I dati raccolti nel 2023 da Federalberghi, nei quasi 500 comuni italiani a vocazione turistica, testimoniano per l’anno 2022, un volume d’affari generato dall’ospitalità turistica, vicino ai 60 miliardi di euro, il 12% circa, quindi quasi 7 miliardi di euro, sono le somme stimate su presenze non osservate.
Queste somme rilevano una criticità presente sul nostro territorio, che mette a confronto due diversi modelli d’ospitalità turistica: il primo fondato sulla tradizionale ospitalità alberghiera ed extralberghiera, il secondo relativo alla commercializzazione delle case, attraverso la modalità delle locazioni brevi.
Si tratta d’immobili occupati per finalità turistiche, con contratti di locazione tesi a soddisfare esigenze abitative transitorie della durata inferiore a 30 giorni, gestiti da locatori (c.d. host), che operano generalmente fuori dell’esercizio d’attività d’impresa, attraverso un contratto stipulato direttamente o tramite intermediatori immobiliari o soggetti che gestiscono portali telematici, come Airbnb, Booking, HomeAway, etc.
Oltre alla perdita erariale, queste strutture segnano anche problematiche che interessano la fiscalità locale, poiché proprio i pernottamenti che s’avvicendano presso gli immobili adibiti a locazione breve, sono sottoposti all’imposta o al contributo di soggiorno.
La tassazione locale
Una entrata locale a vocazione turistica era già prevista nelle località che ospitavano stabilimenti idroterapici, stazioni climatiche e balneari o località d’interesse turistico, introdotta con Legge n. 863/1910, poi soppressa nel 1989.
Il processo federalista, attraverso l’articolo 14, comma 16, lett. e), D.L. n.78/2010, introduceva nuovamente una specifica entrata, fino a 10 euro per notte, il Contributo di Soggiorno, destinata a finanziare interventi e servizi necessari a sostenere il turismo di Roma Capitale.
Successivamente con la ratio di adottare un’obbligazione nelle località turistiche che ricadesse su soggetti non residenti, per la compartecipazione alla spesa pubblica, in quanto potenziali fruitori di servizi pubblici indivisibili, entrò in vigore con l’articolo 4, Dlgs. n.23/2011, l’Imposta di Soggiorno, fino ad un massimo di 5 euro per notte, con la possibilità d’adottarla nei comuni capoluogo di provincia e nei comuni turistici o città d’arte inserite nell’apposito elenco regionale.
Più recentemente, il decreto fiscale n. 124/2019, attraverso l’articolo 46, comma 1-bis, ha esteso la possibilità d’applicare il contributo di soggiorno, anche ad ulteriori comuni capoluogo di provincia, che registrano un numero di presenze turistiche, in numero venti volte superiore a quello dei residenti.
L’accertamento dell’imposta/contributo di soggiorno segue le regole dell’articolo 1, commi 161 e 162, Legge n. 296/2006.
Strutture interessate dall’imposizione locale
Le strutture sottoposte all’entrata che è adottata dall’amministrazione locale, attraverso idoneo regolamento comunale, sono quelle alberghiere ed extralberghiere, richiamate dalla normativa regionale di settore.
Sulla scorta del crescente sviluppo delle locazioni brevi, il D.L. n. 50/2017, concedeva alle Regioni d’adeguare le disposizioni locali, introducendo tra le strutture ricettive anche questa categoria d’immobili, in particolare di quelli gestiti dai portali telematici.
Soggetti obbligati
Sono soggetti passivi delle entrate locali coloro che “pernottano” presso le strutture turistiche e sono sottoposti all’obbligo di comunicare il numero di soggetti ospitati, sia i gestori di tutte le strutture ricettive e coloro che incassano o intervengono nel versamento del canone, relativamente alle locazioni turistiche (property manager, agenti immobiliari) o locazioni brevi condotte al di fuori dell’attività d’impresa.
Mentre precedentemente, lo stesso regolamento comunale che disciplinava l’entrata, disponeva modalità e tempi di trasmissione della dichiarazione, l’articolo 180, D.L. n. 34/2020, ha imposto un’unica dichiarazione annuale, presentata telematicamente entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto impositivo.
