Il quadro normativo della tutela ambientale e paesaggistica
L’art. 9 della Costituzione, inserito tra i “principi fondamentali”, ossia tra i valori alla base dell’ordinamento repubblicano, immodificabili neppure attraverso il procedimento di revisione costituzionale, come novellato dalla legge costituzionale 11 febbraio 2022, n.1, dispone che “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.”
La fonte fondamentale di riferimento in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio è costituita dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42).
In particolare, al Capo IV, art. 146, del citato Codice è disciplinata l’autorizzazione paesaggistica, in quanto i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge o in base alla legge non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione, avendo l'obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dall'avviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l'autorizzazione. La documentazione a corredo del progetto è preordinata alla verifica della compatibilità fra interesse paesaggistico tutelato ed intervento progettato. Essa è individuata, su proposta del Ministro, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, e può essere aggiornata o integrata con il medesimo procedimento (D.P.C.M. 12 dicembre 2005).
La prevalenza della tutela dell’ambiente e del paesaggio sugli interessi urbanistico-edilizi
Secondo la Corte costituzionale (sent. 23 giugno-27 luglio 2021, n. 164) la tutela paesaggistica e ambientale deve ritenersi “assiomaticamente” prevalente sugli interessi urbanistico-edilizi, da cui discende la logica normativa incrementale delle tutele in materia, in quanto del tutto conforme al carattere primario del bene ambientale, cui peraltro si riferisce, collocato fra i principi fondamentali della Repubblica (l’art. 9 Cost.).
Alla stregua di questo indirizzo, allora, anche il piano paesaggistico regionale - ove non sia la sede di diversi apprezzamenti legati anche alla dimensione urbanistica del territorio - è tenuto a recepire le scelte di tutela paesaggistica stabilite dallo Stato, senza capacità di alterarle neppure sul piano delle prescrizioni d’uso. Altrimenti, esso potrebbe divenire l’occasione per ridurre lo standard di tutela dell’ambiente in forza di interessi divergenti, anziché la sede deputata a collocare armonicamente siffatti interessi sub-valenti nella cornice già intagliata secondo la preminente prospettiva della conservazione del paesaggio.
In applicazione dei suddetti principi costituzionali, come vedremo di seguito, la giurisprudenza ritiene che l’interpretazione delle disposizioni che disciplinano i procedimenti in materia di ambiente e paesaggio debba essere orientata nel senso di accrescere e non diminuire il livello di protezione effettiva di tali valori.
L’autorizzazione paesaggistica
L'autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio ed ha la durata di cinque anni (Tar Bari, sez. III, 23 novembre 2022, n. 1576).
Il parere di compatibilità paesaggistica costituisce un atto endoprocedimentale emanato nell’ambito di quella sequenza di atti ed attività preordinata al rilascio del provvedimento di autorizzazione paesaggistica (o del suo diniego).
Le valutazioni espresse dall’Autorità competente sono finalizzate all’apprezzamento dei profili di tutela paesaggistica che si consolideranno, all’esito del procedimento, nel provvedimento di autorizzazione o di diniego di autorizzazione paesaggistica (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 2836/2023).
L’autonomia strutturale e funzionale del titolo paesaggistico rispetto a quelli edilizi
Oggetto dell’autorizzazione paesaggistica è la rigorosa e puntuale valutazione della concreta incidenza impattante dell’intervento progettato sullo scenario paesaggistico circostante, con esclusione di qualsivoglia verifica degli aspetti di regolarità urbanistica ed edilizia dell’opera, quali anche lo stato legittimo dell’immobile (Cons. Stato, sez. IV, 24 marzo 2023, n. 3006).
La medesima autonomia dei profili paesaggistici dagli aspetti urbanistico-edilizi si riscontra nel “diritto vivente” della giurisprudenza costituzionale e penale (della Cassazione), secondo il quale i reati in materia edilizia e paesaggistica si riferiscono alla tutela di interessi pubblici e beni giuridici distinti, con tutte le conseguenze in tema di concorso dei reati, cause di estinzione dei reati, ecc. (cfr. Corte cost. n. 439/2007, n. 378/2007, n. 144/2007, Cass. pen., sez. III, 22 marzo 2013, n. 13783; sez. un., 28 novembre 2001, sez. V, 7 settembre 1999, Savia; sez. III, 4 aprile 1995).
