In effetti, laddove il contratto decentrato non abbia ricadute sul piano organizzativo e dell’efficienza, ma valore solo confermativo o manutentivo di quello precedente, il cosiddetto “affanno” a sottoscriverlo potrebbe anche considerarsi non necessario. Anzi, a ben vedere un contratto decentrato annuale senza elementi innovativi rispetto a quello precedente potrebbe persino non risultare necessario, visto il principio di ultravigenza posto dall’articolo 8, comma 8, secondo periodo del Ccnl 16.11.2022, a mente del quale i contratti decentrati “conservano la loro efficacia fino alla stipulazione, presso ciascun ente, dei successivi contratti collettivi integrativi”.
Qualora, invece, il contratto decentrato intenda incidere sull’organizzazione e sul salario accessorio, per esempio destinando risorse alle progressioni orizzontali o modificando destinatari e/o importi delle indennità regolate dal contratto stesso, allora la sottoscrizione celere entro l’anno si rivela fondamentale.
In quanto alla modifica delle indennità, poniamo in aumento, non si deve dimenticare che i contratti decentrati non dispongono che per il futuro: le clausole contrattuali non possono avere efficacia retroattiva (salvo la specifica fattispecie della decorrenza delle progressioni orizzontali).
Quindi, se l’amministrazione intende concordare con i sindacati un incremento dell’indennità condizioni di lavoro, contando su ciò anche ai fini di un miglioramento dell’organizzazione, per costituire il titolo che consenta l’incremento, deve procedere in fretta, perché solo il contratto definitivamente sottoscritto permette di erogare l’indennità incrementata. Aspettare l’anno seguente significherebbe vanificare gli effetti sull’anno di riferimento della contrattazione.
Peggiori sarebbero le conseguenze sulla progressione orizzontale. Se ente e sindacati concordino sulla possibilità di attivare le progressioni destinando allo scopo le necessarie risorse in modo che siano riconosciute nell’anno di riferimento, non possono che “affannarsi” a sottoscrivere il contratto entro quell’anno di riferimento.
Infatti, le progressioni orizzontali hanno decorrenza dal primo gennaio (e non dalla data del primo giorno successivo alla sottoscrizione), ma sempre dell’anno in cui è sottoscritto il contratto decentrato. Quindi, se ente e sindacati intendevano attivare le progressioni per riconoscerle con decorrenza 1.1.2024, non potevano non sottoscrivere entro il 31.12.2024 (la procedura può anche iniziare e concludersi l’anno successivo).
Se il decentrato slittasse all’anno dopo, non sarebbe possibile riconoscere le progressioni a decorrere dall’1.1.2024 e gli intenti incentivanti svanirebbero, per essere sostituiti magari da malcontento e conflittualità.
Non solo: nel 2025 al personale che aveva i requisiti per le progressioni nel 2024, si aggiungerebbe con ogni probabilità ulteriore personale in uscita dal “periodo di raffreddamento” (il tempo di 2, 3 o 4 anni che intercorre tra una progressione e l’altra), così da modificare in modo significativo aspettative e probabilità di passaggio.
Contratto triennale più opportuno
Una corretta programmazione, qualora l’ente non intenda sottoporsi allo “stress” della contrattazione, consente di sostituire al contratto annuale col quale destinare, appunto anno per anno, le risorse ai vari possibili utilizzi, un contratto triennale.
E’ questo il modo per scongiurare l’affannamento della contrattazione. Ma presuppone che si comprenda il corretto oggetto del contratto.
Troppi enti sono convinti che il contratto con cui si destinano le risorse debba indicare la loro precisa entità, possibilità, invero, non esclusa dall’articolo 7, comma 4, lettera a), del Ccnl 16.11.2024. Questa convinzione operativa poi scatena i ritardi che mettono a repentaglio la regolarità dei contratti ed i rapporti con i sindacati ed i dipendenti.
Infatti, alla convinzione che si debbano negoziare le cifre delle destinazioni, si aggiunge la convinzione che allo scopo occorra necessariamente disporre del bilancio di previsione approvato, in assenza del quale non sarebbe possibile definire l’ammontare di ciascuna delle risorse da destinare.
Proprio allo scopo di favorire, invece, una contrattazione pluriennale, l’articolo 7, comma 1, lettera a), del Ccnl 16.11.2024, prevede come oggetto della contrattazione “i criteri di ripartizione” delle risorse, non necessariamente, quindi, i loro valori assoluti, tanto che tali criteri possono essere “espressi in termini percentuali” evidentemente sul totale del fondo.
Ma, possono assurgere a criteri anche altri metodi logici e contabili per determinare il valore effettivo delle risorse della contrattazione decentrata da destinare: oltre alla percentuale, anche proporzioni tra destinazioni e strumenti magari di aggiornamento dei valori nel tempo.
Ai sensi dell’articolo 1346 del codice civile, l’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile: non c’è nessuna necessità, quindi, di determinare i valori assoluti, basta fissare appunto criteri per renderli determinabili.
