Procedure estintive dei reati ambientali mediante l'adempimento delle prescrizioni impartite dalla polizia giudiziaria: prima parte

Indirizzi giurisprudenziali e orientamenti applicativi

Servizi Comunali Polizia giudiziaria Tutela ambientale
di Alborino Gaetano
07 Febbraio 2025

 

Le procedure estintive dei reati ambientali: il campo di applicazione

Il meccanismo estintivo dettato dalla Parte VI-bis, d.lgs. n. 152/2006, non riguarda tutte le contravvenzioni in materia ambientale, ma, per effetto dell’articolo 318-bis, esclusivamente quelle previste dal d.lgs. n. 152/2006.

Si ritengono, pertanto, escluse le fattispecie illecite previste in fonti normative diverse dal cd. “Testo Unico Ambientale”, anche nei casi in cui per la determinazione del trattamento sanzionatorio è fatto rinvio a norme penali contenute nel T.U.A. (si veda ad esempio l’articolo 16, d.lgs. n. 36/2003, che per la sanzione da applicare in caso di violazioni del divieto di ammissione di determinati rifiuti in discarica, rinvia alle sanzioni penali previste dal d.lgs. n. 152/06).


L’assenza del danno o del pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette quale presupposto applicativo della procedura estintiva

La procedura estintiva di cui all’articolo 318-septies, d.lgs. n. 152/2006, per cui “la contravvenzione si estingue se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall'articolo 318-quater, comma 2”, consente con modalità analoghe a quelle stabilite dalle disposizioni che regolano la procedura di estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro (d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758), di pervenire alla definizione delle contravvenzioni sanzionate dal d.lgs. n. 152/06 (articoli 318-bis — 318-octies). 

Il sistema delle prescrizioni, rispetto alle norme gemelle del d.lgs. n. 758/94, presenta nell'articolo 318-ter, alcuni adattamenti, evidentemente giustificati dalla particolarità della materia, attribuendo il potere di impartire prescrizioni, non soltanto all'organo di vigilanza, ma anche alla polizia giudiziaria e stabilendo che la prescrizione sia «asseverata tecnicamente» dall'ente specializzato competente nella materia trattata.

Essa si pone, sostanzialmente, come un'alternativa all'oblazione di cui all’articolo 162-bis, cod. pen., più vantaggiosa almeno per quanto riguarda gli importi da versare. 

L’articolo 318-bis, d.lgs. n. 152/2006, pone una precisa linea di confine di tale meccanismo estintivo rispetto alla fattispecie “premiale” prevista, dall’articolo 452-decies, cod. pen. (ravvedimento operoso), a beneficio degli autori dei delitti ivi previsti, definendo l’ambito di applicazione delle successive norme alle sole contravvenzioni sanzionate dal medesimo decreto n. 152 cit., a condizione che non abbiano cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette.

Il danno (o il pericolo concreto e attuale di danno) ostativo alla estinzione delle contravvenzioni in materia ambientale, non si identifica con il "danno ambientale" di cui all'articolo 300, d.lgs. n. 152/2006, potendo avere dimensioni e consistenza minori e riguardare, oltre le risorse naturali, anche quelle urbanistiche o paesaggistiche protette.

La Corte di cassazione, Sez. III, 9 febbraio 2023, n. 5576, ha respinto la tesi della sostanziale obbligatorietà dell’adozione, da parte dell’organo di vigilanza o della polizia giudiziaria, della procedura estintiva, riduttivamente fondata sull’interpretazione letterale dell’articolo 318-ter, d.lgs. n. 152/2006, che utilizzando l’indicativo presente, imporrebbe l’incondizionata adozione delle prescrizioni (“l’organo di vigilanza…. la polizia giudiziaria…impartisce”). 

L’interpretazione letterale – secondo la Suprema Corte - deve essere coniugata con quella sistematica, non potendosi prescindere dal presupposto applicativo dell’intera procedura chiaramente preteso dalla norma di apertura dell’intera Parte VI-bis: l’assenza, come detto, del danno o del pericolo di danno. 

Ragionare diversamente porterebbe alla conclusione della sostanziale superfluità dell’art. 318-bis, d.lgs. n. 152/2006. 

Né è vero che, in tal modo, si finirebbe per subordinare l’accesso alla procedura estintiva della contravvenzione alla assoluta discrezionalità della polizia giudiziaria, non sottoposta ad alcun adeguato controllo giurisdizionale e con esiti evidentemente discriminatori: immotivate decisioni dell’organo di vigilanza/polizia giudiziaria spalancano le porte, in tesi difensiva, all’arbitrio.