Infatti, è stato osservato che una interpretazione contraria, che ammetta una commistione tra i diversi profili e una “confusione” dei poteri, “si pone in contrasto con il principio di legalità che innerva l'azione amministrativa, perché amplia praeter legem (o contra legem) quello che è l'ambito di competenza dell'amministrazione procedente, in quanto la obbligherebbe a considerare e a pronunciarsi su profili non rimessi, dal legislatore, alla sua cura e al suo apprezzamento”, frustrando “anche ulteriori principi dell'attività amministrativa, quali quelli di non aggravamento del procedimento e di certezza dell'azione amministrativa” (così, Cons. Stato sez. IV n. 3170 del 2020).
L’esercizio della funzione della Soprintendenza
La Soprintendenza esercita nella materia in argomento una funzione consultiva, formulando le proprie valutazioni di merito, in termini di compatibilità paesaggistica, di cui deve tenere conto l’autorità competente nell’emanare il provvedimento finale (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 17 marzo 2020, n. 1903; Sez. VI, 23 luglio 2018, n. 4466; Sez. VI 15 maggio 2017, n. 2262; Sez. VI, 28 dicembre 2015, n. 5844; Sez. VI, 4 giugno 2015, n. 2751).
Si tratta di valutazioni ampiamente discrezionali espresse dall’Autorità preposta alla tutela del paesaggio, ai sensi dell’art. 146 del codice dei beni culturali (Cons. Stato, sez. IV, n. 941 del 2021, n. 3170 del 2020).
Il silenzio assenso sull’autorizzazione paesaggistica
L’art. 17-bis L. 241/1990 stabilisce che decorsi i termini di legge senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito e questo vale anche rispetto ai casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche. In tali casi, ove disposizioni di legge o i provvedimenti non prevedano un termine diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.
Ai fini dell’applicabilità del meccanismo del silenzio assenso di cui al citato art. 17-bis della legge n. 241 del 1990 all’autorizzazione paesaggistica disciplinata dall’art. 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004, secondo la più recente giurisprudenza, non assume specifica rilevanza l’individuazione della natura monostrutturata o polistrutturata della decisione, da intendersi nel senso che, nel primo caso, le due amministrazioni (quella titolare del procedimento e quella interpellata) debbano condividere la funzione decisoria ed essere titolari di un potere decisorio sostanziale; mentre, nel secondo caso, una delle due amministrazioni riveste un ruolo meramente formale, nel senso che raccoglie e trasmette l’istanza all’altra amministrazione, unica decidente (cfr. in tal senso, Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 2836/2023 cit.).
Ciò comporta le conseguenze di cui si dirà nel successivo paragrafo con riferimento al caso in cui il parere venga rilasciato, ma tardivamente, da parte della competente Soprintendenza
Il rilascio tardivo del parere paesaggistico
Il decorso del termine per l’espressione del parere vincolante ai sensi del citato art. 146 d.lgs. n. 42/2004 da parte della Soprintendenza non esclude, secondo la giurisprudenza, la possibilità per l’organo statale di rendere comunque un parere in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento, fermo restando che, nei casi in cui vi sia stato il superamento del termine, il parere perde il suo carattere di vincolatività e deve essere autonomamente e motivatamente valutato dall’amministrazione deputata all’adozione dell’atto autorizzatorio finale (Cons. Stato, sez. VI, n. 2136 del 27 aprile 2015; n. 4927 del 28 ottobre 2015; in termini da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 2 febbraio 2021, n. 941).
In ogni caso, decorso il termine per l’adozione del parere da parte della Soprintendenza, l’organo statale può comunque esprimersi in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento, fermo restando che, ove tardivamente reso, l’atto consultivo perde il suo carattere di vincolatività e deve essere, perciò solo, autonomamente e motivatamente valutato dall’amministrazione deputata all’adozione dell’atto autorizzatorio finale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2015, n. 2135; idem, 28 ottobre 2015, n. 4927; Cons. Stato, sez. IV, 2 febbraio 2021, n. 941; Cons. Stato, sez. VI, 17 marzo 2020, n. 1903; Cons. Stato, sez. VI, 23 luglio 2018, n. 4466; Cons. Stato, sez. VI, 15 maggio 2017, n. 2262; Cons. Stato, sez. VI, 28 dicembre 2015, n. 5844; Cons. Stato, sez. VI, 4 giugno 2015, n. 2751).