Il che consente di sottoscrivere contratti triennali, azzerando, per tre anni, il rischio stesso del ritardo e restando ferma la possibilità di disdetta qualora nel corso dell’efficacia pluriennale emerga l’opportunità di modificare/aggiornare il contratto con elementi nuovi.
Attenzione ai premi di risultato
Vi sono ancora molti casi nei quali le amministrazioni utilizzano il contratto non solo come titolo per la destinazione delle risorse ai premi di risultato, ma anche per approvare i “progetti” di miglioramento della produttività.
Si tratta di un errore. Il Ccnl non può essere fonte di definizione delle modalità organizzative, ma strumento per la regolazione del trattamento economico, anche se correlato alle modalità organizzative e produttive, che, in quanto presupposte, non possono formare oggetto di contrattazione, essendo per altro rimesse all’unilaterale autonomia dell’amministrazione.
La sede propria per la determinazione degli obiettivi gestionali è il Piao o, per gli enti non obbligati, il Peg/Pdo, strumenti di programmazione operativa da approvare a inizio anno, in modo che la gestione parta immediatamente avendo chiari i risultati da conseguire e definiti gli strumenti motivazionali sui quali far leva, in modo che i dipendenti mirino al raggiungimento degli obiettivi.
Sta di fatto, comunque, che se un ente, sia pur erroneamente, definisse gli obiettivi col contratto decentrato, sottoscriverlo l’anno dopo (ma anche in autunno) comprometterebbe certamente la legittimità giuscontabile dell’erogazione dei premi. Infatti, si porrebbe in essere una formalizzazione dei risultati da conseguire a gestione già ultimata e, quindi, a consuntivo, con perdita delle finalità tanto programmatiche ed organizzative, quanto incentivanti.
La circostanza, allora, che la parte variabile del fondo, generalmente destinata appunto a premiare i risultati, possa essere destinata a confluire nella quota vincolata del risultato di amministrazione, non implica che essa sia legittimamente erogata, se gli obiettivi non siano fissati preventivamente.
Si ricorda sempre, per altro, che la legge allo scopo di permettere agli enti di predefinire a inizio anno risultati e progetti gestionali, prevede espressamente di fissarli anche in via provvisoria, nelle more dell’approvazione del bilancio di previsione: si tratta dell’articolo 5, comma 1-ter, del d.lgs 150/2009: “Nel caso di differimento del termine di adozione del bilancio di previsione degli enti territoriali, devono essere comunque definiti obiettivi specifici per consentire la continuità dell'azione amministrativa”.
Costituzione del fondo
I punti fermi, allora, della contrattazione finalizzata al miglioramento dell’efficacia e dell’organizzazione restano una programmazione a inizio anno, un avvio delle trattative entro il primo quadrimestre, una chiusura delle trattative celere, in particolare se si intende utilizzare la leva delle progressioni orizzontali e dell’incremento delle indennità rimesse al contratto di secondo livello.
In ogni caso, comunque, il legittimo impegno e la conseguente regolare erogazione delle risorse della contrattazione decentrata anche di parte variabile conseguenti alla sottoscrizione nell’anno successivo a quello di riferimento è condizionato al fondamentale adempimento formale: la costituzione definitiva del fondo della contrattazione decentrata.
Infatti, il punto 5/2 dell’allegato 4.2 al d.lgs 118/2011 prevede: “Alla fine dell’esercizio, nelle more della sottoscrizione della contrattazione integrativa, sulla base della formale delibera di costituzione del fondo, vista la certificazione dei revisori, le risorse destinate al finanziamento del fondo risultano definitivamente vincolate”.
Dunque, risulta certamente adempimento indefettibile e fondamentale costituire il fondo entro l’anno di riferimento. In caso contrario, risulterebbe lecito erogare le sole risorse direttamente disciplinate dalla contrattazione collettiva nazionale e fidare sulla circostanza che le sezioni giurisdizionali della Corte dei conti considerino lecite le altre erogazioni sulla base del principio di ultravigenza del precedente contratto, visto sopra.
Si è dell’opinione che tale adempimento di costituzione del fondo (che, ovviamente, non è attuato con una “delibera”, cioè atto dell’organo di governo, ma con una “determina”, atto di natura gestionale adottato dal dirigente o responsabile di servizio competente) sia, a ben vedere, un appesantimento operativo, che si auspica prima o poi venga eliminato.
Infatti, l’atto di costituzione del fondo non può che essere ricognitivo e ripetitivo di quanto già contenuto nel bilancio di previsione (anche variato a seguito dell’adozione della deliberazione di giunta che determini la parte variabile del fondo). L’atto di costituzione nemmeno vale a prenotare, e meno ancora, ad impegnare la spesa, perché allo scopo occorre la sottoscrizione dell’accordo.
Ma, questi sono ragionamenti de jure condendo, auspici che il legislatore comprenda di aver creato un adempimento dalla cui assenza può dipendere l’illegittimità della spesa erogata a seguito di contrattazione tardiva.
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