A corroborare, in particolare, tale ultima enunciazione, la Corte di cassazione, nella sentenza citata, ha ulteriormente evidenziato:
«Il sindacato sulla correttezza dell'operato dell'organo di vigilanza/polizia giudiziaria può (e deve) essere effettuato dal giudice penale. Prova ne sia che l'adempimento tardivo (purché congruo) della prescrizione (e dunque l'inadempimento) oppure l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza (e, dunque, in violazione delle prescrizioni specificamente impartite) non ostano alla possibilità del contravventore di accedere all'oblazione (ancorché pagabile in misura superiore) sia in sede di indagini preliminari, sia in sede dibattimentale (articolo 318-septies, d.lgs. n. 152 del 2006)». 


Criteri di ammissibilità della procedura estintiva con riferimento alla tipologia di pena edittale connessa al reato

L’individuazione delle contravvenzioni alle quali è applicabile la procedura estintiva è controversa, in quanto, da un lato l’articolo 318-bis stabilisce un’applicazione generalizzata della procedura estintiva alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal d.lgs. n. 152/2006, dall’altro, l’articolo 318-quater, prescrivendo, ai fini dell’estinzione della contravvenzione, il pagamento di una somma pari a un quarto del massimo dell’ammenda, esclude dal beneficio le contravvenzioni punite con l’arresto. 

Il dato normativo suscita nell’interprete il dubbio se l’esclusione debba riguardare le sole contravvenzioni punite con il solo arresto o anche le contravvenzioni punite con arresto e ammenda.

L’interpretazione suggerita dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (S.N.P.A.) – linee guida approvate con delibera del Consiglio n. 38/2022 - in modo conforme con le indicazioni fornite dalla maggioranza delle Procure che si sono espresse nel primo anno di vigenza della legge n. 68/2015, è stata quella di escludere dall’ambito di applicazione della procedura estintiva anche le contravvenzioni punite con arresto e ammenda, in quanto, l’assoggettabilità delle stesse alla procedura, a fronte dell’esclusione delle contravvenzioni punite con il solo arresto, darebbe luogo a una ingiustificata disparità di trattamento, data la tendenziale maggiore gravità delle contravvenzioni punite con arresto e ammenda rispetto a quelle punite con il solo arresto (un esempio evidente di quanto sopra esposto si rinviene confrontando le contravvenzioni previste dall’articolo 137, comma 3 e comma 5, d.lgs. n. 152/2006).

A seguito dell’emanazione di ulteriori linee di indirizzo da parte delle Procure è risultata prevalente l’interpretazione che ritiene applicabile la procedura estintiva alle contravvenzioni punite con la sola pena dell’ammenda e a quelle punite con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda. 

Alla suddetta interpretazione hanno, infatti, aderito anche alcune Procure che in precedenza avevano sposato l’interpretazione minoritaria, secondo la quale sono estinguibili anche le contravvenzioni punite con la pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda.


Il caso giurisprudenziale: la procedura estintiva non è ammissibile per il reato di combustione illecita di rifiuti

Di fronte al sempre più frequente fenomeno di abbruciamento di rifiuti e del connesso allarme di pericolo per la salute pubblica, il legislatore è intervenuto nella disciplina del sistema sanzionatorio in materia di rifiuti, introducendo nel d.lgs. n. 152/2006 la nuova figura delittuosa di combustione illecita di rifiuti. 

A fronte di una disciplina incentrata su illeciti contravvenzionali, il "nuovo" articolo 256-bis, d.lgs. n. 152/2006, introdotto dal D.L. n. 136/2013 (decreto cd. “Terra dei fuochi”), ha previsto due delitti nei primi due commi. 

Il comma 1 così recita: "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata è punito con la reclusione da due a cinque anni".

La circostanza che il legislatore abbia introdotto l'espressa clausola di riserva "salvo che il fatto costituisca più grave reato", e l'aver tipicizzato la condotta con il termine linguistico "appicca il fuoco", senza ulteriori specificazioni, a differenza della previsione dell'articolo 424 c.p. nella quale assume significato e rilevanza penale solo se da esso "sorge il pericolo di un incendio", costituiscono elementi sulla base dei quali si deve ritenere la fattispecie quale reato di pericolo concreto per il quale non assume rilievo l'evento dannoso del danno all'ambiente.