La più recente affermazione giurisprudenziale in caso di opinioni divergenti
Secondo il più recente provvedimento giurisprudenziale del Consiglio di Stato (sez. VI, 23 settembre 2022, n. 8167), laddove, nella particolare materia della tutela del paesaggio, si fronteggino “opinioni divergenti, tutte parimenti plausibili, il giudice deve dare prevalenza alla posizione espressa dall’organo istituzionalmente investito (dalle fonti del diritto e, quindi, nelle forme democratiche) della competenza ad adottare decisioni collettive, rispetto alla prospettazione individuale dell’interessato. In quest’ultimo caso, non si tratta di garantire all’Amministrazione un privilegio di insindacabilità (che sarebbe contrastante con il principio del giusto processo), ma di dare seguito, sul piano del processo, alla scelta legislativa di non disciplinare il conflitto di interessi ma di apprestare solo i modi e i procedimenti per la sua risoluzione”.
La necessità del bilanciamento diviene maggiore allorché vengano in rilievo gli interessi alla tutela dell’ambiente e del paesaggio, per i quali si impone una tutela di carattere sistemico, da perseguire in un rapporto di integrazione reciproca, stante l’assenza di una prevalenza assoluta di un principio e diritto fondamentale rispetto agli altri.
Anche recentemente è stato ritenuto che ove l’interessato non ottemperi all’onere di mettere in discussione l’attendibilità tecnico-scientifica della valutazione amministrativa e si fronteggino opinioni divergenti parimenti plausibili, il giudice deve far prevalere la posizione espressa dall’organo istituzionalmente competente ad adottare la decisione (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 2836/2023).
Il bilanciamento tra interessi in contrasto della tutela dell’ambiente con quello alla tutela del paesaggio
La necessità del bilanciamento diviene maggiore quando confliggono gli interessi alla tutela dell’ambiente con quello alla tutela del paesaggio.
Secondo una lettura costituzionalmente orientata, infatti, l’assenza - in generale - di una primazia o prevalenza assoluta di un principio e diritto fondamentale rispetto agli altri, tale assunto valendo anche per i ‘diritti’ (v. sentenza della Corte costituzionale n. 85 del 2013) e per gli ‘interessi’ di rango costituzionale (vieppiù quando assegnati alla cura di corpi amministrativi diversi), si impone per essi una tutela di carattere “sistemico”, da perseguire in un rapporto di integrazione reciproca (così Cons. Stato, Sez. IV, sentenza n. 2836/2023 cit. ). .
In particolate, il nuovo testo dell’art. 9 Cost., come novellato dalla legge costituzionale n. 1/2022, depone nel senso della maggiore, e non minore, tutela dei valori ambientali e paesaggistici nell’ottica della salvaguardia delle generazioni future e dello sviluppo sostenibile.
Pertanto, le disposizioni che disciplinano i procedimenti in materia di ambiente e paesaggio devono essere interpretate nel senso di conseguire tale obiettivo di fondo e quindi accrescere e non diminuire il livello di protezione effettiva di tali valori.
L’applicazione dei principi in materia alle fattispecie in concreto
Facendo applicazione in concreto dei principi prima richiamati, quindi, la giurisprudenza ha ritenuto legittimo che l’amministrazione procedente rigetti l’istanza edificatoria nel caso in cui, ad esempio, la volumetria dell’insediamento ossia la dimensione dell’intervento risulti eccesiva per una zona compresa in un parco che, sia pure suscettibile di trasformazione, è qualificata di elevato pregio ambientale ed è priva di significative presenze antropiche, specie se detta qualificazione emerga dall’esame di apposito comitato tecnico-scientifico dotato di competenze specialistiche.
In questo senso, quindi, non rilevano eventuali doglianze in ordine alla eventuale mancata valutazione delle peculiarità architettoniche e delle soluzioni costruttive del progetto presentato, così come l’aver ignorato le caratteristiche conformative e mimetiche dell’edificio progettato.
Articolo di Eugenio De Carlo
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