L’articolo 4, comma 5-ter D.L. n. 50/2017, e successivamente l’articolo 180, D.L. n. 34/2020, qualificavano sia i gestori delle strutture ricettive che gli host ed i portali turistici, responsabili dell’imposta locale.
Gli ulteriori obblighi di Pubblica Sicurezza
Tutte le strutture ricettive hanno l’ulteriore obbligo di comunicare entro 24 ore all’autorità di pubblica sicurezza le persone alloggiate e per i soggiorni della durata di sole 24 ore, la comunicazione deve avvenire entro 6 ore dall’arrivo degli alloggiati.
Tale comunicazione è disciplinata dall’articolo 109, TULLPS e fanno eccezione soltanto i rifugi alpini inclusi in apposito elenco istituito dalla regione o dalla provincia autonoma.
Questa comunicazione avviene attraverso una procedura telematica, denominata “Servizio Alloggiati”, disponibile sul portale della Polizia di Stato.
Con l’esplosione del fenomeno della locazione breve, è cresciuta l’esigenza di monitorare anche questa forma d’ospitalità turistica, pertanto con l’articolo 19-bis, D.L. n. 113/2018, attraverso l’interpretazione autentica dell’articolo 109 TULLPS, anche i locatori e sublocatori di quest’immobili, sono obbligati a effettuare la comunicazione alla pubblica sicurezza.
L’accesso degli uffici comunali al Portale alloggiati
L’accesso al Portale Alloggiati è riservato esclusivamente a specifici soggetti appartenenti alla Polizia di Stato, pertanto, per molto tempo, l’accertamento comunale è stato particolarmente difficoltoso per accertare le situazioni evasive/elusive legate alle entrate turistiche.
Infatti, non c’era la possibilità di mettere a confronto le dichiarazioni tributarie sulle attività ricettive con le comunicazioni inoltrate al Portale alloggiati e per superare questa criticità, l’articolo 13-quater, comma 2, D.L. n.34/2019, disponeva che il Ministero dell’Interno inviasse all’Agenzia delle entrate i dati in forma aggregata per struttura ricettiva, che, a sua volta, deve renderli disponibili ai comuni che hanno istituito l’imposta o il contributo di soggiorno.
Il Codice Identificativo Nazionale
Per stringere le maglie sulle situazioni evasive delle entrate erariali e locali, legate all’accoglienza turistica, il comma 4, dell’articolo 13-quater, D.L n. 34/2019, ha previsto l’istituzione di una Banca dati delle strutture ricettive e degli immobili destinati alle locazioni brevi e l’istituzione di un Codice Identificativo Nazionale (CIN), da utilizzare in ogni comunicazione inerente all’offerta e promozione dei servizi all’utenza.
La Legge 15 dicembre 2023, n. 191, di conversione del c.d. decreto anticipi, ha introdotto a partire dal 2023 quest’obbligo, ma è soltanto dal 3 giugno 2024, che è partita la fase sperimentale di richiesta del CIN.
La sperimentazione interessa al momento soltanto i soggetti che operano nella Regione Puglia e soltanto successivamente la procedura sarà estesa a tutto il territorio nazionale.
L’obbligo prevede per chiunque propone o concede in locazione breve o per finalità turistiche un’unità immobiliare a uso abitativo o il soggetto titolare di una struttura turistico ricettiva, d’esporre il CIN all'esterno dello stabile in cui è collocato l'appartamento o la struttura, nonché d’indicarlo in ogni annuncio ovunque pubblicato e comunicato.
I controlli affidati alla Polizia Locale
Le sanzioni per le violazioni relative agli obblighi legati al CIN, sono irrogate e riscosse dal comune nel cui territorio è ubicata la struttura turistico-ricettiva o l'unità immobiliare concessa in locazione: i controlli per contrastare l'evasione nel settore delle locazioni brevi e turistiche, sono affidati dall’articolo 13-ter, Legge n. 191/2023 ai corpi e servizi di Polizia Locale.
Articolo di Giustino Goduti
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