La soluzione interpretativa appena indicata, inoltre, appare in linea anche con le indicazioni esposte nella relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, laddove si evidenzia che la previsione delle nuove fattispecie è stata determinata dall'inadeguatezza del (pre)vigente sistema sanzionatorio, e, in particolare, della fattispecie prevista dall'articolo 423 c.p., ad assicurare una sufficiente tutela per l'ambiente e per la salute collettiva.

Relativamente al reato di illecita combustione di rifiuti, la Corte di cassazione, Sez. II, 23/06/2022, n. 24302, ha esaminato la mancata attivazione della procedura di cui al d.lgs. n. 152/2006, articoli 318-ter e ss., in virtù della quale, allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, l'organo di vigilanza o la polizia giudiziaria impartiscono al contravventore una apposita prescrizione, asseverata dal punto di vista tecnico dall'ente competente nella materia trattata. Il procedimento penale viene sospeso e se risulta l'adempimento della prescrizione il contravventore è ammesso a pagare una somma in sede amministrativa e il reato si estingue.

Secondo la Suprema Corte, l'iter descritto si applica: 

  • esclusivamente alle contravvenzioni, e quindi riguarderebbe soltanto le contestate violazioni al d.lgs. n. 152/2006, articolo 256, non anche quelle all'articolo 256-bis; 
  • a condotte che non abbiano provocato un danno all'ambiente. E infatti il meccanismo, introdotto dalla legge n. 68/2015, prevede che l'organo di vigilanza, dopo aver accertato una contravvenzione suscettibile di regolarizzazione, sotto forma di cessazione della permanenza del reato o di rimozione delle sue conseguenze dannose o pericolose, oltre a riferire senza ritardo al pubblico ministero la notizia di reato, impartisce al contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un termine non superiore al periodo di tempo tecnicamente necessario per rimuovere l'irregolarità.

Dunque, le contravvenzioni per cui è azionabile tale procedura non devono aver cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette, e sono quelle punibili con l'ammenda, da sola, ovvero alternativa o cumulativa alla pena dell'arresto.

Successivamente, lo stesso organo di vigilanza verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicato nella prescrizione. Se vi è stato corretto e tempestivo adempimento, il contravventore è ammesso a pagare una sanzione di importo pari al quarto del massimo dell'ammenda prevista, e il pagamento della somma estingue il reato. Se non avviene l'adempimento il processo, in precedenza sospeso, riprende il suo corso.

La ratio del "nuovo" istituto è duplice: da un lato tende a garantire l'effettività della tutela dell'ambiente, poiché attraverso l'adempimento della prescrizione mira ad ottenere il ripristino delle condizioni ambientali offese dai fatti illeciti; dall'altro risponde alle esigenze deflattive del procedimento penale, essendo limitata all'arco temporale delle indagini preliminari. Compete alla Polizia giudiziaria, ai sensi dell'articolo 318-ter, comma 1, determinare quando una fattispecie rientri o meno nel suo ambito di applicazione; impartire le prescrizioni, pur se con il supporto di un ente specializzato, quasi sempre individuato nell'ARPA; valutare l'adempimento, con ampio margine di discrezionalità e senza peraltro che la prescrizione abbia carattere di obbligatorietà.

Il trasgressore, che abbia provveduto in via autonoma alla regolarizzazione, potrà in ogni caso assumere egli stesso l'iniziativa di chiedere all'organo di vigilanza l'ammissione all'oblazione in sede amministrativa e, in caso negativo, potrà reiterare al giudice la richiesta di essere ammesso all'oblazione di cui all'art. 162-bis c.p.: la mancata adozione della prescrizione non può infatti precludere l'accesso alla procedura, sia nel caso in cui una prescrizione avrebbe potuto essere stata emessa, sia nei casi in cui, non essendoci effetti da rimuovere, non vi sia la possibilità di impartirla.


L’espletamento della procedura estintiva dei reati ambientali: nessun obbligo specifico per la Polizia giudiziaria

La procedura estintiva di cui all’articolo 318-septies, d.lgs. n. 152/2006, per cui “la contravvenzione si estingue se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall'articolo 318-quater, comma 2”, consente, con modalità analoghe a quelle stabilite dalle disposizioni che regolano la procedura di estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro (d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758), di pervenire alla definizione delle contravvenzioni sanzionate dal d.lgs. n. 152/06 (articoli 318-bis — 318-octies). 

Essa si pone, sostanzialmente, come un'alternativa all'oblazione, più vantaggiosa, almeno per quanto riguarda gli importi da versare. 

Il sistema delle prescrizioni, rispetto alle norme gemelle del d.lgs. n. 758/94, presenta, inoltre, nell'articolo 318-ter, alcuni adattamenti attribuendo il potere di impartire prescrizioni non soltanto all'organo di vigilanza, ma anche alla polizia giudiziaria e stabilendo che la prescrizione sia «asseverata tecnicamente» dall'ente specializzato competente nella materia trattata.

Tuttavia, l’espletamento di tale procedura non costituisce un obbligo specifico per la polizia giudiziaria.

Secondo il recente orientamento della Corte di cassazione, Sez. III, 2 marzo 2022, n. 7286, «l'omessa indicazione all'indagato, da parte dell'organo di vigilanza o della polizia giudiziaria, ai sensi degli articoli 318-bis e ss. del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, delle prescrizioni la cui ottemperanza è necessaria per l'estinzione delle contravvenzioni, non è causa di improcedibilità dell'azione penale (Sez. 3, Sentenza n. 49718 del 25/09/2019 - dep. 06/12/2019, Fulle, Rv. 277468; Sez. 3, n. 38787 del 8/2/2018, De Tursi)».

Muovendo dalla sostanziale analogia della suddetta procedura estintiva con le disposizioni che regolano la procedura di estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro (d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758), la Suprema Corte ha rilevato che la formale assenza della procedura estintiva non può condizionare l'esercizio dell'azione penale nei casi in cui, legittimamente, l'organo di vigilanza ritenga di non impartire alcuna prescrizione di regolarizzazione, tenuto conto che l'imputato può comunque richiedere di essere ammesso all'oblazione, sia in sede amministrativa, sia successivamente in sede giudiziaria e nella stessa misura agevolata (Sez. 3, n. 7678 del 13/1/2017, Bonanno, Rv. 269140). 

E ciò tanto più in quanto, a differenza della disciplina antinfortunistica, il sistema normativo in esame prevede, allo specifico fine di limitare l’ambito di operatività della procedura estintiva alle ipotesi di minore gravità, un' ulteriore condizione, disponendo l’articolo 318-bis d.lgs. n. 152/2006 che la stessa possa trovare applicazione esclusivamente nelle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal d.lgs. n. 152/06, che non abbiano cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette: indicazione normativa questa che depone inequivocabilmente, rimettendone l’applicazione alla discrezionalità degli organi di vigilanza ovvero alla polizia giudiziaria, nel senso della facoltatività della procedura estintiva.

Al riguardo, evidenzia ancora la Suprema Corte, nella sentenza n. 7286/2022: «Conseguentemente l’imputato, che aveva piena facoltà di richiedere l’ammissione all’oblazione in misura ridotta in caso di autonoma e spontanea regolarizzazione, che non risulta invece aver mai avuto luogo, non può dolersi della mancata adozione della procedura, attesa la inesistenza di un obbligo specifico in capo agli accertatori di provvedervi, né, tanto meno, di informare i soggetti controllati della possibilità di farvi ricorso».

Il parallelismo tra le due normative è stato rimarcato anche dalla Corte di cassazione,  Sez. III, 18 aprile 2019, n. 36405, che ha osservato: «La procedura di estinzione prevista dal testo unico sull'ambiente è costruita sul medesimo meccanismo previsto dalla normativa di cui al d.lgs. n. 758 del 1994 e ne segue l'interpretazione; nell’esaminare la questione dell'applicabilità della procedura estintiva alle condotte esaurite, ha, quindi, richiamato il dictum della summenzionata Sez. n. 7678 del 13/01/2017, Bonanno, ove si è stabilito, previo richiamo ai precedenti arresti, che l'omessa indicazione, da parte dell'organo di vigilanza, delle prescrizioni di regolarizzazione non è causa di improcedibilità dell'azione penale».

Il principio è stato, poi, ribadito dalla Corte di cassazione, Sez. III, 25 settembre 2019, n. 49718, che ha ulteriormente osservato: «L’obbligatorietà della speciale procedura in esame non può neppure rilevarsi dall'uso dell'indicativo presente da parte del legislatore nell'articolo 318-ter d.lgs. 152/06 trattandosi di una mera scelta dello stile espositivo e ben potendosi in concreto verificare situazioni analoghe a quelle considerate nell'esaminare la simile procedura stabilita in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ad esempio quando l'organo di vigilanza si determini a non impartire alcuna prescrizione perché non vi è alcunché da regolarizzare o perché la regolarizzazione è già avvenuta ed è congrua; si è, quindi, ribadito, che gli art. 318-bis e ss. d.lgs. 152/06 non stabiliscono che l'organo di vigilanza o la polizia giudiziaria impartiscano obbligatoriamente una prescrizione per consentire al contravventore l'estinzione del reato e che l'eventuale mancato espletamento della procedura di estinzione non comporta l'improcedibilità dell'azione penale».

In linea con quanto da ultimo statuito dalla Corte di cassazione, va in conclusione ribadito che gli articoli 318-bis e ss., d.lgs. n. 152/06 non stabiliscono che l'organo di vigilanza o la polizia giudiziaria impartiscano obbligatoriamente una prescrizione per consentire al contravventore l'estinzione del reato e l'eventuale mancato espletamento della procedura di estinzione non comporta l'improcedibilità dell'azione penale.


Ulteriori pronunce della Corte di cassazione

“In tema di reati ambientali, l'omessa indicazione all'indagato, da parte dell'organo di vigilanza o della polizia giudiziaria, ai sensi del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articoli 318-bis e segg., delle prescrizioni la cui ottemperanza è necessaria per l'estinzione delle contravvenzioni, non è causa di improcedibilità dell'azione penale”.

La sentenza della Corte di Cassazione, Sez. III, 19 maggio 2022, n. 19666, di cui si legge la massima, ha ribadito il principio per cui non sussiste alcun obbligo per l’organo di vigilanza o per la polizia giudiziaria di impartire una prescrizione, per consentire al contravventore l'estinzione del reato, “sia perché non vi è alcunché da regolarizzare, sia perché la regolarizzazione è già avvenuta ed è congrua, con la conseguenza che l'eventuale mancato espletamento della procedura di estinzione non comporta l'improcedibilità dell'azione penale” (ex multis: Corte di Cassazione, Sez. 3, n. 40571 del 10/11/2021; Sez. 3, n. 49718 del 06/12/2019; Sez. 3, n. 38787 del 22/08/2018). 

Ad ulteriore conferma dell’orientamento giurisprudenziale, nella disciplina in esame, non è mai espressamente affermato che la procedura di cui al d.lgs. n. 152/2006, Parte VI-bis, ex articolo 318-ter e segg., configuri una condizione di procedibilità dell'azione penale.

Va aggiunto che, di recente, la Corte Costituzionale è intervenuta per scrutinare la disciplina in esame.

Con una prima decisione (sentenza n. 76 del 2019) è stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale del d.lgs. n. 152/2006, articolo 318-septies, comma 3, nella parte in cui prevede che l'adempimento tardivo, ma comunque avvenuto in un tempo congruo, a norma del d.lgs. n. 152/2006, articolo 318-quater, comma 1, ovvero l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza, sono valutati ai fini dell'applicazione dell'articolo 162-bis c.p., e determinano una riduzione della somma da versare alla metà del massimo dell'ammenda prevista per il reato in contestazione, anziché a un quarto del medesimo ammontare massimo, come invece disposto dal d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, articolo 24, comma 3, nel caso di contravvenzione alle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Con una seconda decisione (sentenza n. 238 del 2020), è stata dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale del d.lgs. n. 152/2006, articolo 318-octies, nella parte in cui prevede che la causa estintiva del reato, contemplata nel precedente articolo 318-septies, non si applichi ai procedimenti penali in corso alla data di entrata in vigore della Parte Sesta-bis, introdotta nel cod. ambiente, dalla L. 22 maggio 2015, n. 68, articolo 1, comma 9.

Dunque, ai fini che qui rilevano, si osserva che significativamente in quelle decisioni - le quali hanno compiutamente analizzato la procedura disegnata dal d.lgs. n. 152/2006, articoli 318-ter e segg., evidenziandone gli stringenti punti di contatto con disciplina prevista dal d.lgs. n. 758/1994, articoli 20 e segg., per la violazione delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro - non risulta affatto che il previo esperimento della procedura relativa all'oblazione amministrativa ambientale si ponga quale condizione di procedibilità dell'esercizio dell'azione penale.

Tale approdo ermeneutico, del resto, è in piena in sintonia con quanto affermato in relazione alla speculare disciplina antinfortunistica: anche in tal caso, si è costantemente affermato che l'omessa indicazione, da parte dell'organo di vigilanza, delle prescrizioni di regolarizzazione non è causa di improcedibilità dell'azione penale (Cassazione, Sez. 3, n. 3671 del 25/01/2018; Sez. 3, n. 7678 del 17/02/2017).
L’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale è stato ribadito, da ultimo, dalla recentissima sentenza della Corte di cassazione, Sez. III, 16 maggio 2024, n. 19391.


Il verbale di prescrizione è un atto di polizia giudiziaria

Nelle linee guida del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (S.N.P.A.) n. 38/2022, approvate con delibera del Consiglio del 20.12.2021, per l’applicazione della procedura estintiva delle contravvenzioni ambientali, ex Parte VI-bis, d.lgs. n. 152/2006, è definita la natura giuridica della prescrizione, impartita ai sensi dell’articolo 318-ter, d.lgs. n. 152/2006, dall’organo di vigilanza, nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, ovvero dalla polizia giudiziaria, asseverata tecnicamente dall’ente specializzato competente nella materia in rilievo. 

Può, dunque, così leggersi: «Riguardo alla natura giuridica del verbale di prescrizioni risulta pacifico che debba riconoscersi al suddetto la natura di atto tipico di polizia giudiziaria. La conseguenza è che il verbale di prescrizioni risulta sottratto alle impugnazioni previste per i provvedimenti amministrativi, tanto in sede amministrativa, quanto in sede giurisdizionale. Il verbale di prescrizioni non è quindi impugnabile né con ricorso al TAR, né con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica».

Su tale interpretazione – ed è questo quello che qui più rileva - convergono gli indirizzi delle varie Procure che sul punto si sono espresse dall’entrata in vigore della legge n. 68/15 ad oggi e la copiosa giurisprudenza formatasi con riferimento all’analoga procedura estintiva disciplinata dal d.lgs. n. 758/1994 e consolidatasi con le pronunce gemelle delle Sezioni Unite della Cassazione civile (nn. 3694 e 3695 del 09.03.2012). 

Sulla procedura estintiva di cui alla Parte VI-bis, d.lgs. n. 152/06 si segnalano, al momento, l’ordinanza del TAR Toscana n. 770 del 19.11.2015 e la sentenza del TAR Toscana n. 1611 del 08.11.16, nonché la decisione resa, su un ricorso straordinario, dal Presidente della Repubblica con decreto del 22.12.2020 (sulla base del parere del Consiglio di Stato, adunanza del 7 ottobre 2020). 

Le citate pronunce si collocano, naturalmente, nel solco già tracciato dalla giurisprudenza in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.

Il testo letterale dell’articolo 318-ter, d.lgs. n. 152/06, conduce ulteriormente a riconoscere la natura di atto di polizia giudiziaria al verbale di prescrizione, poiché dallo stesso si desume che il verbale non è imputabile ad un organo dell’apparato amministrativo, bensì all’organo di vigilanza nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, ovvero alla polizia giudiziaria, entrambi chiamati ad operare sotto la direzione dell’autorità giudiziaria.

Peraltro, anche se l’articolo 318-ter prevede che la prescrizione prima di essere impartita debba essere “asseverata tecnicamente dall’ente specializzato competente nella materia trattata”, tale passaggio non muta la natura del verbale con cui le stesse vengono impartite al trasgressore. Dal tenore della disposizione e dalla lettura confermata dalle Procure, si evince infatti che l’attività di asseverazione, che di per sé non richiede l’attribuzione di poteri di polizia giudiziaria, svolge una funzione di validazione tecnico-amministrativa del contenuto delle prescrizioni e viene assolta dagli enti istituzionalmente preposti alle attività connesse alla materia ambientale.

Le linee guida SNPA n. 38/2022 così concludono: «L’atto con il quale vengono impartite le prescrizioni non è affatto avulso dal procedimento penale, in quanto presuppone l’accertamento di un reato ed ha la finalità di estinguere la contravvenzione accertata. Più in generale, infatti, il procedimento di estinzione, anche se può terminare con un’estinzione del reato in sede amministrativa è, e resta, un procedimento penale regolato, anche in sede di indagini, dalle norme del Codice di procedura penale».
 

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